Olivier Messiaen: a 30 anni dalla morte

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Ricorre oggi 27 aprile il 30° anniversario della morte del compositore francese Olivier Messiaen. Chiara Bertoglio – autrice del volume “Per sorella musica”, Effatà editrice 2014 – guida i lettori alla conoscenza di questo autore e della sua musica religiosa.

  • Chiara, Messiaen è normalmente ritenuto un compositore d’avanguardia, difficile da ascoltare, scoraggiante: è davvero così?

Olivier Messiaen è effettivamente considerato un compositore d’avanguardia. Ciò perché ha aperto la strada, specie con alcune sue opere giovanili, ad un certo sperimentalismo. In Mode de valeurs et d’intensité – un’opera d’avanguardia – ha applicato in maniera molto originale la cosiddetta tecnica seriale.

Nella serialità – di cui il rappresentante più noto è sicuramente Arnold Schönberg – nessun suono dei dodici della scala cromatica può essere ripetuto prima che tutti gli altri siano stati prodotti. La serialità è la forma di produzione musicale che tuttora desta maggiori perplessità negli ascoltatori.

Ma, mentre le avanguardie più spinte – anche in alcuni discepoli e seguaci di Messiaen quali Iannis Xenakis e Karlheinz Stockhausen – hanno scelto di andare avanti su quella strada, di fatto isolandosi in un loro mondo sonoro senza più relazioni sostanzialmente col pubblico, Messiaen ha inteso ricercare, nelle sue opere, la comunicazione di un senso della musica, per tutti i suoi ascoltatori. Io penso che tale disposizione gli venisse dal suo atteggiamento religioso e autenticamente credente.

Messiaen, quindi – dopo aver fatto per certi versi da apripista – si è distanziato dalle avanguardie del ’900, senza peraltro sconfessarle e senza esserne sconfessato. Vero è che ha continuato ad inserire passaggi seriali nelle sue composizioni, ma quali mezzi espressivi di determinate situazione: ad esempio, per esprimere lo scarto tra l’umano e il divino, ovvero la dissonanza introdotta dal peccato nelle relazioni tra le persone umane e tra queste l’ambiente naturale.

Con gli stessi intenti ha sviluppato altre e originali tecniche compositive. Ha prodotto musica su scale sue proprie, diverse dalla tonalità tradizionale e ha organizzato il tempo – ossia il ritmo musicale – in maniera non retrogradabile, ossia con ritmi palindromi che, per capirci, possono essere letti sullo spartito indifferentemente da sinistra verso destra oppure da destra verso sinistra. Questo per dare l’idea di un tempo che scorre in entrambi i sensi: il tempo di Dio, se così si può dire, ovvero l’eternità.

In definitiva, ha usato tecniche di avanguardia ma in funzione di un risultato sonoro ed espressivo prioritario per l’orecchio dell’ascoltatore. Naturalmente, non sempre è riuscito nei suoi intenti nella misura desiderata. Senz’altro ci ha lasciato composizioni molto intense e assai espressive. Da ascoltare.

L’indicibile e la gioia
  • Nel tuo libro “Per sorella musica” lo hai definito un “musicista della gioia”: anche con questa tua premessa la definizione risulta quantomeno improbabile. La puoi spiegare?

La dimensione religiosa e spirituale – senz’altro cristiana – è fondamentale nella creazione di Messiaen. Chi vive secondo questa dimensione non può che provare – e quindi cercare di trasmettere – un’intima gioia. Chiaramente si tratta di una gioia evangelica, non a buon mercato, come la possa dare il mondo (Gv 14,27). Il tratto che io ho ravvisato nella musica di Messiaen è perciò la profondità e la sincerità dell’espressione gioiosa, molto più di una sua facile immediatezza.

Per riuscire a cogliere appieno c’è bisogno di una certa preparazione all’ascolto. Talvolta questa gioia risulta del tutto evidente. L’esempio più tipico è quello della simulazione del canto gioioso degli uccelli, a cui il musicista Messiaen ha dedicato una particolare attenzione, sino a farsi ricercatore e ornitologo. Messiaen considerava infatti il canto degli uccelli la lode gioiosa a Dio spontaneamente resa dalla natura (qui).

  • Da quale personalità viene dunque la sua musica?

