Florenskij, ogni sparo è mirato al corpo di Cristo

di:

A 85 anni dalla morte di Pavel Alexandrovic Florenskij, abbiamo chiesto al prof. Natalino Valentini, pioniere degli studi su Florenskij in Italia, appassionato e inesausto esploratore della teologia e spiritualità russo-ortodossa del Novecento, di raccontarci lo stato delle ricerche più recenti sulla vita e sull’opera del geniale pensatore russo, martire della Chiesa del XX secolo.

florenskij

  • Cominciamo dalla tragica circostanza della morte di padre Pavel A. Florenskij. Qual è lo stato delle inchieste che ancora tentano di far luce sui fatti e individuare i suoi resti?

In questi ultimi decenni, grazie soprattutto all’accurato e documentato lavoro di ricerca storica e testimoniale condotto con tenacia e rigore da Memorial, sono emersi molti particolari rimasti sepolti per quasi ottant’anni. Sappiamo che dall’ottobre 1937, alle isole Solovki, ove era stata impiantata una prigione speciale – uno dei primi e più terribili gulag del Novecento – ebbe inizio una programmata opera di sterminio di migliaia di detenuti, che proseguì in parte anche nel 1938. Radunati a gruppi di 500/600, condotti a bordo di un battello commerciale, ammassati nella stiva alla volta di Kem’, queste persone venivano poi gettate su vagoni ferroviari come bestiame da macello con destinazione Medved’žegorsk, per essere rinchiuse nelle carceri del BelBaltkanal. Infine, dopo qualche giorno di reclusione, durante la notte, venivano trasportate a bordo di camion fino a Sandormosch, villaggio della Carelia nel cuore della grande foresta, dove erano state scavate grandi fosse comuni. Qui venivano giustiziati con una pallottola alla testa a gruppi di 200-250 persone ogni notte.

In uno degli ultimi viaggi della morte di quell’anno, nella notte dell’8 dicembre del 1937, tra le vittime innocenti della foresta di Sandormosch, insieme a presunti trozkisti, scrittori, musicisti, politici ucraini e bielorussi, preti e vescovi, era presente anche padre Pavel A. Florenskij, già recluso nel gulag da 5 anni.

Questa terribile campagna di sterminio è stata portata alla luce solo a partire dal 1996, grazie all’impegno di Veniamin Iofe, co-presidente del Centro di ricerca Memorial di San Pietroburgo, con un paziente lavoro negli archivi del dipartimento del Servizio di sicurezza federale (FSB). Tra i documenti sono emersi anche gli elenchi di coloro che dovevano essere fucilati. Dopo anni di ricerche guidate dallo storico Jurij Dmitriev, il 1º luglio 1997 furono identificate le fosse comuni ove almeno 6 mila persone provenienti dalle Solovki vennero fucilate e sepolte.

solovki

La terribile scoperta della foresta di Sandormosch, oggi considerata «foresta dei giusti», è solo una delle tessere del terribile genocidio di massa condotto nel periodo staliniano. In questi ultimi vent’anni, in Russia, lo scopo preminente dell’associazione Memorial è stato quello di salvaguardare la memoria e i diritti umani, la riabilitazione morale e giuridica delle vittime delle repressioni staliniane, smascherando la falsificazione e la censura della storiografia ufficiale. Colpisce e inquieta il fatto che questo tentativo di ricostruzione dell’idea russa di Europa, universale e sovranazionale, fondata sulla memoria, la libertà, la fratellanza e la pace sia stata progressivamente repressa dall’attuale potere politico, accusando e arrestando ingiustamente alcuni dei suoi rappresentanti più autorevoli con accuse infamanti, come accaduto a Jurij Dmitriev, fino a giungere alla sentenza di chiusura definitiva di Memorial da parte della Corte suprema a fine febbraio 2022.

