Putin, Xi e la pace di Francesco

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Compito della Chiesa è l’annuncio del Vangelo. La sua dimensione mondiale e la credibilità diplomatica ne fa un vettore di pace. Il potere «lieve» del Vaticano e quello «duro» degli stati determinano consensi e dissensi. Come capire l’azione di papa Francesco a partire da Mosca e Pechino? L’esito è sorprendente, anche per i critici del papa.

Da anni la Russia del presidente Vladimir Putin segue con allarme e preoccupazione l’oggettiva pressione demografica ed economica cinese sulla sua Siberia, povera, sottopopolata, ma ricca di risorse. Mosca, quindi, ha sostenuto una specie di azione riequilibratrice per estendere l’influenza russa sfruttando le deficienze della Cina. Il nord-est cinese è molto più popolato ed è economicamente più sviluppato della Siberia, ma ha un punto debole: è “spiritualmente povero”, cioè non ha una fede religiosa a cui le persone possono aderire e alcuni si sono rifatti alla loro vecchia fede, pre-comunista, nella Chiesa ortodossa russa.

Dopo la fine degli anni ’70, con la caduta del maoismo, che era diventato un credo semireligioso, e l’approccio ultramaterialista alla crescita e allo sviluppo economico, la Cina è stata una specie di semideserto spirituale. La maggior parte della gente si è aggrappata in questi anni a idee semisuperstiziose tratte dal buddismo o dal taoismo, alcuni hanno aderito a nuove religioni come il Falun Gong, e c’è stata un’esplosione di fedi quasi dimenticate come il cristianesimo nelle sue diverse coniugazioni e forme, oppure l’islam.

Ortodossia fra Siberia e Cina

In quest’atmosfera, la Russia negli ultimi anni ha formato missionari cinesi e russi nei suoi seminari e li ha inviati nel nord-est della Cina per aiutare la ri-diffusione dell’ortodossia russa. Inoltre, Putin ha premuto sul governo cinese per ottenere un riconoscimento ufficiale distinto per l’ortodossia in Cina.

Al momento, il cristianesimo ortodosso è sotto l’ombrello dell’associazione patriottica cristiana, i cui membri sono in maggior parte protestanti. In Cina esistono associazioni ufficiali nate dopo la presa del potere del partito comunista per organizzare e tener d’occhio le principali religioni del paese poste sotto la tutela dell’Ufficio per gli Affari Religiosi. Le religioni ufficialmente riconosciute sono il buddismo, il taoismo, l’islam, il cattolicesimo e gli “altri cristiani”. Tutte le associazioni, ad eccezione della cattolica, raggruppano in realtà diverse scuole religiose che non hanno la stessa identità. Per esempio, i lamaisti e i buddisti Zen sono catalogati in un unico gruppo (buddisti), sufi e wahhabiti pure (islam), evangelici e mormoni sono sotto un unico ombrello (cristiani). Solo i cattolici hanno un’associazione esclusivamente per loro.

Alla fine degli anni ’90 i Falun Gong, inizialmente registrati come gruppo sportivo, insistettero col governo per essere ammessi come una nuova associazione sotto la tutela dell’Ufficio per gli Affari Religiosi, separati dai buddisti o dai taoisti. La loro richiesta fu respinta prima della repressione ufficiale avvenuta nel 1999. La conclusione è semplice: se a religioni che sono “di casa” in Cina è negata la possibilità di creare nuove associazioni con una propria identità, per gli ortodossi russi questo è ancora più difficile. Eppure, con un gesto significativo, il presidente cinese Xi Jinping ha accettato di incontrare il patriarca russo Kirill nel maggio del 2015.

Ecumenismo e pace disturbano

Inoltre, se all’ortodossia russa fosse permesso di avere una propria associazione, altre minuscole minoranze dell’ortodossia greca presenti in Cina cadrebbero sotto la giurisdizione russa. Ciò non sarebbe privo di implicazioni internazionali, poiché la Cina potrebbe confermare la vecchia ambizione russa di considerare la propria versione dell’ortodossia come guida di tutta l’ortodossia. Negli ultimi mesi la Chiesa russa, che comprende circa la metà dell’ortodossia mondiale, ha deciso di non prendere parte al Concilio panortodosso celebrato nel mese di giugno a Creta. Il Concilio era sostenuto anche dalla Chiesa cattolica di Roma. La Chiesa Russa, il cui patriarca Kirill ha incontrato per la prima volta il papa a febbraio a Cuba, aveva precedentemente dato in linea di principio il suo accordo al Concilio.

Una spaccatura enorme attraversa, in realtà, la Chiesa ortodossa. Una parte di essa si sforza di ricostruire i legami con Roma, come ha dimostrato il recente accordo senza precedenti su primato e sinodalità firmato a Roma con alcune Chiese ortodosse a fine settembre. Un’altra parte trova nell’identità della sua Chiesa parte della propria identità nazionale. Qui i confini tra religione e politica diventano più sfumati. La lotta in Ucraina tra ucraini e russi passa anche attraverso una divisione religiosa, cattolici gli ucraini, ortodossi russi i russi. Lo stesso vale in Georgia, un paese che si sente minacciato da Mosca. L’ortodossia georgiana è parte del collante nazionale contro Mosca. In Ucraina i filorussi sentono il papa vicino agli ucraini cattolici; in Georgia gli ortodossi georgiani sentono forse il papa vicino a Mosca, dopo l’incontro con Kirill.

Gli sforzi del papa per raggiungere tutto l’ampio spettro dei cristiani si scontrano con i diversi programmi politici nei quali i vari leader usano la religione locale per i loro obiettivi politici specifici. Gli appelli papali per l’unità dei cristiani, che cercano di superare le differenze teologiche, incomprensibili per la maggior parte dei credenti, si scontrano con la realtà dell’uso politico della religione. Le religioni vengono utilizzate da sempre per coprire scopi politici, che possono anche essere legittimi.

Potere «duro»  e  potenza «lieve»

Qui c’è un problema oggettivo che può dar fastidio a Putin. Il papa si rivolge ai protestanti, a tutti gli ortodossi, ai musulmani, e persino ai cinesi non monoteisti, nel tentativo politico oggettivo di mettere la religione al servizio della pace. Ma, come abbiamo visto con la Cina, la religione è un importante strumento nelle mani di Putin per bilanciare un vicino di casa in crescita. Inoltre in Russia, ormai priva del collante ideologico del comunismo, la religione ortodossa è diventata un legame nazionale ancora più forte. L’ortodossia russa è diventata parte della sua nuova identità nazionale, e può essere usata contro i nemici, siano essi i ribelli islamici in Cecenia o i georgiani ortodossi. Gli appelli del pontefice all’unità dei cristiani e delle religioni possono, di fatto, aiutare a svuotare l’uso politico della religione per una causa specifica.

Inoltre, i leader politici abituati a pensare la religione in puri termini politici possono chiedersi se l’obiettivo politico del papa per la pace è fine a se stesso o se si tratta invece di uno sforzo strumentale per raggiungere altri, diversi obiettivi. La Chiesa cattolica si è tenuta fuori dalle guerre di religione che alcuni estremisti musulmani vogliono condurre contro il resto dell’islam e del cristianesimo. Ma alcuni fanatici tra gli ortodossi e gli evangelici radicali sono bramosi di una guerra contro l’islam in quanto tale. Allora, così come la voce del papa trova ascolto nel cuore dei normali credenti ortodossi, anche la voce dei fanatici ortodossi può raggiungere piccole frange della Chiesa cattolica che accusano il papa di rinunciare al cristianesimo come identità culturale.

Critiche come conferme

In realtà la nuova potenza «lieve» della Chiesa deriva da una situazione generale in cui l’America non è stata in grado di diventare la superpotenza onnipotente e totale, pur essendo ancora l’unica superpotenza. Ma a questo ha anche contribuito la capacità del papa di navigare tra molti progetti politici contrastanti di stati e di partiti in tutto il mondo pur di far avanzare la pace.