Proprio l’interesse per il canto degli uccelli mi dà modo di dire quanto la sua fede fosse vissuta con estrema serietà e, allo stesso tempo, con estrema leggerezza: con un sorriso leggero piuttosto che con manifestazioni gravi ed estreme, in un senso o nell’altro. La sua vita non è stata certamente né facile né felice nel senso banale del termine. Messiaen ha attraversato situazioni molto dolorose.

  • Sappiamo che è stato in campo di concentramento e che una delle sue composizioni più note viene da quella esperienza. È questo che vuoi dire?

Sì, l’esperienza del campo di concentramento è stata certamente tra le più drammatiche della sua vita. Ma non è stata l’unica. Ricordo anche la lunga malattia che ha preceduto la morte della prima moglie, a cui Messiaen è rimasto vicino e fedele in una situazione molto complicata.

In campo di concentramento – non chiaramente campo di sterminio – Messiaen è stato internato da soldato francese prigioniero di guerra dei militari tedeschi. Molto importante è appunto l’opera – Quartetto per la fine dei tempi – che Messiaen ha concepito ed eseguito per la prima volta all’interno del campo, avendo avuto la possibilità di farlo grazie alla presenza di alcuni colleghi musicisti, al recupero di sgangherati strumenti musicali e all’interesse dei carcerieri per la musica.

Nella drammatica circostanza, la composizione ha seguito il corso delle visioni profetiche del libro dell’Apocalisse, secondo le impressioni donate pure dalla sinestesia di cui Messiaen disponeva o soffriva: la sinestesia è la facoltà di associare, in maniera intensa, colori e suoni, suoni e colori. Nel libro dell’Apocalisse, come sappiamo, ci sono molti e forti colori. Messiaen li ha trasformati originalmente in suoni.

Il pathos della tragedia che si stava consumando nella storia e la possibilità reale della fine del tempo – anche se poco esegeticamente fondata sul libro dell’Apocalisse – evidentemente incombe nella composizione.  Eppure, l’annuncio è un annuncio di speranza: la fine del tempo significa la risurrezione in Cristo e quindi l’avvento di un tempo assolutamente nuovo di Dio.

Questa resta tra le composizioni più note e toccanti di Messiaen. È fatta di momenti intensi, sia di fortissima perturbazione (qui) che di intima contemplazione (qui).

Biografia e musica
  • Da dove veniva la religiosità di Messiaen? Come ha maturato la sua preparazione biblica e teologica?

Lui diceva di essere nato cattolico, per esprimere quanto appartenesse da sempre ad una visione cristiana dell’esistenza e del mondo. L’influenza della madre, Cécile Sauvage – poetessa -, deve essere stata di fondamentale importanza per sviluppare la sua religiosità in senso estetico.

Il suo cristianesimo o cattolicesimo è stato sin dalla nascita orientato nel verso della bellezza. Certamente importante – poi – è stato il vero e proprio lavoro da organista liturgico che Messiaen ha svolto sino alla fine della sua vita a Parigi. Penso si possa dire che la sua formazione religiosa e spirituale è andata di pari passo col suo impegnato lavoro di musicista al servizio della liturgia.

Messiaen non ha studiato la Bibbia e la teologia in maniera sistematica, per via accademica, ma ha sicuramente letto molto. La sua preparazione in tal senso si poteva ritenere decisamente superiore a quella della media dei musicisti e dei cattolici frequentanti. Tra i suoi oggetti di studio e di conoscenza stava la Summa di san Tommaso, oltre a molti testi di mistica.

  • È stato un musicista di musica sacra o un musicista cristiano in tutta la sua musica?  

È stato sia l’uno che l’altro. Come organista si è naturalmente applicato alla musica liturgica e da chiesa. Questa parte della produzione non risulta tuttavia preponderante. Si può perciò parlare di una ispirazione cristiana che penetra tutta la sua produzione musicale. In tantissime composizioni profane – se così si può dire – affiorano continuamente citazioni religiose.

Ma se pure queste non ci sono, a mio giudizio, traspare sempre – o quasi – nella sua musica quello sguardo poetico, contemplativo, ordinato, che riflette il suo atteggiamento profondamente religioso, credente.

  • Vuoi approfondire la rilevanza del canto degli uccelli nella sua musica? Da dove gli veniva questo spiccato interesse?

Forse non c’è una precisa ragione con cui spiegare questo particolare interesse di Messiaen: era semplicemente affascinato dal canto degli uccelli. Perciò vi ha dedicato tanto tempo, energie, studio, sino a divenire un ornitologo sostanzialmente autodidatta. Non si è limitato infatti allo studio del canto della fauna locale.

Ha fatto escursioni in tutti i continenti in cui è stato impegnato per concerti, con levate di notte per essere pronto all’alba, al risveglio degli uccelli, a registrare le loro voci, per poi trasferirle nella sua musica: operazione, questa, piena di problemi. La caratteristica sonora del canto degli uccelli è infatti molto acuta e molto veloce. È pressoché impossibile, con strumenti musicali, riuscire a riprodurla.

Messiaen parte dal presupposto che gli uccelli sono molto più piccoli degli esseri umani e hanno un cuore che batte molto più velocemente: il loro canto si svolge ad un’altezza maggiore e con intervalli melodici molto più piccoli. Perciò, nella “riproduzione”, Messiaen ne dilata gli intervalli, per farne materiale musicale per gli strumenti. In molti casi, al termine dell’operazione, risulta difficile capire che cosa resti del canto degli uccelli in musica, perché, ad esempio, arriva ad utilizzare strumenti neppure più a fiato, ma persino a percussione. In molti altri casi, sì: l’operazione gli riesce molto bene e in maniera molto suggestiva.

  • Puoi fare un esempio ben riuscito e significativo?

La predicazione agli uccelli nell’opera Saint François d’Assise mi pare l’esempio più noto che si possa fare. Messiaen ha colto appieno l’opportunità di musicare un episodio così – almeno per lui – importante e significativo della vita del Santo che tanto amava. Sull’albero della predica, Messiaen ha perciò radunato – musicalmente – una serie di uccelli conosciuti e studiati nel corso della sua vita, rendendoli protagonisti della gioia dell’ascolto della Parola di Dio. Ha creato in tal modo un quadro musicale indimenticabile (qui).

Va aggiunto che lo stesso san Francesco, nell’opera, assume, significativamente, la voce di un uccello: l’allodola, perché il suo canto è il canto della lode a Dio per eccellenza, in aderenza al significato di tutta la vita di san Francesco, vera lode di Dio.

messiaen

Messiaen e Francesco
  • Vuoi dire, in particolare, di quest’opera – Saint François d’Assise – ai lettori?

La realizzazione di quest’opera ha segnato gli ultimi anni di lavoro e di vita di Messiaen. È l’unica opera lirica dell’autore e il suo capolavoro. Di questa ha curato tutto: oltre la musica, i testi e la prima rappresentazione teatrale, in ogni dettaglio.

La figura di san Francesco ha sempre fortemente attirato Messiaen. L’ha conosciuta attraverso l’approfondita lettura delle fonti francescane e la visita diretta dei luoghi francescani. Messiaen ben conosceva Francesco anche attraverso la pittura medievale: ovviamente attraverso Giotto ma anche attraverso il Beato Angelico.

Tutto questo ha influenzato fortemente la sua rappresentazione del Santo, di cui non offre una presentazione cronologica come si potrebbe fare con un film, bensì una serie di pannelli, come in una mostra fotografica. La serie dei quadri o pannelli porta l’ascoltatore o spettatore ai momenti irrinunciabili della vita del Santo – dalla conversione, al bacio al lebbroso, alla preghiera coi suoi compagni frati, all’estasi, sino all’incontro con sorella morte – quali stazioni di un percorso di vita e di spiritualità in cui sostare.

  • Vuoi guidare all’ascolto (visione) di alcuni di questi quadri?

Volentieri presento in breve tre di questi quadri, quelli in cui troviamo – in maniera sparsa – brani del Cantico delle creature di Francesco: Les Laudes, L’Ange musicien e La mort e la Nouvelle Vie. Nel mio libro si trovano le traduzioni dal francese dei testi di Messiaen dedicati a questi episodi.

Nel quadro delle Lodi si può notare tutta la preparazione liturgica di Messiaen e l’attenzione per i testi liturgici della preghiera della Chiesa che era propria del Santo di Assisi. Come sappiamo, infatti, il Cantico delle creature presuppone conoscenza e soprattutto prassi della preghiera biblica: il testo del Cantico francescano affonda le sue radici nel Cantico dei tre giovani contenuto nel testo di Daniele (3,52-90), così come nel salmo 148, per essere poi originalmente sviluppato da Francesco.

