Luciano Vettore, medico, maestro, guida

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Il 25 settembre 2021, a Verona, un’aula del Policlinico di Borgo Roma è stata intitolata alla memoria di Luciano Vettore (Mestre,12 febbraio 1936 – Verona 18 gennaio 2020). Domenico De Leo, presidente della scuola di Medicina e Chirurgia, ha definito Luciano Vettore un «maestro della pedagogia medica italiana, straordinaria figura di formatore professionale per generazioni di medici».

Ordinario di Medicina interna e presidente del corso di laurea in Medicina e Chirurgia all’Università di Verona, Luciano Vettore ha caratterizzato con la sua azione la vita degli ultimi decenni della scuola veronese di Medicina. La Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Verona aveva concluso così l’annuncio della sua morte: «Luciano vettore è stato per noi tutti noi un esempio, un maestro, una guida».

I colleghi ne ricordano «la metodologia didattica innovativa, il rigore nel ragionamento clinico, l’entusiasmo» (Antonella Afeltra, Università Campus Bio-Medico, Roma), la sua visione degli studenti, «futuri medici, come il “baluardo” che avrebbe difeso l’integrità, fisica e psicologica, dei suoi amati pazienti» (Antonio Amoroso, Università La Sapienza, Roma). «Passione, rigore, competenza, professionalità, onestà, umanità… Luciano Vettore è stato formatore di medici, prima uomini e poi medici» (Ernesto E. Di Iorio, ETH, Zurigo).

La Società italiana di pedagogia medica lo considera uno dei padri della pedagogia medica italiana, che ha diffuso un pensiero pedagogico pioneristico e uno stile formativo unico. Come presidente della Conferenza dei presidenti di corso di laurea in Medicina e Chirurgia, insieme ad altri colleghi, estese infatti il metodo tutoriale in tutte le università italiane.

Il ricordo e l’amicizia

A tante parole autorevoli mi permetto di far seguire la mia voce modesta ma non meno commossa. Luciano Vettore ed io ci conoscemmo a Camaldoli, ai corsi di teologia per la FUCI e i laureati cattolici alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso. Avevamo da poco superato i 20 anni. Studente di medicina, Luciano esprimeva già una passione coinvolgente per la ricerca. L’estate successiva, all’analogo corso, gli confidai che la mia iniziale ricerca assumeva la direzione della vita monastica. Il suo interesse per la mia vocazione fu grandissimo, nei giorni camaldolesi fummo inseparabili, per un dialogo infinito. Fu il nostro saluto.

Da allora, secondo i ritmi delle nostre vite diverse, non ci siamo più lasciati. Dopo il silenzio del mio noviziato e la professione pubblica dei voti, alla quale Luciano fu presente con l’amatissima moglie, le nostre semestrali lettere fiume – che lui definiva l’inondazione natalizia e la valanga pasquale –  ci consentirono, anche prima di diventare più frequenti, una consuetudine che considero un grandissimo dono.

«Il cristiano è l’uomo dell’amicizia» (M. Zuppi). L’uomo e la donna. Ma non si racconta un’amicizia o piuttosto una fraternità lunga una vita. Luciano Vettore è stato per me un grande fratello sapiente e generoso, di rara umanità e conoscenza dell’uomo, sempre visto olisticamente, nella sua globalità di persona, sempre da accogliere e rispettare nei suoi slanci creativi e nella sua povertà esistenziale. Un fratello gioioso e ironico, umile, innamorato della vita e dedito a servirla nei più fragili, gli amatissimi pazienti. I suoi studi, le pubblicazioni che mi donava rivelano lo scienziato, il saggio, l’uomo nella sua meravigliosa integralità. La sua adorata Concetta e le tre figlie testimoniano la bellezza di una comunione che la morte non spezza, rende infrangibile e feconda.