Questo sforzo è la missione che la Chiesa esercita da sempre, ma ora è più forte che in passato, perché non poggia sull’interesse di uno stato pontificio da difendere, ma è anche più debole perché non è sostenuto da alcun potere reale. La nuova leggerezza del papato può convogliare perciò vari interessi nazionali, politici ed economici che, di volta in volta, si mostrano interessati alla pace.

Mentre la Chiesa non è monolitica e il papa non domina 1,2 miliardi di fedeli totalmente asserviti ai suoi voleri, molte mosse della Chiesa sono destinate ad essere interpretate in molti modi per scopi politici. Ciò avviene direttamente o indirettamente da parte di singoli credenti o di singole potenze. Inoltre oggi c’è più libertà di parola e il papa desidera che un numero sempre maggiore di persone si unisca alla Chiesa cattolica senza però provocare ulteriori divisioni. Il papa sembra utilizzare la differenza di opinioni che lo possono riguardare per attirare più gente alla Chiesa, piuttosto che essere sconvolto da queste critiche allontanando le persone dalla Chiesa. Infine, la geopolitica «dura» è patita da sempre da parte della Chiesa cattolica (nel passato anche praticata), ma oggi tali spinte sono la riprova della nuova potenza «lieve» della Chiesa.

Il Vaticano ha sofferto molte volte in passato a causa dei condizionamenti di diverse potenze e la Compagnia di Gesù, da cui proviene questo papa, è stata soppressa nel 1773 a causa di pressioni politiche. Allora la Francia era la grande potenza che difendeva la Chiesa in un momento in cui gli altri stati cattolici erano in declino (Spagna e Austria) e altri stati non cattolici (Inghilterra, Prussia, Russia) crescevano. La Francia era estremamente diffidente nei confronti del potere e dell’influenza dei gesuiti e per anni premette per il loro scioglimento. A causa di tale scioglimento, la famosa missione in Cina, che aveva avuto tanto successo, fu ritirata, ma forse fu ancora più significativo che la penetrazione dei gesuiti nell’Europa non cattolica fu bloccata.

Leibnitz e i gesuiti

Traducendo in Europa la cultura cinese, i gesuiti rientrarono in paesi che avevano rotto con il cattolicesimo dopo la Riforma protestante. L’Inghilterra protestante adottò il suo Servizio Civile modellato sull’esperienza dei mandarini cinesi come riportato dai gesuiti; Gottfried Leibnitz, filosofo di corte della Prussia, cambiò la scienza moderna e il pensiero studiando lo Yi Jing, tradotto ancora una volta dai gesuiti. Cioè: i gesuiti usarono la cultura cinese per colmare il divario nel cristianesimo europeo del tempo.

Ma questo sforzo effettivamente schiacciava il ruolo fondamentale che la Francia aveva acquistato per se stessa in Europa come protettrice della Chiesa. I gesuiti con la loro azione sembravano dire: non abbiamo bisogno della protezione di uno stato, la nostra diplomazia può allargare la portata della Santa Sede senza essere agganciata a un singolo stato. In questo i gesuiti si ispiravano ad un momento storico in cui Roma era emersa dopo secoli come centro di fede, rifiutando costantemente la protezione dell’imperatore bizantino, che presiedeva sull’ortodossia della fede, come vorrebbe fare oggi il presidente Putin controllando la “sua” Chiesa ortodossa.

Ora il papa sta cercando di tenersi fuori dalla politica delle varie potenze. Cerca di barcamenarsi tra di loro e quindi prova a stabilire un rinnovato ruolo della Chiesa che spinga per la pace e non per il potere. In tal modo, sta andando oltre i “suoi confini tradizionali” in Europa e in America.

Alcuni dei fedeli cattolici che si oppongono al papa ora forse non riescono a vedere questo grande disegno e, coscienti o meno, si piegano agli interessi anche legittimi dei singoli stati. Tutto questo è certo legittimo, ma non è la motivo di fondo che guida la Chiesa.

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