USA in direzione opposta alla Laudato si’

di:
Energy Independence

Washington DC (USA), 28 marzo 2017. Il presidente Donald Trump mostra la firma dell’ordine esecutivo Energy Independence. Intorno a lui minatori e Scott Pruitt (sinistra) amministratore dell’EPA
(Foto © Handout/Planet Pix via ZUMA Wire)

Con un ordine esecutivo presidenziale, dal titolo significativo di Energy Independence, il 28 marzo negli Stati Uniti sono state annullate o quantomeno fortemente indebolite (il termine inglese recita «vanificate») le numerose misure di salvaguardia ambientale che erano state messe a punto nei due mandati dell’amministrazione Obama. In pratica, oltre ad una serie di misure minori, viene completamente smantellato il Clean Power Plan (CPP), il programma nazionale avviato alla vigilia della Conferenza ONU sul clima a Parigi e progettato per ridurre entro il 2030 fino al 32% (rispetto al 2015) le emissioni di carbonio con l’obbligo a tutte le agenzie governative di attivarsi per fronteggiare il problema dell’aumento dei gas serra e la dismissione graduale delle centrali elettriche a carbone.

Stati Uniti non più «green»

Un colpo di spugna (anche si afferma trattarsi di una «revisione») nei confronti delle politiche ambientali con l’obiettivo annunciato di «potenziare la produzione di energia e creare nuovi posti di lavoro». Un provvedimento che intende riscrivere le linee guida che regolano le emissioni di carbonio, la cui limitazione, a detta del presidente Donald J. Trump fin dalla sua campagna elettorale, hanno causato «una vera e propria emorragia di posti di lavoro». «Credo che il presidente sia stato molto chiaro nel dire che non si applicheranno mai più politiche contro il cambiamento climatico che mettano a rischio l’economia della nostra nazione» ha commentato a caldo un funzionario della Casa Bianca. «Abbiamo ricondotto i minatori al loro lavoro» ha detto il presidente, che intende attuare la promessa di dare una nuova spinta al settore minerario: «State certi che con me si chiude definitivamente la guerra al carbone» ha aggiunto circondato da minatori e impresari minerari.  E in più con quella firma viene pressoché azzerata ogni restrizione sulle trivellazioni petrolifere (implicitamente ora sarebbe possibile estrarre il petrolio dal parco nazionale d’Alaska, come chiedeva da anni la governatrice repubblicana, sempre stoppata, Sarah Palin).

Con questa firma l’EPA (Environmental Protect Agency) – nella cui sede, dopo il cambio del direttore voluto da Trump, si è avuta la firma –  è autorizzata a smantellare del tutto il progetto di salvaguardia ambientale dell’amministrazione precedente, così che i finanziamenti per incentivare l’energia verde (eolica, solare, geotermica) e le ricerche sul cambiamento climatico potranno avere diversa destinazione (in gran parte, come già annunciato, verso il settore militare e degli armamenti). Occorre ricordare che il CPP era già al vaglio della Corte d’appello federale per via di numerosi esposti presentati da imprese o interi Stati contro il provvedimento, che di fatto limitava di molto la libertà d’impresa, dando la priorità alla salute dei cittadini. Già nel 2012 Trump in un tweet, assai citato in campagna elettorale, affermava che il cambiamento climatico sarebbe «una bufala inventata dai cinesi per colpire l’economia americana».

In netta discontinuità con le politiche ambientaliste dell’amministrazione precedente – e con le scelte delle conferenze delle Nazioni Uniti di Parigi e Marrakech –  negli Stati Uniti carbone e petrolio dovrebbero quindi tornare ad essere le fonti principali per l’approvvigionamento energetico, anche se in realtà, proprio per la tendenza in atto da anni, a livello economico potrebbe non rivelarsi così conveniente per imprese e cittadini per via della concorrenza con l’energia pulita a costo sempre più basso. Come non è detto che nelle miniere aumentino i posti di lavoro per via dell’automazione sempre più spinta anche in quel settore, nella direzione della salvaguardia della salute dei minatori.

Un coro unanime di reazioni contrarie

Non sarà indifferente l’opposizione interna di quanti – dai politici prevalentemente di fede democratica, ma non solo, ai cittadini, in particolare famiglie – non intendono  indietreggiare sulla salvaguardia dell’ambiente, anche per via dei numerosissimi posti di lavoro creati in questi anni proprio  dall’economia sostenibile (pensiamo solo alla California, lo stato più green, ma anche il più ricco in termini di economia e cervelli, sempre più spesso attirati da ogni parte del mondo).

«Ci rammarichiamo che gli Stati Uniti stiano tornando indietro sul pilastro principale della loro politica nei confronti del clima e della produzione di energia pulita. Ora, resta da vedere con quali altri mezzi essi intenderanno far fronte ai propri impegni nel quadro dell’accordo di Parigi» ha dichiarato Miguel Árias Cañete, commissario per il clima dell’Unione Europea a firma avvenuta, facendo intendere che un accordo internazionale non si cancella unilateralmente.