Ricordo che alle Solovki sorgeva uno dei più antichi complessi monastici, culla della spiritualità dell’ortodossia russa, luogo di santità e ascesi trasformato dai bolscevichi in uno dei luoghi di martirio più terribili e di maggiore sofferenza dei cristiani russi. Dal 1923 questo luogo divenne il vasto complesso dello SLON – Lager a Destinazione speciale delle Solovki – emblema del sistema concentrazionista bolscevico, definito da molti testimoni il «cantiere infernale» nel quale persero la vita oltre un milione di detenuti. Come è stato ricordato più volte anche dal nipote di Pavel Florenskij, il monaco Andronik Trubacëv, morto di recente e per molti anni custode della sua opera, «gli ultimi cinque anni su questa terra di P.A. Florenskij – sacerdote che non rigettò la tonaca – sono gli anni del calvario e del martirio di un cristiano, e ricordano il calvario e gli Atti del suo santo protettore, l’apostolo Paolo».

Dalle lettere che padre Florenskij inviava alla famiglia, scopriamo che la vita quotidiana nel gulag era scandita da stenti e sofferenze, tra persone spogliate di ogni dignità, in balia dell’arbitrio e della violenza. Eppure, da parte sua, di fronte a tale vasta desolazione e miseria umana, prevaleva uno sguardo di misericordia e di preghiera rifuggente l’odio. Quanto più acuta si è fatta la percezione della fine, tanto più la sua voce è diventata limpida e sicura. Immerso nel pieno dell’orrore, ha resistito sino all’ultimo per opporsi a ogni atomo di odio, perché questo avrebbe reso il mondo ancora più «inospitale», facendolo sprofondare, ancor più, nell’abisso infernale.

Nel suo capolavoro filosofico e teologico, La colonna e il fondamento della verità, scritto nel 1914, Florenskij aveva definito l’essenza del peccato quale «autoaffermazione inospitale», una autosufficienza egocentrica che rende incapaci di dono e di ogni accoglienza, sino a portare la persona alla frantumazione del suo nucleo interiore. La sua disposizione a «vedere nell’altro realmente la persona che ami» (28 aprile 1936) è invincibile e trova la sua ragione, anzitutto, nella «ferma convinzione che al mondo niente si perde, né di bene né di male, e presto o tardi lascerà il suo segno. (…) Nulla si perde completamente, nulla svanisce, ma tutto si custodisce in qualche tempo e in qualche luogo. Ciò che è immagine del bene e ha valore rimane, anche se noi cessiamo di percepirlo». Conclude osservando che «senza questa consapevolezza la vita si perderebbe nel vuoto e nel non senso» (23 febbraio 1937).

florenskij

A 85 anni da quella terribile notte, ripensando alla fucilazione di padre Florenskij, a questo genio del pensiero e martire della Chiesa del XX secolo, ci pervade un senso di sgomento e di orrore, tanto più in questo anno in cui siamo profondamente scossi e turbati di fronte alla mostruosa oscenità della persistente guerra in Ucraina. Nel contempo − proprio quelle sue disposizioni interiori nelle condizioni di disumanità − ci dispiegano un diverso orizzonte di senso, che oltrepassa il tempo storico immediato.

  • Possiamo conoscere attraverso i testi il pensiero di Florenskij riguardo alla guerra?

Il devastante conflitto esploso da fine febbraio scorso nel cuore dell’Europa, accompagnato dal suo scialo di morte, di ferocia e distruzione, ci ha fatto riprecipitare nelle grandi tragedie del secolo scorso. Ancora una volta assistiamo sgomenti all’imporsi violento della forza e delle armi, alla follia devastatrice della guerra che, come già rimarcava papa Giovanni Paolo II, «è il mezzo più barbaro e meno efficace per risolvere le controversie tra i popoli» (Messaggio per la giornata della pace 1982); ma anche, contemporaneamente, all’impotenza del diritto e della diplomazia, della mediazione politica internazionale, della cultura di pace quale ethos e come prassi.

L’insegnamento che ci giunge dal pensiero e dalla testimonianza di Florenskij, anche in questo caso, è davvero esemplare e illuminante. Anzitutto, egli richiama in più occasioni nei suoi scritti, a partire dall’esperienza viva, come molte delle feroci dispute e delle laceranti divisioni tra civiltà, popoli, nazioni, religioni siano in gran parte il frutto avvelenato di un’incapacità di ascolto reciproco e del mancato riconoscimento di differenti sensibilità culturali e spirituali. Di tale vuoto di conoscenza reciproca si alimenta l’ostilità, la diffidenza, il disprezzo, sino alla violenza e alla guerra.

Considerata l’attenzione che il grande pensatore russo dedica a questi aspetti, la questione meriterebbe un’ampia trattazione e diversi approfondimenti. Per Florenskij tutto ciò che non è rispettoso della dignità umana, della sacralità della persona, della sua anima, del suo «cuore cherubico» quale riflesso della divino-umanità, va bandito. La pena di morte, le diverse forme di violenza, e soprattutto la guerra che scatena le peggiori forme di disumanità, devono essere fermate con tutte le forze culturali, educative, relazionali, spirituali.

florenskij

Il celebre sermone pronunciato da Florenskij il 12 marzo 1906, quando era ancora giovane studente all’Accademia teologica di Mosca (qui), resta per molti versi esemplare rispetto alle questioni accennate[1]. In quel grido del sangue avvertiamo tutto il dramma della coscienza cristiana ferita di fronte alla violenza e alla guerra, a partire dalla condanna senza appello della pena di morte, nonché uno sguardo profetico e messianico di straordinaria attualità, in grado di proiettarsi sul presente e sul futuro della Chiesa ortodossa russa e sull’intera cristianità, tanto più di fronte a ciò che oggi torna a riproporsi.

In quell’omelia pronunciata con radicalità evangelica e profetica il giovane Florenskij, pur sapendo di incorrere nella pena del carcere, che puntualmente gli sarà inflitta, si rivolgeva ai fedeli presenti (e indirettamente alle autorità zariste e alle gerarchie ecclesiastiche) con parresia e parole di fuoco:

«Non capite che ogni sparo è mirato al corpo di Cristo? Ma non sapete forse che ciascuno dei nostri fratelli e delle nostre sorelle è un membro del corpo di Cristo? Vi siete forse dimenticati che il cristiano si nutre della santa comunione? (…) Tutto questo avviene davanti ai nostri occhi, davanti agli occhi dei cristiani! Ma noi stiamo zitti, tutti zitti, tutti se ne lavano le mani (…). Ammazzano le persone, torturano i cristiani. È mostruoso, insopportabile. Ma c’è di più, fratelli e sorelle, c’è qualcosa di più terribile. I cristiani uccidono, i cristiani torturano i cristiani, ortodossi, versano sangue dappertutto, persino tra le cupole dorate di Mosca. O santa Rus’, che sopporti il massacro dei tuoi figli! O popolo ortodosso, che anche durante la santa Quaresima non interrompi le esecuzioni e durante la Settimana Santa sbeffeggi l’agonia del Salvatore! Guarda, santa Rus’, non sarai forse con Giuda e Caino? Guarda, popolo ortodosso, non sarai forse una vergogna per la storia?».

Altrettanto significative, anche dal punto di vista pedagogico, sono poi le numerose riflessioni e ammonizioni che troviamo nelle sue Memorie (Ai miei figli), ma soprattutto nelle Lettere dal gulag. In alcune di esse leggiamo:

«Mi stupisce l’assurdità delle azioni umane che hanno il loro culmine nelle guerre e che non trovano giustificazione nemmeno nell’egoismo, perché gli uomini agiscono a scapito anche dei propri interessi. Della componente morale non parlo neanche. Dappertutto spergiuro, menzogna, inganno, uccisioni, servilismo, mancanza di qualsiasi principio. I legami di parentela si sviliscono, la legge si crea e si abolisce per far piacere alla necessità del momento, e comunque non viene rispettata da nessuno. (…) La mia conclusione (del resto, sono giunto ad essa già da tempo) è questa: nell’uomo c’è una carica di furore, d’ira, di istinti distruttivi, di odio e di rabbia, e questa carica tende a riversarsi sulle persone circostanti, contrariamente non solo ai dettami morali, ma anche al vantaggio personale dell’individuo. Nelle guerre l’uomo si lascia prendere dal furore per pura brutalità. (…) Col loro attivismo, questi elementi rapaci dell’umanità arrivano a occupare i posti dirigenziali della storia, e costringono pure il resto dell’umanità a diventare rapace» (4 aprile 1937).

florenskij

  • Perché la figura di Florenskij come lei ha più volte sostenuto può essere ritenuta un potente raccordo culturale tra la Russia ortodossa e l’Europa cattolica? Quali autori russi dello stesso filone spirituale vuole ricordare?

La vasta e articolata elaborazione di pensiero di Florenskij, che spazia dalla matematica alla fisica, dalla filosofia alla teologia, dalla letteratura all’arte, dalla scienza alla mistica, si nutre costantemente non solo della grande tradizione della slavia ortodossa e del pensiero orientale bizantino, ma contemporaneamente anche della sapienza e della conoscenza dei grandi maestri della cultura occidentale, come pure del pensiero scientifico anglo-americano. Come aveva molto lucidamente colto il di lui amico Sergej Bulgakov, «in Florenskij si sono incontrate la cultura e la Chiesa, Atene e Gerusalemme», Oriente e Occidente, a partire dalla cultura europea.

Ora, pensando alla nuova Europa ancora alla ricerca di una sua unità nella diversità – unità non solo monetaria, economica e politica, ma anzitutto culturale e spirituale – l’apporto di pensatori come Florenskij è di fondamentale rilevanza. D’altra parte, non dimentichiamo che una delle questioni mai risolte dall’Europa, dal punto di vista culturale, sta proprio nel rapporto con il suo Oriente, ovvero come essa intenda davvero includere il suo Oriente – e la Russia in particolare – non più come corpo estraneo, bensì parte costitutiva della sua stessa identità culturale e spirituale. In fasi alterne della storia europea degli ultimi due secoli, la questione appare e scompare come un fantasma dalla coscienza storica russa, ma pure da quella occidentale. Come potrebbe l’Europa rinnegare il fondamentale contributo alla formazione della sua identità culturale e spirituale, quindi della sua coscienza storica, sociale e politica, determinato dalle opere universali della grande civiltà letteraria (A. Puškin, F. Dostoevskij, N. Gogol, L. Tolstoj…), ovvero dalla grande musica, dall’arte, dalla filosofia e dalla scienza russa?

Come ci suggerisce costantemente lo stesso Florenskij, andrebbero riscoperti i principali testimoni dell’anima russa, i più eminenti autori della grande tradizione ascetica, della rinascita filocalica russa del XIX secolo, quali le straordinarie figure spirituali di Teofane il Recluso, Ingnatij Brjančaninov, i grandi monaci starcy di Optina Pustyn’, i tanti testimoni di santità laica di questa tradizione spirituale russa tra Ottocento e Novecento: Iulianija Lazarevskaja, Fedor Bucarev, Mat’ Marija Skobcova e tanti altri. Sono tutti testimoni esemplari di sapienza, di carità, di pietà, di pace, di nonviolenza che appartengono alla cristianità europea. Soprattutto andrebbe riconsiderato il pensiero di V. Solov’ëv e la ricca tradizione di pensiero religioso russo dell’inizio del secolo scorso che, anche dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917, riesce miracolosamente a sopravvivere in diverse forme e luoghi per gran parte del Novecento.

Filosofi, teologi, scrittori e poeti che hanno pagato con il gulag e con la vita, oppure con l’esilio, la loro coerenza e testimonianza. Oltre a padre Pavel Florenskij, mi riferisco a padre Sergej Bulgakov, a Osip Mandel’štam, a padre Leonid Fëdorov, a Aleksej Losev e a tanti altri martiri per fede durante il regime sovietico, sino ai testimoni del dissenso: da Boris Pasternak a Varlam Šalamov, da Vasilij Grossman a Aleksandr Solženicyn e oltre. Molte delle loro opere costituiscono un patrimonio unico di sapienza per una vera cultura di pace incentrata sulla dignità della persona e contraria ad ogni pensiero ideologicamente orientato allo «scontro di civiltà».

  • Il 2022 è stato un anno due volte anniversario per Florenskij: 85 anni dalla morte e 140 dalla nascita (9 gennaio). Anche su Florenskij pesa oggi l’imbarazzo ufficiale nei confronti di tutta la cultura russa?

