Jozef Tiso: prete, presidente, collaboratore

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Il 18 aprile 1947 veniva giustiziato Jozef Tiso, dopo la condanna da parte di un tribunale comunista che lo giudicò colpevole di collaborazione con Hitler e di crimini di guerra. Prete cattolico, presidente della Slovacchia dopo la dissoluzione della Cecoslovacchia per mano della Germania nazista di Hitler tra il 1938 e il 1939, rimane a tutt’oggi una figura profondamente controversa nel sentire nazionale slovacco.

Celebrato da alcuni come un eroe nazionale, viene invece denigrato da altri come lunga mano di Hitler nell’esecuzione dell’Olocausto degli ebrei slovacchi – gettando così per sempre un’ombra sulla storia della Slovacchia.

Dopo gli studi di teologia nella capitale dell’Impero asburgico, Tiso assistette alla sua disintegrazione nel 1918 da professore di teologia morale nel seminario di Vienna (dopo aver svolto il suo servizio militare come cappellano al fronte). Fu questo evento che lo spinse a entrare in politica, chiedendo l’indipendenza della Slovacchia dal nuovo stato cecoslovacco formatosi a seguito della fine della I Guerra mondiale. Vicino al sentire del socialismo cattolico del tempo, Tiso immaginava uno stato la cui società doveva essere plasmata in accordo con la dottrina sociale della Chiesa cattolica.

Se fu marginale nella creazione dello stato Slovacco, che fu in realtà opera di Hitler e non dei nazionalisti locali che la Germania usò per realizzare la sua strategia politica nei territori slavi, diverso fu il suo ruolo per ciò che concerne la cosiddetta “questione ebrea”. Ben prima del 1942, gli ebrei slovacchi furono privati dei loro diritti e le loro proprietà confiscate dallo stato – in un gesto che Tiso affermava essere del tutto coerente con il cristianesimo e la dottrina cattolica.

Inoltre, la Slovacchia fu l’unico stato a organizzare da sé la deportazione degli ebrei dal proprio territorio – pagando 500 marchi alla Germania nazista per la loro evacuazione. Tutto questo con il benestare di Tiso. Alla fine del processo di separazione della Slovacchia, ben 60.000 ebrei erano già stato deportati e consegnati al loro tragico destino.

La parabola di Tiso e della Slovacchia seguì quella di Hitler e della Germania. Ancora nel 1944 Hitler lodò pubblicamente Tiso per il suo impegno a reprimere la rivolta nazionale slovacca contro la Germania nazista. Pochi mesi dopo, non gli rimase che la fuga davanti all’avanzata dell’Armata rossa russa. Trovò asilo in un monastero ad Altötting in Baviera. Il vescovo di Monaco, card. Faulhaber, cercò invano di convincere gli americani a non consegnarlo ai cechi. Jozef Tiso fu processato da una corte nazionale in un procedimento fortemente marcato da istanze politiche.

Cresciuto aspirando alla santità, morì pensandosi un martire del popolo slovacco – al giudizio della storia è passato come collaboratore della Germania nazista e orchestratore consapevole della deportazione degli ebrei slovacchi.

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