Dalle lettere

In questo senso mi sembra doveroso richiamare brevi passi di alcune lettere dell’ultimo decennio di vita di Luciano Vettore, riflessi di una coscienza adamantina, sprazzi di un dialogo lungo quasi sei decenni.

23 dicembre 2011

Talvolta viene da pensare al «silenzio di Dio». Proprio per questa sensazione s’impongono gli auguri affinché lo spirito vero del Natale con il suo messaggio di pace, d’amore e di liberazione si risvegli e agisca nelle coscienze. Dobbiamo e possiamo continuare a sperare, sia pure laicamente, almeno nei giovani e in qualche “vecchio saggio” … indignandoci e non rassegnandoci al degrado dei potenti, degli Erodi di turno… Dobbiamo sperare che proprio dalla crisi nasca una nuova stagione: in fondo con Papa Francesco non sta fiorendo una nuova primavera anche della Chiesa….?!? È un dovere di tutti gli uomini e le donne di buona volontà… nutrire e diffondere la Speranza,… che nutre la Fede e la Carità.

Novembre 2013

Papa Francesco, presenza e ministero finalmente sensibili e apprezzabili anche per la gente comune, fatta da credenti, non credenti e diversamente credenti (o meglio, come diceva il cardinal Martini, da pensanti e non pensanti). La Chiesa ne aveva proprio bisogno… In questo momento di grande caos politico e istituzionale dobbiamo sperare che proprio dalla crisi nasca una nuova stagione: in fondo con Papa Francesco non sta fiorendo una nuova primavera anche della Chiesa?

7 settembre 2015

Le questioni di cui scambiarci idee sarebbero veramente molte e gravi…. Il dramma «biblico» dei migranti sovrasta ogni altra cosa; per fortuna sembra svegliare la torpida coscienza dei governanti europei… Purtroppo c’è una frangia non esigua di europei, e anche di italiani, che sono disumanamente razzisti per la difesa dei propri interessi, dopo essere stati in buona parte politicamente responsabili delle situazioni catastrofiche nelle terre da cui partono le migrazioni. Per fortuna c’è la voce limpida e l’iniziativa concreta di Papa Francesco, una delle poche luci in questo periodo storico abbastanza buio.

6 luglio 2017

È venuto il momento di raccontarti la mia recente storia di “guaritore ferito”;… da poco più di un mese so di essere ammalato di una malattia tumorale…, inguaribile e quindi con prognosi invariabilmente infausta, anche se curabile… Insomma ora posso prevedere con una buona approssimazione di cosa morirò e posso altrettanto approssimativamente prevedere di quanto si sta avvicinando la fine dei miei giorni. La cosa peraltro non mi drammatizza molto perché ho 81 anni, e da tempo mi preparavo psicologicamente al momento in cui si sarebbe palesato l’evento conclusivo, che non poteva fisiologicamente essere molto lontano…. Il problema si pone sul dopo, per il quale al di fuori della risposta religiosa non abbiamo soluzioni: purtroppo la risposta di fede non dà certezze, perché anche la Parola rivelata non ha certezze; ma ragionevolmente… è difficile, anzi quasi impossibile alla mente umana accettare che la nostra vita e tutto l’esistente siano realtà casuali senza un «senso»; e allora il «senso» che mi convince maggiormente è quello che viene dal messaggio testimoniale di vita di Gesù, anche se ogni previsione umana sulla «natura» del «dopo» resta impossibile in quanto avvolta totalmente nel mistero….Quello che io desidero e spero è che non venga annientato il mio «io» e quello di tutte le persone con le quali ho avuto relazioni in vita, e che queste relazioni possano continuare nella loro essenza…. Quello che conta è che la vita di ciascuno di noi abbia avuto un «senso» nell’aiutare a realizzare un progetto universale d’amore, di cui Gesù è stato pienamente attore e testimone (ed è questo progetto che secondo me lo qualifica come «figlio di Dio», un Dio «incarnato» a nostra immagine e somiglianza, con il quale l’uomo può relazionarsi). Quindi, come vedi, sono sostanzialmente sereno:… la cosa sostanziale che è cambiata nella mia vita è che sono entrato irreversibilmente nel tunnel delle cure, di cui avrò bisogno usque ad mortem, e questo sarà uno stimolo alla consapevolezza esistenziale e a vivere dignitosamente quanto mi resta; questo senza rimpianti e senza nostalgie, perché in fondo ho vissuto bene – posso dire felicemente per la condizione umana – 81 anni: ho goduto di tanti privilegi, primo tra tutti la vita con Concetta e con le figlie oltre a tutto il resto, compreso il mio lavoro, le altre mie attività, le amicizie, ecc. Ho cercato di svolgere quanto meglio ho potuto i miei compiti nella comunità umana e di essere di qualche aiuto ai miei simili, pur con tanti limiti e tanti difetti; ma conto molto sulla misericordia del Signore, e questo mi tranquillizza. Mi dispiace molto soltanto di lasciare un mondo peggiore di quello che ho trovato, un mondo impazzito che mi preoccupa per le nuove generazioni; ma oramai non mi resta altro da fare che continuare a testimoniare il mio modo di vedere la vita, l’umanità, l’universo, e l’unico mio faro in questo momento è Papa Francesco nella sequela genuina di Gesù.Ora smetto perché sono stanco e sarai stanca anche tu. È pleonastico che ti chieda di pregare per me: però non perché io guarisca, perché la preghiera non può e non deve chiedere miracoli («sia, fatta la SUA volontà»), ma solo perché il Signore mi dia la forza e il coraggio di vivere con dignità e positivamente quanto ancora mi resta, se possibile non in un’attesa inutile e passiva, ma continuando a far parte ancora nei limiti che mi saranno concessi dell’avventura umana e della relazione con gli altri. Scusa questa lunga narrazione, ma te la dovevo per il rapporto di grande affetto e di stima che ci lega da oltre mezzo secolo.

8 luglio 2017

(Viviamo) la condivisione della fiducia che la Parola di Gesù è il nostro sostegno e la nostra bussola. Camminare assieme mi dà forza, e te ne ringrazio.

4 febbraio 2018

Sto leggendo molto sulla morte, perché bisogna prepararsi per tempo se si vuole «viverla» positivamente come una parte fondamentale della vita, e non solo perché è inevitabile. (…) Non ci resta che chiedere di avere tutti la forza di accettare la volontà (e la misericordia) del Padre.

12 febbraio 2018

Arrossisco un po’ leggendo le cose esagerate che scrivi sulla mia presunta sapienza, comunque dono di Dio, e ti ringrazio dell’augurio che essa aumenti, perché la sapienza – pure se c’è – non è mai troppa e dei doni di Dio si può essere solo felici.

16 giugno 2018

L’amore sa vincere anche la morte, nella speranza domani di un ricongiungimento totale degli spiriti che continueranno ad amarsi per sempre.

20 dicembre 2018

Le preoccupazioni attuali per la nostra salute non mi distraggono dalle preoccupazioni per l’insensibilità diffusa di fronte ai messaggi profetici di Papa Francesco.

16 aprile 2019

Possiamo contare solo sulla speranza pasquale, dalla quale ci sentiamo uniti da oltre 60 anni; di questo si nutre l’augurio che ci scambiamo con il grande affetto di sempre.

4 maggio 2019

Da tre anni stiamo vivendo con sofferenza situazioni successive molto pesanti, che spesso mi hanno fatto sentire molto vicino alla preghiera di Gesù: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato»; e non mi è stato facile affidarmi alla Sua volontà: sono situazioni che mettono alla prova la fede incondizionata e possono essere superate solo nella speranza fondata nell’Amore. Sono sempre più convinto che viviamo nel mistero, e che questo dobbiamo accettare come condizione della nostra vita e della nostra morte; l’unica consolazione è la testimonianza evangelica del messaggio esistenziale di Gesù.

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