«C’è un po’ di preoccupazione, ma per fortuna ci sono anche voci contrarie, in disaccordo e contro», ha risposto il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del nuovo Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, alla domanda dei giornalisti sulle recenti posizioni del presidente americano Donald Trump e sul suo atteggiamento nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. Intervenuto a Roma alla presentazione di un convegno che si terrà il 3-4 aprile sul tema: «Prospettive per il servizio dello sviluppo umano integrale a 50 anni dalla Populorum progressio», Turkson ha espresso la sua speranza che «Trump stesso cominci a ripensare alcune sue decisioni». «Del resto, ha continuato, il presidente degli Stati Uniti sta realizzando le promesse fatte durante la campagna elettorale, tuttavia voglio sperare che si accorga della dissonanza tra la realtà delle cose e le espressioni da campagna elettorale e che le cose cambieranno».

«La Conferenza episcopale degli Stati Uniti, in comunione d’intenti con papa Francesco, sostiene fortemente la salvaguardia dell’ambiente e ha chiesto a più riprese negli anni perché la nostra nazione si attivi per la riduzione delle emissioni di carbonio», ha dichiarato come risposta il vescovo Frank J. Dewane di Venice (Florida) che è anche presidente della Commissione episcopale per la giustizia interna e lo sviluppo. «Questo ordine esecutivo vanifica una serie di protezioni ambientali e, di fatto, allontana gli Stati Uniti dagli standard degli accordi internazionali volti alla riduzione delle emissioni di carbonio. E questo senza l’adozione di un piano alternativo sufficientemente efficace per garantire la cura adeguata per le persone e il creato. L’azione avvenuta con la firma di ieri sta a significare, purtroppo, che per gli Stati Uniti sarà improbabile raggiungere gli obiettivi di mitigazione che si erano posti sia a livello nazionale che internazionale».
I vescovi riconoscono altresì che il Clean Power Plan non sarà stato l’unico strumento atto a favorire la riduzione dei gas serra («la Chiesa non è in grado di privilegiare un approccio tecnico, economico o politico rispetto ad altri»), tuttavia «la mancanza di una valida alternativa rappresenta un problema serio».

«Il nuovo direttore dell’EPA, Scott Pruitt – continua la dichiarazione – ha ripetutamente affermato che le politiche devono essere al contempo pro-crescita e pro-ambiente. Pertanto solo un approccio integrale può rispettare le preoccupazioni nei confronti della popolazione e dell’ambiente, e contemporaneamente raggiungere l’obiettivo della crescita economica, a patto di lavorare correttamente. Del resto molti Stati hanno già fatto grandi progressi per raggiungere l’obiettivo di una riduzione del carbonio in atmosfera, e questo slancio dovrebbe essere incoraggiato e non ostacolato».

La Conferenza dei vescovi degli Stati Uniti richiama le parole di papa Francesco nell’enciclica sulla cura del creato laddove il pontefice ricorda che un approccio ecologico deve essere in grado di «ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (LS 49).

«Con questo ordine esecutivo, l’amministrazione rischia di deteriorare l’aria che respireremo, le nostre acque e, soprattutto, il nostro popolo, in particolare i poveri e più vulnerabili, senza proporre di fatto un approccio alternativo, adeguato e concreto, per far fronte agli obblighi di una gestione responsabile dell’ambiente».

Indignazione dei vescovi a (quasi) 360°

Occorre ricordare che, salvo un iniziale plauso dell’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, presidente della Commissione episcopale per la vita (l’unico presente alla cerimonia di insediamento a Washington) dopo l’ordine esecutivo che il 24 gennaio scorso sospendeva l’erogazione di fondi alle organizzazioni non governative internazionali che praticano aborti o forniscono informazioni a riguardo, i vescovi degli Stati Uniti non hanno fatto sconti al presidente, anzi.

Già nel mese di febbraio la Commissione episcopale per la giustizia e lo sviluppo umano, insieme al presidente del Catholic Relief Services (CRS), aveva sollecitato il governo Trump a mantenere gli impegni degli USA per la tutela e la salvaguardia del creato sia a livello nazionale sia globale.
«Vogliamo riaffermare l’importanza della leadership degli Stati Uniti e l’impegno per l’Accordo di Parigi», si leggeva nella lettera indirizzata al segretario di Stato e firmata dai vescovi Frank Dewane della diocesi di Venice (Florida) e Oscar Cantu, di Las Cruces (New Mexico) e Sean Callahan, presidente del Catholic Relief Services (CRS). La missiva ricordava che già nel 2015 la USCCB aveva ribadito che il finanziamento dei programmi di adattamento e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico inclusi nell’accordo di Parigi erano quanto mai urgenti, specialmente se ci si vuole assumere la responsabilità comune del fenomeno del riscaldamento globale e limitare le conseguenze sulle popolazioni più vulnerabili del pianeta. «L’accordo di Parigi è un passo fondamentale per entrambi questi obiettivi», si leggeva nel testo, e tra le righe si avvertiva la preoccupazione perché, durante la campagna elettorale, Trump aveva più volte ribadito che non avrebbe rispettato l’Accordo di COP 21.

E a tutto questo va ad aggiungersi un lungo elenco di dichiarazioni e interventi che mostrano tutta l’indignazione dei vescovi per la costruzione del muro al confine col Messico, tutta la politica antiimmigrati, lo smantellamento (per ora mancato grazie a democratici e repubblicani congiunti) della copertura sanitaria pubblica, le misure protezionistiche, la nuova corsa agli armamenti …

«Trump va in direzione opposta alla dottrina sociale della Chiesa» titolava il New York Times con un approfondimento del 28 marzo.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto