Requiem per Hans Küng

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funerale

Ci siamo riuniti per ricordare un uomo che ha creduto, sperato e amato con noi. Siamo venuti a ringraziare Dio, le sue sorelle, tutta la sua famiglia, il suo paese con lo spirito di Guglielmo Tell, che ha segnato anche lui, lui, Hans Küng, che ci ha annunciato la buona notizia di un Dio amorevole e che ha toccato il cuore di molte persone di buona volontà nel vasto mondo.

Il cammino era diventato arduo per lui. Si muoveva con cautela nell’appartamento con il suo deambulatore – sostenuto dal gentile aiuto polacco e da tutti coloro che gli sono stati accanto soprattutto nell’ultima fase della sua vita. Ho sentito la sua energia interiore fino alla fine, anche quando gli è venuta meno la parola.

Ora Hans Küng ha raggiunto la meta del suo desiderio interiore, di quella profondità con cui ha concluso il semestre estivo del 1963, il mio primo semestre con lui – per questo aveva scelto le parole dell’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani alla fine del capitolo 11, che ora ascoltiamo:

«O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen» (Rm 11,33-36).

1963

Sì, in quel semestre estivo del 1963 ho incontrato per la prima volta il giovane professore nell’aula 9 dell’Università di Tubinga. Ero curioso, perché alcuni mi avevano messo in guardia su di lui: «Vedrai, distruggerà la tua fede». Sì, l’ha fatto distruggendo la mia fede di allora, quella della Chiesa come una meravigliosa, eterna istituzione con a capo un papa infallibile, senza difetti circondato da un’aura di splendore e gloria.

La Chiesa che come studente del Germanicum a Roma aveva fatto ancora in tempo a conoscere di persona. Era così che aveva vissuto come germanico a Roma – all’inizio.

Poi ho imparato da lui che la Chiesa è in divenire, si è sviluppata, e che è anche andata fuori strada, a volte terribilmente fuori strada. Soprattutto ho imparato cosa vuole essere la Chiesa nello spirito del Nuovo Testamento: una comunità mondiale di donne e uomini che ascoltano la parola di Gesù, quel meraviglioso uomo di Galilea, che ponderano la Parola per il loro tempo, che celebrano il banchetto che ci unisce più profondamente con Gesù e tra di loro – proprio come Hans Küng negli anni lo ha celebrato con la comuniità, domenica dopo domenica, qui a questo altare o anche con noi studenti qui accanto nel Wilhelmstift.

Il suo modo di pregare era molto profondo. Ho imparato che questa comunità è chiamata a difendere la giustizia e l’umanità nel mondo di oggi – unita in fratellanza con le altre confessioni. Ho imparato che questa comunità della Chiesa è fatta di peccatori, di persone che hanno difetti e commettono errori – come tutti noi, per cui siamo responsabili e chiedere perdono.

Per questo la Chiesa deve sempre ricordare le sue origini, riformarsi di continuo, perché non è immune dalla tentazione di esercitare il potere, di diventare un sistema disumano che sorveglia solo l’osservanza di regole auto-costruite e pronta a escludere coloro che vanno per altri sentieri. Lo sperimentiamo continuamente – nella Chiesa come nella società, negli altri e in noi stessi.

Così quel semestre estivo del 1963 ha lasciato in me il suo segno. Hans Küng era appena tornato dalla prima fase del concilio Vaticano II a Roma. Con Karl Rahner, Yves Congar e Joseph Ratzinger, di cui oggi ricorre il compleanno, era stato consigliere dei vescovi. “Aggiornamento” era il motto del buon papa Giovanni XXIII.

Tradotto in tedesco con Verheutigung – una parola che non suona tanto bene nella nostra lingua, non è bella. Aggiornamento – suona come Mozart, che Hans Küng amava tanto quanto Karl Barth sul quale ha scritto la sua tesi di laurea. Il secondo movimento del Concerto per clarinetto di Mozart confortò Küng nella sua solitudine di studente a Parigi.

Quando sento questo movimento – una mia compagna di studi disse una volta «bello da morire» – penso sempre a Hans. Siccome sapeva che anch’io amavo molto Mozart, mi fece suonare un pezzo per pianoforte di Mozart durante una festa di compleanno a casa sua.

Mozart – questa forza evolutiva! Non dice: è sempre stato così – no: può anche diventare qualcosa di completamente diverso. Rimanere inchiodati nell’esistente è una tentazione. Per questo preghiamo nel Padre nostro latinoamericano: no nos dejes caer en la tentación – non lasciarci cadere nella tentazione. Chi non ha mai la tentazione di dire: Oh, questo è troppo stupido per me ora, non cambierà mai – oppure lei, la Chiesa!

