Il “Rapporto Greta” bacchetta l’Italia

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Rapporto Greta

«Proteggere i minori che entrano in Europa per evitare che siano preda di organizzazioni criminali. Considerare obiettivo prioritario per i governi europei proteggere i minori non accompagnati che fuggono dalla guerra, dalla violenza e dalle persecuzioni. Mettere fine nel più breve tempo possibile al trattenimento dei minori in strutture non idonee e migliorare i meccanismi per la determinazione della loro età. Ma soprattutto evitare che i minori diventino vittime di violenza, di abusi, di sfruttamento e di tratta. Sono le misure che devono prendere senza indugio gli Stati membri del Consiglio d’Europa».

L’invito era contenuto e motivato in un documento inviato un anno fa – il 2 marzo 2016 – dal Segretario generale del Consiglio d’Europa, l’inglese Thorbjørn Jagland, ai capi di governo dei 47 Stati membri della suddetta organizzazione internazionale.

Il documento (Protéger les enfants touchés par la crise des réfugiés: une responsabilité partagée) è ridiventato di attualità, a seguito della pubblicazione del secondo Rapporto[1] sull’attuazione, da parte dell’Italia, della «Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005».[2] Il Rapporto, redatto dal gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani (Greta) a seguito di una visita ufficiale in Italia nel settembre 2016, è stato reso pubblico il 31 gennaio 2017.

Dignità umana sempre da rispettare e tutelare

Il Greta riconosce, da un lato, gli enormi problemi che pone all’Italia l’aumento senza precedenti del numero di migranti e di rifugiati e, dall’altro, gli importanti sforzi compiuti dalle autorità preposte per gestire il fenomeno anche in collaborazione con le Ong e con la società civile.

Prende atto altresì che l’Italia sta assumendo numerose lodevoli iniziative relativamente ai soccorsi in mare e all’organizzazione della prima accoglienza dei migranti.

Ma il Rapporto Greta non può fare a meno di ricordare che questa grave situazione non esonera lo Stato italiano dagli obblighi di garantire ad ogni persona condizioni compatibili con la tutela della dignità umana. Le politiche e le procedure dello Stato per affrontare il crescente numero di migranti devono rispettare i diritti umani. In particolare, l’aumento dei flussi migratori non può esonerare dalla tassativa attuazione delle misure di protezione e di assistenza previste dalla Convenzione anti-tratta del Consiglio d’Europa, né, tanto meno, mettere a repentaglio la vita e la sicurezza delle persone soggette al traffico.

Più attenzione alla tutela dei minori non accompagnati

Tra le persone a rischio di tratta, abuso e sfruttamento ci sono i minori non accompagnati. Al riguardo, sappiamo che, alla data del 31 gennaio 2017, i minori stranieri non accompagnati presenti e censiti in Italia sono 15.205. Risultano, inoltre, 5.373 irreperibili, intendendosi per tali i minori stranieri non accompagnati per i quali è stato segnalato un allontanamento dalle autorità competenti alla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.[3]

Nel Rapporto Greta si chiede allo Stato italiano di agire con urgenza proprio per affrontare la drammatica questione della scomparsa dei minori dai centri di accoglienza, poco dopo il loro arrivo in Italia.

A tal fine, il nostro Paese deve prevedere misure di protezione più incisive, a partire dalla disponibilità di centri di accoglienza creati appositamente per ospitare minori non accompagnati, nonché dalla scrupolosa osservanza di quanto previsto dall’art. 10, comma 4, della Convenzione: nomina tempestiva di un tutore, di un’organizzazione o di un’autorità che agisca nell’interesse superiore del minore; tentativi di rintracciare la famiglia laddove questo rientri nell’interesse superiore del minore stesso; procedure e meccanismi efficaci per stabilire identità, nazionalità ed età.

Un recente provvedimento per la determinazione dell’età

In tema di minori non accompagnati, va segnalato un recente provvedimento[4] che individua i meccanismi attraverso i quali, nei casi in cui sussistano ragionevoli dubbi sulla minore età della presunta vittima di tratta e l’età del minore non accompagnato non sia accertabile da documenti identificativi, si procede, nel rispetto del superiore interesse del minore, alla determinazione dell’età, se del caso mediante il coinvolgimento delle autorità diplomatiche, attraverso una procedura multidisciplinare, condotta da personale specializzato e secondo procedure appropriate, che tengano conto anche delle specificità relative all’origine etnica e culturale del minore.

Quando il presunto minore manifesta la volontà di richiedere o richiede la protezione internazionale, ovvero emerge nei suoi confronti una possibile esigenza di protezione internazionale, è precluso ogni intervento o accertamento presso le istituzioni del Paese di appartenenza, presumibile o dichiarato, dell’interessato, nonché il coinvolgimento della relativa rappresentanza diplomatico-consolare.