Messiaen mostra perciò musicalmente come la preghiera di Francesco provenga dalla preghiera liturgica della Chiesa – cantata dai suoi frati – e come questo corrisponda al senso più autentico della preghiera di gratitudine e di lode.  La preghiera di Francesco si innalza dalla preghiera di fondo del coro (qui).

Nel quadro l’Angelo musicante si può notare la cura musicale con cui Messiaen rende il momento dell’estasi di Francesco quale momento di esperienza propriamente sonora – quindi musicale – che accompagna la manifestazione divina, anticipazione della Risurrezione. La musica tende a coinvolgere qui tutti i sensi recuperando appieno il significato dell’Incarnazione.

L’esperienza spirituale per Messiaen – così come in Francesco – non è mai esperienza astratta e disincarnata. La musica suonata dall’Angelo consente una vera – molto concreta – esperienza di Dio, della sua bellezza, della sua bontà, della sua tenerezza: effettiva consolazione del corpo e dell’animo.

Nel quadro de La morte e della Nuova Vita si può notare come il transito dalla vita alla morte del Santo venga posto in trasparenza all’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-53): avviene dunque nella sera di un giorno in cui il Santo viene pregato dai suoi fratelli di non andarsene, di non lasciarli soli e orfani in questo mondo, a cui segue l’assicurazione e il conforto di Francesco con le parole del Cantico: la morte ormai “non può fare alcun male”, perché non è l’ultima parola sulla vita, in Cristo.

Naturalmente Francesco, per Messiaen – come, del resto, da tradizione radicata nella Chiesa – è l’Alter Christus, tanto simile a Cristo da portarne le stigmate – le ferite – nel corpo mortale: ma Cristo è ormai risorto, per questo si può cantare anche nella morte (qui).

Percorsi

Vuoi suggerire l’ascolto di altri brani di opere di Messiaen?

Oltre al già citato Quartetto per la fine dei tempi – in particolare il toccante Louange à l’éternité de Jésus (qui) – suggerisco l’ascolto di Trois petites liturgies de la presence Divine con testi moto belli, scritti dallo stesso Messiaen, con una musica molto fine, tenera, gioiosa, nel senso di cui ho cercato di dire (qui).

Un’altra composizione a cui sono molto legata è Vingt regards sur l’Enfant Jésus per pianoforte solo. L’ascolto integrale è molto lungo e piuttosto impegnativo.

Perciò mi limito a segnalare Regard du Père, lo sguardo del Padre, con una pulsazione lentissima e tenerissima che invita in un tempo fuori dal tempo, il tempo di Dio, oppure Première communion de la Vierge che evoca il tempo della gravidanza di Maria quale sua “prima comunione” ossia esperienza di aver portato il divino Corpo di Cristo in sé; infine, il Regard de l’Etoile, lo sguardo della stella in cui, suggestivamente, l’evocazione dell’immagine della stella di Betlemme si sovrappone all’immagine della Croce, a suggello del compimento dell’opera di Incarnazione, Morte e Risurrezione di Cristo, in Dio, nello Spirito.

  • Come consigli – soprattutto a chi ancora non conosca – di approcciarsi all’ascolto di Messiaen e dei brani che qui segnali?

Consiglio prima di tutto di leggere per dare un contesto conoscitivo al brano o all’opera che si vuole ascoltare. A chi fosse anche solo un poco in grado, suggerisco di procurarsi lo spartito e di tenerlo davanti durante l’ascolto: si riesce così meglio a seguire l’andamento della musica che evidentemente ha anche un suo andamento grafico e delle indicazioni esplicative verbali molto precise.

Consiglio quindi un accostamento per piccole dosi: non è obiettivamente facile immergersi, ad esempio, in un’opera come il Saint François d’Assise – che dura ore – senza uscirne perplessi, per non dire molto provati. Bisogna poi ascoltare e riascoltare gli stessi brani. È una musica che ha bisogno di essere ascoltata e riascoltata in maniera ripetuta per poter essere apprezzata.

Acquisita una certa consuetudine, si può tentare l’esperienza della sinestesia, anche in chi non ne sia naturalmente dotato: basta chiudere gli occhi e ascoltare, lasciando che i timbri musicali suscitino delle impressioni di colore, senza andare necessariamente alla ricerca di qualche senso narrativo o cognitivo, bensì semplicemente di suggestioni, emozioni, sentimenti, dentro sé stessi.

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Un commento

  1. Davide Baraldi 17 dicembre 2023

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