Parole, opere e omissioni…

di:
Donald Trump

credit: AP Photo/Pablo Martinez Monsivais

Il presidente Donald Trump è apparso davanti a migliaia di suoi supporter radunati a Phoenix per una manifestazione in vista della rielezione 2020, lo scorso 22 agosto. Ha difeso la sua azione di presidente, stroncato i suoi critici e deriso le istituzioni della Repubblica. Anche se il paese non è nuovo a tanto di quanto è accaduto, l’evento di Phoenix ha mostrato che il presidente preferisce proseguire la sua campagna elettorale e agitare la folla anziché provare a governare e servire il paese. Nonostante il fare campagna sia un surrogato povero del governare e l’alimentare rabbia non sostituisce il fare politica né costruisce coalizioni. Le affermazioni provocatorie e talvolta incoerenti del presidente, inoltre, sono una collezione di mezze verità e accuse imprudenti, carne rossa gettata sulla folla affamata raccolta nella sede dell’evento.

Durante novanta minuti:

  • Trump ha presentato in modo non veritiero la sua azione in seguito ai tragici eventi di Charlottesville, omettendo di aver espresso una equivalenza morale tra i manifestanti neo Nazisti e i contro-manifestanti.
  • Trump ha accusato i media nazionali di deliberata disonestà nel riportare le sue affermazioni dopo Charlottesville, anche se le stesse erano state interamente diffuse attraverso le piattaforme mediali.
  • Trump ha indebolito il ruolo della legge vantando di perdonare un convinto criminale come Joe Arpaio non quale atto di clemenza, ma come celebrazione delle trasgressioni del signor Arpaio rispetto alle ingiunzioni del tribunale e alle leggi sull’immigrazione accadute durante il suo mandato come sceriffo a Phoenix.
  • Trump ha ripetutamente utilizzato un codice etnico e razziale per accusare i media e le istituzioni del tentativo di voler derubare «noi» della nostra «storia e della nostra eredità».
  • Trump ha affermato – contro ampia e oggettiva evidenza contraria – di aver condotto finora la migliore presidenza nella storia degli Stati Uniti.

Queste affermazioni del presidente Trump sono al di sotto della dignità del suo ufficio e sono un affronto all’intelligenza del popolo americano. La sua rappresentazione dei media nazionali è particolarmente irritante: «Credete che vogliano far tornare grande la nostra nazione? Io onestamente credo di no. Lo credo onestamente», ha detto. Sebbene la stampa non sia al di sopra delle critiche, le affermazioni di Trump sono un assalto indiscriminato al patriottismo e all’integrità della stampa da parte dell’uomo che ha giurato di preservare, proteggere e difendere la libertà della stessa.

Polibio, lo storico dell’antica Grecia, avrebbe potuto essere un giornalista del gruppo riportando della performance di Trump a Phoenix: «La gente comune si sente oppressa dalla presa di alcuni e la sua vanità è turbata da altri. Allora, accecata dal furore e guidata dalla passione in tutte le sue decisioni [la massa popolare] non vorrà più obbedire e neppure essere uguale a chi comanda, ma vorrà essa stessa tutto il potere e i maggiori diritti. A questo punto la costituzione cambierà il proprio nome, assumendo la qualificazione più splendida che possa esistere (quella di libera e popolare), ma muterà la sua natura nella peggiore delle forme di governo: il governo della folla» (Polibio, Storie, VI, 57, 8-9; nella traduzione di A. Vimercati, Rusconi, Milano 1987).

Chi guida una folla – indipendentemente da quanto sia grande – è un demagogo. L’incosciente disprezzo per la verità, per il ruolo della legge e per le istituzioni repubblicane mostrato da Trump sono un chiaro e presente pericolo per il corpo politico. A noi, il popolo, usare tutti i mezzi pacifici e legali a nostra disposizione per controllare il suo potere e limitare il danno.

Riprendiamo in una nostra traduzione dall’inglese il duro editoriale della rivista dei gesuiti statunitensi, America, pubblicato sul loro sito web lo scorso 23 agosto dopo un incontro del presidente USA, Donald Trump, a Phoenix, con i suoi sostenitori (22 agosto). L’editoriale (qui nell’originale inglese) porta il titolo: Trump’s recklessness is a danger to the body politic.

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