Non c’è dubbio che tra gli effetti collaterali della guerra ci sia pure la tendenza a contrapposizioni schematiche, sommarie, molto semplicistiche e fuorvianti, che hanno ingenerato, fin da subito, forme di russofobia del tutto assurde. In questo clima culturale penso si debba inserire la dimenticanza di questi anniversari, ma anche quello del bicentenario della nascita di Dostoevskij, passato in sordina. Accanto all’inasprirsi della situazione bellica e ai riflessi politici e diplomatici internazionali, preoccupa altresì lo scellerato tentativo da entrambe le parti – la Russia da un lato e i paesi occidentali dell’Europa dall’altro – di mettere in atto una sorta di «boicottaggio della cultura» o «sanzioni culturali» tali da recidere e cancellare i reciproci legami.

guerra ucraina

In questo quadro si collocano anche le disposizioni del Ministero dell’Università che da mesi ha interrotto ogni relazione di collaborazione scientifica e culturale con le Università della Federazione Russa. Esattamente il contrario di quanto andrebbe fatto in tali circostanze, poiché il più potente antidoto a ogni forma di conflitto, di violenza, di violazione della dignità umana, è anzitutto la cultura del dialogo nelle sue diverse espressioni teoretiche, etiche e spirituali. Questo genere di idiozia politica non solo può portare alla stupidità collettiva, di cui da sempre fanno ampio uso i sistemi totalitari, ma anche a una vera e propria catastrofe dell’umanità.

Uno dei primi e fondamentali insegnamenti che possiamo raccogliere dall’incontro con l’opera e la testimonianza di Florenskij risiede proprio nel recupero di questo duplice significato della cultura: per un verso con il culto – anche in senso etimologico –, vale a dire con la fede che determina il culto, dal quale prende forma una visione del mondo; per l’altro verso con la memoria, non quale semplice ricordo, bensì capacità di generazione nel tempo dei simboli dell’eternità. Da una cultura così intesa trae alimento e forza la ragione del dialogo, unione esistenziale tra diversi, esperienza di una conoscenza che diviene amore, ricerca di una sapienza del cuore che è fonte della pace con sé stessi e con gli altri.

Per queste ragioni, insieme a moltissimi amici e colleghi, avverto con preoccupazione il rapido accrescersi e diffondersi delle diverse forme di ostilità, di ostracismo e persino di odio generalizzato e insulso nei confronti della cultura russa. Tutto ciò costituisce un’assurda negazione della storia dell’umanità che non tiene conto del significato e del destino di questa cultura che finisce paradossalmente per favorire la guerra di Putin, l’ideologia nazionalista di conquista e il ritorno dell’imperialismo etnico-religioso del Russkij mir.

  • Gli studi e le pubblicazioni su Florenskij avranno comunque seguito? Cosa ha in vista?

Anzitutto mi preme segnalare che un paio di anni fa, insieme ad altri studiosi di Florenskij, ho dato avvio (presso le Edizioni Mimesis) a una nuova collana dedicata all’Eredità di Pavel A. Florenskij: Opere e Studi, nella quale sono già apparsi quattro volumi che comprendono opere inedite del pensatore russo unitamente a studi interpretativi della sua concezione epistemologica.

È inoltre in preparazione, per il 2023, l’edizione integrale (presso Mondadori) di tutte le lettere scritte da Florenskij dal gulag delle Solovki. Rispetto alla precedente pubblicazione, apparsa oltre vent’anni fa con il titolo Non dimenticatemi, che conteneva soltanto una scelta del vasto e intenso epistolario, questa opera consentirà finalmente di esplorare l’intero universo sapienziale florenskijano maturato attraverso il dialogo ininterrotto con i suoi familiari, rivelando risvolti inediti del suo pensiero e della sua visione del futuro: un patrimonio di straordinaria lungimiranza e potenza interiore.


[1] Il testo è presente nella raccolta in volume P.A. Florenskij, Il cuore cherubico. Scritti teologici, omiletici e mistici, nuova edizione riveduta e ampliata a cura di N. Valentini e L. Žak, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2014, 206-215.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto