UE: più unita, più forte, più democratica

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«Dobbiamo completare i lavori della casa europea finché splende il sole. Perché quando appariranno all’orizzonte le prossime nuvole – e prima o poi appariranno – sarà troppo tardi. Allora leviamo l’ancora. Abbandoniamo i porti sicuri. E catturiamo il vento nelle nostre vele».

discorso sullo stato dell’Unione Europea

Un discorso coraggioso e ambizioso

Con questa metafora Jean Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, ha concluso il suo penultimo discorso sullo stato dell’Unione Europea, che ha tenuto a Strasburgo davanti al Parlamento riunito in seduta plenaria.

Il discorso sullo stato dell’Unione è un momento molto importante nella dialettica tra istituzioni europee, nonostante sia una tradizione recente: creato con il Trattato di Lisbona nel 2007, il suo scopo principale è di rendere più trasparente e democratico il dibattito politico. In questa occasione il presidente della Commissione è chiamato a delineare uno stato dell’arte – dal punto di vista economico, sociale, politico ma anche delle relazioni internazionali – dell’Unione Europea e, soprattutto, a presentare la propria visione per il futuro e le proposte politiche attraverso le quali realizzarla.

Quest’anno, dopo tanta prudenza e forse un eccessivo realismo politico, l’intervento di Juncker è stato coraggioso e ambizioso. Ha deciso di rischiare, dando un nome e dei riflettori a tante proposte particolarmente europeiste che da tempo vengono discusse dai fautori di un vero federalismo ma che incontrano la strenua opposizione dalla maggior parte dei leader nazionali.

Una rotta da seguire e da fissare

Juncker ha deciso di dividere il suo discorso in due parti: “seguire la rotta” e “fissare la rotta per il futuro”. Ossia, le azioni da implementare per continuare e sostenere il percorso di crescita economica e uscita dalla crisi su cui i Paesi europei sembrano essere incamminati, da una parte, e, dall’altra, prospettare l’Unione che sarà, che potrebbe essere se cominciassimo a lavorarci fin d’ora.

Nella prima parte, sono state cinque le priorità individuate: il commercio, con l’avvio dei negoziati con Australia e Nuova Zelanda, la richiesta di maggiore trasparenza e l’annuncio della pubblicazione di tutti i prossimi mandati negoziali, una nuova proposta per il controllo degli investimenti esteri; l’industria; la lotta al cambiamento climatico; il digitale e la sicurezza; la migrazione.

Il racconto della seconda parte, invece, è iniziato con la descrizione di quello che Juncker ha chiamato il “suo” sesto scenario (il riferimento è ai cinque scenari per il futuro dell’UE presentati dalla Commissione la scorsa primavera), fondato su tre principi: libertà – dalle oppressioni e dalle dittature; libertà di opinione e di espressione; stato di diritto e uguaglianza. Quest’ultima è necessaria perché «da Oriente a Occidente, l’Europa deve respirare con entrambi i polmoni», ha dichiarato il Presidente con una metafora evocativa, rifiutando che nell’UE esistano cittadini di seconda classe (il riferimento è stato ai bambini che, in alcuni Stati che rifiutano le vaccinazioni, ancora muoiono per malattie che la scienza ha reso prevenibili), lavoratori di seconda classe (ha annunciato l’istituzione di un’autorità del lavoro comune) e anche consumatori di seconda classe (riferendosi all’esistenza di prodotti che, pur avendo lo stesso marchio e la stessa confezione, presentano un livello di qualità inferiore in alcuni Stati membri rispetto ad altri).

Le molte proposte avanzate

Per quanto concerne le proposte concrete avanzate dal presidente della Commissione, ha scelto di dividerle in tre ambiti: un’Unione più unita, un’Unione più forte, un’Unione più democratica.

Un’Unione più unita attraverso l’inclusione di Bulgaria, Romania e poi anche Croazia in Schengen, rendendo l’euro la moneta comune di tutta l’UE nel suo complesso, con il completamento dell’Unione Bancaria, ma anche con la rapida approvazione, da parte di tutti gli Stati membri, del Pilastro europeo dei Diritti sociali.

Per avere un’Unione più forte, anche nello scenario internazionale, Juncker ha proposto il passaggio dal metodo dell’unanimità a quello della maggioranza qualificata, in sede di Consiglio europeo, per la maggior parte delle decisioni che riguardano il mercato interno e per quelle di politica estera che gli Stati membri dovranno individuare; ha citato il rafforzamento dell’Unione Economica e Monetaria con la creazione di un Fondo Monetario Europeo e di un Ministro UE dell’Economia e delle Finanze; ha parlato di lotta al terrorismo, attraverso un’unità di intelligence europea e incaricando la nuova procura europea di perseguire i reati di terrorismo transfrontaliero; ha sostenuto, ancora una volta, la creazione di una reale Unione europea della Difesa ma ha anche introdotto la proposta di una “task force” su sussidiarietà e proporzionalità, che aiuti una corretta redistribuzione di compiti e oneri legislativi tra il livello europeo e quelli nazionali.

Infine, il nodo della democrazia. La democraticità delle istituzioni europee, e la legittimità delle decisioni da esse prese, sono oggetto di un dibattito che va avanti da tempo e che, negli ultimi anni, si è polarizzato in maniera preoccupante, tanto da temere la tenuta dell’intero sistema comunitario.

Il presidente ha, dunque, proposto di rendere permanente l’innovazione dello “spitzenkandidaten”, introdotta nelle elezioni del 2014, con una campagna elettorale che si svolga in tutti gli Stati membri e riguardi in maniera specifica problemi, aspettative e necessità dei cittadini di ognuno di essi; di creare delle liste elettorali transnazionali, dando la possibilità di scegliere rappresentanti che non siano necessariamente del proprio Paese e permettendo la creazione di un dibattito elettorale realmente europeo; di organizzare delle convenzioni democratiche in tutta l’Unione, durante il 2018 e di unire le due cariche di presidente della Commissione e di presidente del Consiglio europeo, in modo che l’Unione possa parlare, nel contesto globale, con una voce sola e che, soprattutto, i cittadini possano identificare un volto, conoscerne le funzioni e valutarne l’operato.

Proposte ambiziose, evidentemente. Eppure, come lo stesso Juncker ha sottolineato citando Helmut Kohl e Jacques Delors, «l’Europa va avanti soltanto quando è ardita». È questo il momento di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e perseguire sogni e progetti più grandi di noi, se non vogliamo correre il rischio di lasciare ai nostri figli un mondo più pericoloso, più povero e con meno diritti di quello che noi abbiamo avuto la fortuna di ereditare.

discorso sullo stato dell’Unione Europea

Alessia Mosca è deputata al Parlamento Europeo dal 2014, dove è membro della Commissione INTA (Commercio internazionale) e vice presidente della Delegazione per le relazioni con la Penisola arabica. Prima di arrivare a Bruxelles è stata deputata al Parlamento italiano, dal 2008 al 2013, dapprima membro della commissione Lavoro poi capogruppo del PD nella commissione Politiche Europee.

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Un commento

  1. Emanuele 28 settembre 2017

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