Senegal: democrazia fragile

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Macky Sall

Macky Sall confermato presidente del Senegal

Il Lo scorso 30 luglio si sono tenute le elezioni legislative per il rinnovo dell’assemblea parlamentare del Senegal. Lo scrutinio si è svolto in maniera relativamente tranquilla, confermando così l’idea di «eccezione democratica» del Senegal tra i paesi dell’Africa occidentale, considerando il fatto che non ha mai conosciuto colpi di Stato ma ha vissuto due alternanze politiche pacifiche.

Il sistema elettorale è misto, con una quota attribuita con il sistema maggioritario e una quota con il sistema proporzionale. Per la prima volta hanno votato anche i senegalesi della «diaspora»: in seguito alla riforma costituzionale del 2016 sono stati infatti istituiti dei collegi elettorali per i senegalesi all’estero. Si tratta di una fetta di popolazione considerevole, circa 3 milioni in un paese che conta 15 milioni di abitanti.

La coalizione del presidente Macky Sall, Benno Bokk Yaakar (Uniti dalla speranza), ha largamente vinto in quasi tutto il paese riportando, sui 165 seggi a disposizione, ben 125 eletti. Poche altre coalizioni hanno riportato degli eletti: quella dell’ex-presidente Abdoulaye Wade (Coalition gagnante Wattu Senegaal); la federazione Manko Taxawu Sénégal, riunita attorno a Khalifa Sall, e la coalizione PUR. Alcuni partiti minori hanno ottenuto un deputato con il sistema proporzionale.

Disagi

Si erano presentate alle elezioni ben 47 liste. L’elevato numero delle liste ha provocato non pochi disagi. Quando si entra nel seggio, ogni elettore prende una fiche elettorale di ogni lista e deposita poi nell’urna solo quella della coalizione scelta, portando con sé le rimanenti. Di fronte a un tale numero di liste, una correzione alla legge elettorale ha imposto di prendere solo cinque schede elettorali: bisogna immaginare però di disporre in un’aula scolastica funzionante come seggio i pacchetti di schede elettorali per ben 47 coalizioni!

Altri problemi tecnici sono stati legati ai seggi: in alcuni luoghi, non disponendo di aule scolastiche o altre strutture, erano stati istallati dei gazebo che sono stati però divelti dal forte acquazzone della vigilia delle elezioni.

senegal, elezioni

Un altro dossier che ha fatto tanto clamore è stato quello delle tessere elettorali. Da circa un anno infatti lo Stato senegalese aveva cominciato a rinnovare le carte d’identità in un nuovo formato biometrico, corrispondente ai nuovi standard della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale. Le procedure per il rilascio delle nuove tessere è stato molto lento: alla vigilia delle elezioni, molti elettori non avevano ancora la scheda. Sono state lanciate accuse al presidente di voler influenzare le elezioni: la distribuzione delle tessere sembrava andare a rilento soprattutto nelle zone dove l’opposizione alla coalizione al potere poteva costituire una minaccia. Per superare quest’accusa, a pochi giorni dalle elezioni, Macky Sall ha permesso, con l’autorizzazione della Corte Costituzionale, di poter votare anche semplicemente con il tagliando di ricevuta della domanda di rinnovo della carta d’identità, con la patente o con altri documenti particolari.

Come nel passato, all’uscita dal seggio elettorale l’elettore immerge il mignolo in un inchiostro rosso, in questo modo non può votare una seconda volta. Tenuto conto di tutti questi problemi, in alcuni seggi le elezioni sono cominciate con grande ritardo, tra la frustrazione e lo scontento della popolazione.

Tensioni e «beneficenze» elettorali

Il clima elettorale è stato teso, confuso, a tratti ruvido.

Khalifa Sall, sindaco di Dakar e figura di riferimento dell’opposizione al presidente Macky Sall, è finito in carcere nel mese di marzo per una presunta faccenda di appropriazione e uso indebito di fondi del Comune di Dakar. Agli occhi dell’opposizione si è trattata di un’astuta mossa del presidente in carica per eliminare il suo principale oppositore, in maniera simile a quanto Macky Sall aveva fatto con Karim Wade, figlio dell’ex-presidente, per diversi mesi in carcere, condannato per molto meno di quanto era accusato, graziato da Macky Sall sulla base di un accordo privato che prevede una sorta di confino in Qatar.

Oltre alla relativamente nuova figura di Khalifa Sall, l’altro oppositore è stato Abdoulaye Wade: 91 anni, tornato in Senegal dopo un esilio volontario in Francia a seguito delle elezioni perse proprio contro Macky Sall nel 2012. «Gorgui» (il Vecchio) è ritornato abbastanza in forma, si è concesso diversi bagni di folla ed è riuscito a rianimare il suo partito.

La gente non ha remore a confidare che i soldi sono scorsi abbondantemente per conquistare voti. La coalizione al potere ha potuto beneficiare probabilmente di più fondi per «comprare» i supporti elettorali e per la campagna elettorale che ha invaso il paese tra mega cartelloni pubblicitari, volantini, comizi, spot e «beneficenze» elettorali.

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Manifesto elettorale del partito di Macky Sall imbrattato

Sebbene largamente pacifica, la campagna elettorale ha visto anche degli scontri abbastanza duri tra gli esponenti delle principali coalizioni in alcuni quartieri caldi di Dakar.

Il fattore religioso

Il Senegal è un paese a maggioranza musulmana, sebbene si tratti di un islam che si distingue in diverse confraternite. La fortuna del paese sta nel fatto che, fin dall’indipendenza o dall’accettazione del multipartitismo, i partiti non sono mai stati né religiosi né etnici. Gli uomini al potere hanno sempre dovuto tenere conto dei capi delle confraternite ma, in generale, hanno mantenuto una certa autonomia.

Anche la Chiesa e i suoi rappresentanti sono tenuti in considerazione. Come nelle altre consultazioni elettorali la Chiesa, ovviamente, non si è schierata né ha dato indicazioni di voto. Ha semplicemente rinnovato l’invito, venuto anche dai capi di alcune confraternite, ai cittadini di adempiere al dovere civico, di votare in libertà di coscienza e di mantenere un clima di serenità e di pace.

Con queste elezioni il Senegal si conferma un paese democratico: il buon tasso di partecipazione (54%) ha vinto tutte le previsione pessimistiche. Tuttavia, i ritardi, la mancanza di strutture, lo «strappo alle regole» legato alle nuove carte d’identità biometriche, le voci di compravendita dei voti danno l’impressione di una democrazia ancora fragile, che deve crescere. L’insieme delle vicende che si sono intrecciate danno anche l’impressione che il presidente Macky Sall abbia un po’ dimenticato uno dei suoi ritornelli della sua elezione presidenziale: quello della moralizzazione della politica e della gestione della cosa pubblica.

Padre Claudio Carleo è un missionario Oblato di Maria Immacolata. Originario di Mugnano di Napoli, ordinato sacerdote nel 2007, vive in Senegal dal novembre 2010. Attualmente svolge il suo servizio presso il Prenoviziato degli Oblati «Mario Borzaga» di Dakar.

Il post è stato corretto dopo la sua pubblicazione. A una successiva ratifica dei risultati è emerso che alcuni partiti minori hanno eletto un deputato col sistema proporzionale (inizialmente lo si era escluso). La didascalia della foto del manifesto elettorale è stata corretta: non si trattava del volto di Macky Sall ma di un manifesto del partito del presidente rieletto.

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