Nelle more dell’identificazione e della determinazione definitiva dell’età, al fine dell’accesso immediato all’assistenza, al sostegno e alla protezione, la vittima di tratta è comunque considerata minore. Per le medesime finalità, la minore età è altresì presunta quando gli elementi raccolti non consentono di stabilire, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’età del soggetto. In tal caso, il giudice tutelare emette un provvedimento ad hoc, dando atto dell’impossibilità di attribuire l’età e del valore minimo e massimo dell’età attribuibile.

Altre gravi inadempienze da parte dell’Italia

Il Rapporto Greta 2017 non si limita a stigmatizzare i ritardi dell’Italia nell’approntare un sistema di protezione più efficiente a favore dei minori non accompagnati, ma riprende, accentuandole a motivo della crescita del numero di vittime o potenziali vittime di tratta che arrivano nel nostro Paese, le preoccupazioni già evidenziate nel Rapporto del 2014.

Ribadisce quanto da tempo segnalato anche dalle organizzazioni impegnate nell’accoglienza dei profughi: chi ottiene lo status di rifugiato o ha la possibilità di beneficiare di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria corre spesso il grave rischio di tratta o di re-trafficking in Italia o in altri Paesi dell’Unione Europea.

Il numero di permessi di soggiorno rilasciati a ragazze nigeriane, vittime di tratta, è troppo esiguo se confrontato con il numero di persone di nazionalità nigeriana arrivate in Italia e a cui è stata rifiutata la protezione internazionale.

La durata eccessivamente lunga della definizione delle istanze di asilo aggrava notevolmente il rischio di traffico e di sfruttamento, da parte delle organizzazioni criminali, delle persone richiedenti protezione internazionale.

Vanno migliorate le procedure di identificazione delle vittime di tratta tra i migranti e i richiedenti asilo. In particolare è assolutamente necessario:

a) assicurare una formazione specifica per le Forze di polizia e per il personale che presta servizio nei centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA), nei centri di accoglienza (CDA), nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) e nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA);

b) fornire indicazioni operative a tutto il personale a terra per identificare le vittime di tratta in modo efficace e proattivo;

c) implementare la collaborazione interistituzionale per identificare le vittime di tratta, creando un meccanismo nazionale di riferimento e coinvolgendo maggiormente le associazioni locali, nazionali e internazionali che operano nell’ambito della tutela delle vittime di tratta;

d) prevedere, all’interno delle varie strutture dove sono alloggiate persone richiedenti asilo e migranti, locali idonei per lo svolgimento di colloqui riservati al fine di identificare tempestivamente le vittime di tratta.

Vittime di tratta e principio di “non refoulement”

Soprattutto, il Rapporto Greta richiama l’Italia all’osservanza scrupolosa di un principio fondamentale di diritto internazionale: il principio di non-refoulement (non rimpatrio, non respingimento), in base al quale «nessuno Stato espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche».[5]

Il principio del non refoulement trova applicazione non solo nei confronti di chi beneficia dello status di rifugiato, ma anche verso chi potrebbe esserlo in futuro: è dunque necessario che le Autorità competenti, prima di procedere a qualsiasi forma di espulsione o respingimento, si assicurino che le persone da respingere/espellere non sono o non saranno a rischio di subire trattamenti proibiti dalle Convenzioni internazionali.

Di conseguenza, il Rapporto Greta 2017, come già aveva fatto quello del 2014, esorta le autorità italiane a valutare attentamente i rischi di rivittimizzazione e di re-trafficking derivanti dal rimpatrio nel Paese d’origine di persone particolarmente vulnerabili in quanto vittime di tratta. E ricorda che, secondo quanto stabilito dall’art. 16 della Convenzione, va fatto ogni sforzo per favorire, con la partecipazione delle istituzioni nazionali e internazionali, nonché delle Ong impegnate nei programmi di rimpatrio, la reintegrazione delle vittime nella società dello Stato di rientro, incluso il reinserimento nel sistema scolastico e nel mercato del lavoro, in particolare attraverso l’acquisizione e il miglioramento delle competenze professionali.


[1] Il primo Rapporto Greta sull’attuazione, da parte dell’Italia, della Convenzione di Varsavia sulla lotta contro la tratta di esseri umani, ratificata con legge 2 luglio 2010 n. 108, è stato pubblicato il 22 settembre 2014. Cf. Sett. n. 35 del 12 ottobre 2014.
[2] Sulla Convenzione di Varsavia cf. Sett. n. 35 del 3 ottobre 2010.
[3] Dati forniti dal Report Mensile Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA), relativo al mese di gennaio 2017, della Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
[4] Si tratta del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 234 del 10 novembre 2016 (in Gazzetta Ufficiale del 22 dicembre 2016) sul Regolamento recante definizione dei meccanismi per la determinazione dell’età dei minori non accompagnati vittime di tratta.
[5] Art. 33 della Convenzione di Ginevra del 28 luglio1951 sullo status dei rifugiati.

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