Il voto cattolico alle elezioni europee

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voto europeo

Il boom della Lega alle elezioni europee è stato sicuramente straordinario; non c’è bisogno di ricordarlo. Più ancora nelle regioni del Nord-Est: il voto sovranista (Lega + Fratelli d’Italia) ha superato il 40% in Italia e ha toccato il 56,6% in Veneto (50,2% in Friuli V.G., 40,7% in Trentino).

Ovvio pensare che tra questi voti molti fossero di cattolici.

Ma è proprio vero che la maggioranza dei cattolici vota Lega, come molti commentatori hanno frettolosamente sostenuto? In realtà, le cose stanno diversamente. Per capire come sono andate, bisogna considerare l’insieme del comportamento elettorale dei cattolici e non solamente il voto espresso; non solo i votanti, ma anche gli astenuti.

In mancanza di alternative, dobbiamo affidarci a un sondaggio. Prenderemo quello condotto dall’Ipsos di Pagnoncelli, che ha tutti i limiti di questo genere di indagini, ma che ha il merito di basarsi su un numero elevato di intervistati (8.840).

Elezioni Europee 2019. Il voto dei cattolici praticanti – Italia

cattolici pratica settimanale tutti
Astenuti 51,9 45,9
Lega Salvini 15,7 18,6
Fratelli d’Italia 2,9 3,5
Sovranisti
(Lega + Fratelli d’I.)
18,7   22,1
Cinque Stelle 6,9 9,3
Populisti (Lega+Fratelli d’I.+5Stelle) 25,5   31,3
Forza Italia 4,8 4,8
Partito Democratico 12,9 12,3
Più Europa 1,1 1,7
Europa Verde 1,2 1,2
Altri 2,6 2,8
Totale 100 100

Fonte: ns. elaborazioni su dati Ipsos

Se si guarda ai cattolici che la domenica vanno assiduamente a messa, il dato più rilevante è la loro bassa partecipazione al voto: più della metà non ha votato. Tanto più che essa appare in contrasto con le indicazioni ricevute dai vescovi. Quando la Chiesa cattolica italiana si è espressa, lo ha fatto invitando ad andare a votare.

È perciò assai più interessante ragionare tenendo conto degli astenuti, e non solo dei voti espressi. Anche perché qui la domanda rilevante non è che preferenze hanno dato i cattolici che hanno votato, ma come i cattolici si sono posti di fronte al voto.

È sbagliato dire che la maggioranza dei cattolici ha votato Lega e sarebbe sbagliato anche sostenere che un cattolico su 3 ha votato per quel partito. In realtà solo il 15,7 dei praticanti sembra aver espresso questa preferenza; anche aggiungendo coloro che praticano almeno una volta al mese, il voto alla Lega rimane ben al di sotto del 20%, così che circa un cattolico praticante su 6 sembra aver dato il suo voto a questo partito.

Come hanno votato allora i cattolici praticanti assidui? In estrema sintesi possiamo dire che due su quattro non sono andati a votare, uno su quattro ha dato un voto caratterizzato in senso populista (Lega + Fratelli d’Italia + Cinque Stelle) e il restante uno su quattro ha votato per altre forze politiche (da Forza Italia al Pd).

Quindi i cattolici praticanti sembrano caratterizzati da:

* una più alta quota di non partecipazione al voto:

* 6 rispetto al dato medio dell’elettorato

* un voto sovranista meno evidente: – 3,5

* una minor adesione ai Cinque Stelle: – 2,4

* una minore adesione al voto populista (Lega+F.d’I+5S): -5,9

* una irrilevante differenza in favore del Pd: +0,6.

Si può forse suggerire che il minor voto populista dei praticanti se ne sia andato tutto o quasi in astensione.

Questo cambia il quadro che di solito viene proposto: le chiese non sono piene di leghisti che non hanno alcuna intenzione di ascoltare i messaggi di papa Francesco sugli immigrati. Le chiese sono piene di astenuti. Cioè di persone che o non trovano alcun soggetto politico in cui riconoscersi o sono rifluite in atteggiamenti apolitici e antipolitici.

Forse però è ancora più interessante sottolineare un altro aspetto. Vi sono buone ragioni per ritenere che le differenze rilevate tra cattolici praticanti e popolazione si spieghino non con la religione, ma con l’età. I praticanti, infatti, sono nettamente più in là con gli anni. Ora, gli anziani votano meno, come i più giovani; votano meno spesso Cinque Stelle e alcuni di loro si rifugiano nell’astensione invece che votare Lega.

Ciò significa che, dal punto di vista elettorale, i cattolici praticanti sono molto simili agli altri, solo che sono più vecchi… Salvo forse per una leggera minor partecipazione al voto.

E, se così è, la conclusione dovrebbe essere la seguente: l’appartenenza religiosa cattolica non influisce per nulla sul comportamento di voto.[1]

Nel giro di alcune decine d’anni siamo passati dal voto religiosamente orientato dalla subcultura bianca – il voto alla DC – alla separazione radicale tra comportamento di voto e religione cattolica. E questa è proprio l’essenza della secolarizzazione.

Il partito tedesco di estrema destra AfD, in aperta polemica con la Chiesa cattolica e con quella evangelica ha adottato lo slogan: “La Chiesa deve rimanere Chiesa”, non deve cioè occuparsi di impegno sociale e politico. Sembra che in questa direzione se ne sia fatta di strada, anche da noi.

Forse è questa la ragione per cui nelle nostre chiese, la domenica, certi discorsi non si sentono e, se si ascoltano, suscitano reazioni. Perché «la Chiesa deve rimanere Chiesa».


[1] Se ragionassimo sull’insieme costituito da praticanti su base settimanale e mensile, dovremmo concludere che i cattolici così intesi conservano una bassa partecipazione al voto in termini comparativi, e sono molto simili quanto a espressione di voto ai valori medi della popolazione. La tesi di fondo dell’irrilevanza dell’appartenenza cattolica alle elezioni europee del 2019 ne risulterebbe ulteriormente rafforzata.

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