1966

Penso a un’indimenticabile sera d’estate del 1966, di ritorno da un semestre a Bonn, dove tra l’altro avevo sentito per la prima volta il compagno d’armi ecumenico di Küng, Jürgen Moltmann. Ero pieno della dottrina paolina della giustificazione, che avevo imparato attraverso la teologia protestante. Ora sapevo: «Non devo giustificarmi davanti a Dio attraverso le mie prestazioni, le mie azioni, no: mi è permesso essere come sono e sentirmi incoraggiato a realizzare questo amore di Dio attraverso la mia vita».

Dare corpo a Dio attraverso la mia vita, non più come condizione ma come conseguenza. Quella sera ho suonato il campanello di Hans Küng, che allora viveva ancora nella Gartenstrasse, e gliene ho parlato. Ho detto, mentre ci separavamo davanti la porta, «in realtà, mi chiedo se non sono diventato un evangelico ora e dovrei convertirmi».

Lui mi rispose: «allora non sei a casa nella Chiesa protestante, né in quella cattolica. Rimani nella barca e fai in modo che la rotta cambi, l’una verso l’altra». Questo è quello che ha fatto lui stesso. Non ha abbandonato la barca per dare buoni consigli da fuori, è rimasto e ha combattuto all’interno. Anche quando venne quel «giorno nero come la pece» (secondo Karl Lehmann) e il sistema gli ritirò il permesso di insegnare.

Perché Küng aveva scosso un’infallibilità erroneamente intesa del papa. Era il sistema? Erano le persone? Erano persone intrappolate nel sistema? Ecco perché il titolo del primo libro di memorie di Küng è importante per me: Libertà combattuta. Ci è data la libertà dei figli di Dio, che ci invita a sollevarci ovunque questa libertà sia minacciata, allora come oggi – nella Chiesa come nella società. In realtà, non sarebbe così difficile trovare una strada nella controversa questione sulla cosiddetta infallibilità.

Hans Küng ce lo ha mostrato più di 50 anni fa quando spiegò come va interpretato oggi questo controverso Concilio, il Vaticano I, durante il quale l’allora vescovo di Rottenburg, Hefele, se ne andò per protesta prima del voto.

Infallibilità non significa, così Küng, mancanza di errori, ma certezza e può essere intesa in questo modo: nella misura in cui la Chiesa rimane sotto la parola di Dio, può essere certa di non andare radicalmente fuori strada; questo è poi espresso dal papa come portavoce di tutta la Chiesa e simbolo di unità.

Per questo è importante anche il titolo del secondo volume di memorie di Küng: Verità contestate, dove già allora riassumeva per noi studenti: «non siamo noi ad avere la verità, ma la verità ad avere noi» – e allora possiamo partire insieme alla ricerca, e farlo come titola il terzo volume: Umanità vissuta.

1979

Siamo rimasti feriti dalla revoca del suo permesso di docenza nel 1979. Avevamo raccolto delle firme e implorato il nostro vescovo di allora Moser di rimanere saldo a Roma. Le cose sono andate in maniera diversa.

Cosa ha fatto Hans Küng? Nella forza di Gesù ha allargato il suo orizzonte, e il Land e l’Università lo hanno sostenuto nell’impegno per una comprensione delle religioni mondiali e nella creazione di un’etica globale della pace – per la quale molte persone nel vasto mondo gli sono grate. Umanità vissuta.

L’ho sperimentato anch’io quando ero parroco nella cattedrale argentina di Añatuya negli anni ’90. Avevo un vicario argentino e un giorno ho avuto una conversazione con lui su Martin Lutero. Ho cercato di spiegargli cosa fosse Lutero. Al che lui rispose: «eretico!». Poi gli ho raccontato le principali preoccupazioni della teologia di Hans Küng. Al che lui rispose: «eretico!».

Poi ho detto: «E io?». Era silenzioso, ma la sua espressione mi diceva: «anche eretico!». Oggi siamo amici. L’umanità che abbiamo vissuto ci ha avvicinato. Uno dei miei studenti dell’allora seminario di Santiago del Estero mi ha scritto recentemente – dopo più di 30 anni: «Ti sono molto grato per avermi insegnato la teologia di Hans Küng in quel periodo». Umanità vissuta.

2020

È stata importante per me quando mi è venuta in mente un’idea mentre stiravo una camicia il 4 agosto dell’anno scorso, il giorno del Curato d’Ars. Dopo tutto, il Curato d’Ars è l’unico patrono di noi preti.

Questo dimostra quanto sia difficile per noi sacerdoti diventare santi! Ho chiesto a Walter Kasper via email di chiedere al papa o al Vaticano un segno di speranza, soprattutto perché la salute di Hans Küng stava peggiorando sempre più. Nessuno, nemmeno Hans, me l’aveva chiesto. È semplicemente arrivato. Speravo che i vertici della Chiesa potessero fare un passo verso Küng e chiarire finalmente ciò che doveva essere chiarito.

Walter Kasper ha telefonato immediatamente al papa. Quando papa Francesco reagito prontamente con un abbraccio fraterno «nella comunione cristiana», l’ho capito bene, perché da mezzo argentino conosco la mentalità del papa argentino: umanità vissuta, ma nessuna appropriazione, nessuna cancellazione del problema, nessuna banalizzazione, ma la disponibilità a fare un cammino insieme.

Ma il tedesco che è in me vuole ancora il passo concreto di Roma. Lo sto ancora aspettando – insieme a molti altri. Nel 1969, alla vigilia della mia prima messa nella mia parrocchia natale di Waiblingen, Hans Küng predicò in una celebrazione ecumenica e parlò a favore del sacerdozio comune di tutti i credenti. L’avevo invitato e lui aveva subito accettato. Una serata commovente! Fu ugualmente toccante quando, dopo la revoca del suo permesso di docenza, accettò il mio invito di venire a Böblingen, dove ero parroco, per celebrare l’eucaristia e parlare con me.

Anke, che era una chierichetta a quel tempo, è andata presso il Signore lo stesso giorno di Hans Küng – 6 ore prima di lui, vinta da un tumore. Si è lasciata toccare dalla causa di Gesù nella parrocchia in quei tempi, nello stesso modo in cui Hans Küng ha toccato noi giovani studenti – per me un invito a tutti noi a rimanere in conversazione con i nostri giovani oggi sulla causa di Gesù. «La causa di Gesù ha bisogno di appassionati», amavamo cantare.

2021

Durante la mia ultima visita il mercoledì prima del Giovedì Santo, il Giovedì Supremo come dicono gli svizzeri, era importante per me condividere il pane eucaristico con Hans – anche in ricordo della mia prima messa e delle celebrazioni eucaristiche che abbiamo fatto insieme.

Riusciva a dire solo mezze frasi, ma quando ho iniziato il Padre nostro ha pregato forte e chiaro dalla prima all’ultima parola. Lo stesso è successo durante la benedizione con la poesia di Bonhoeffer Potenze benigne – con la croce sulla fronte, gesto con il quale mi congedavo ogni volta negli ultimi tempi.

Venerdì scorso era l’anniversario di Dietrich Bonhoeffer. E così, care sorelle e fratelli, per dirla con la breve formula di fede di Hans Küng, nella sequela di Gesù Cristo possiamo «vivere, agire, soffrire e morire in modo veramente umano nel mondo di oggi: nella felicità e nella sventura, nella vita e nella morte portati da Dio, e di soccorso agli uomini e alle donne».

Il suo sguardo, seduto alla scrivania, attraverso la finestra, gettato nella vastità è indimenticabile per me. Auguro a tutti noi questo sguardo ampio, soprattutto nella nostra situazione di tensione nella Chiesa e nella società.

Auguro a tutti noi gratitudine per il lavoro di Hans Küng, per la sua fede, la sua fiducia in Dio. Una delle sue frasi più importanti per me, con la quale ho potuto accompagnare molte persone, è quella giusta per la fine: «L’amore di Dio non protegge da ogni sofferenza, ma protegge in ogni sofferenza».

Lo auguro a tutti noi. Grazie, caro Hans! Quando, dopo i discorsi commemorativi, suonerò all’organo Nun danket alle Gott, tutti dovrebbero cantare con slancio. Questo era il desiderio di Hans Küng. La sua fiducia in Dio dovrebbe essere espressa ancora una volta.

Questo per noi qui riuniti non è possibile (date le regole per la pandemia), ma chiedo a tutti coloro che stanno seguendo questa celebrazione in streaming di farlo.

Nella prima strofa, vorrei ricordare la madre di Hans Küng: anche lei è andata davanti al Signore come lui il 6 aprile – 33 anni prima di lui. Dopo la prima strofa, il parroco accompagnerà la bara fuori. Alle 3 del pomeriggio lo seppelliremo nel vecchio cimitero della città.

Hans Küng guarda ora a ciò che ha creduto e ci invita a confessare: «Io so che il mio Redentore vive». Restiamo uniti nell’amore di Dio!

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5 Commenti

  1. Arianna 15 giugno 2021
  2. Giovanni Ruggeri 28 aprile 2021
  3. Francesco Strazzari 27 aprile 2021
  4. Turani Giuseppe 27 aprile 2021
  5. Antonino Villani Conti 26 aprile 2021

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