Romano Scalfi: memoria di un testimone

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Romano Scalfi

P. Romano Scalfi (1923 – 2016)

È morto a Seriate (Bergamo) il 25 dicembre, a 93 anni, p. Romano Scalfi. Il suo nome forse non significherà molto per i lettori più giovani, ma in realtà è stato un protagonista della riscoperta dell’Oriente cristiano, in particolare russo. Quando ha compiuto i 90 anni, ha scritto in dialetto trentino una piccola poesia: «Ma ades che so rivà qusi sun zima / me volto en dre e vedo i pas che ho fat / la strada l’era propri su misura /no ghera scortoi, sol che caminar» (Ma adesso che sono arrivato quasi in cima, mi volto indietro e vedo i passi che ho fatto; la strada era proprio su misura, non c’erano scorciatoie, bastava camminare). Esprime bene la tenacia e la fedeltà ad un compito che avvertiva come missione: quella di sostenere la fede nell’Unione Sovietica e di trasmettere la ricchezza della tradizione orientale sulle nostre sponde.

Conquistare la Russia

A lui hanno fatto capo una fondazione (Russia cristiana), una biblioteca specializzata di 27.000 volumi, una rivisita (prima Russia cristiana, poi La nuova Europa), una casa editrice (La casa di Matriona), un coro, una scuola iconografica, un centro culturale a Mosca (Biblioteca dello Spirito).

Riconquistare la Russia, anche per obbedienza alla profezia di Fatima: questo il compito del giovane Romano che, diventato prete a Tento nel 1948 (era nato a Tione nel 1923), entra all’istituto Russicum a Roma, dove si avvia alla conoscenza della lingua e della tradizione religiosa russa. Si laurea in scienze sociali e successivamente è attivo a Bologna, a Trento e, in via definitiva, a Milano. Sono anni segnati dalla passione per la cristianità russa, sottoposta a persecuzioni inaudite. Una quindicina di suoi compagni al Russicum spariscono nel paese dove si erano clandestinamente introdotti. Per lui non c’è possibilità di entrare. Così agisce in Occidente a loro favore e avviando un esperimento di vita comune (Pietro Modesto, Adolfo Asnaghi, Armando Bisesti, Nilo Cadonna, Enrico Galbiati). L’approccio intellettuale era accompagnato dalla cura per la divina liturgia.

Cominciano nel 1957 alcune “scorribande” in Russia, dove introduce il Nuovo Testamento e prende contatti clandestini con figure con cui manterrà relazioni nel tempo. La possibilità di entrare in Russia si interrompe nel 1970. È dichiarato «persona non gradita». La prima stagione si chiude per il venir meno di alcune presenze, difficoltà pratiche legate al lascito di villa Ambieri e vicende non del tutto chiarite come quella che ha interessato p. Piero Modesto.

Nel frattempo, mentre esplode il ’68 e si amplifica la forza culturale dell’ideologia marxista in Occidente e in Italia, si avvicina a Comunione e Liberazione, trovandovi collaboratori ed eredi del suo lavoro. Continua il rapporto con l’URSS e inizia a far girare in Occidente la letteratura clandestina di samizdat, quasi un migliaio di manoscritti o dattiloscritti che testimoniano una ricerca spirituale di altissima qualità, legata alla tradizione di Dostoevskij, Soloviev e Berdjaev. Sviluppa più la radice letteraria-spirituale che quella teologica, come avviene, per esempio all’istituto San Sergio di Parigi.

Matura un approccio critico all’Ostpolitik vaticana e verso le forme istituzionali del dialoghi ecumenici con l’Ortodossia. Irritando la Chiesa locale che non prevedeva – come invece succedeva sul versante cattolico nei paesi comunisti – una Chiesa sotterranea e parallela a quella ufficiale. Una distanza critica che non impedisce l’accesso ai valori umanistici e spirituali dell’anima russa. Speculare a Russia cristiana cresce l’opera di don Francesco Ricci (anche lui legato a CL) con il Centro studi Europa Orientale e la rivista CSEO.

Ideologia dopo ideologia

Dopo la caduta dei regimi comunisti nei paesi satelliti e in URSS, non ritrova un panorama più favorevole alla fede, ma il nichilismo occidentale e la riproposta della tradizione ufficiale dell’Ortodossia russa. Sono i suoi eredi a introdursi meglio nel percorso ecumenico e nell’ambiente post-comunista. Per lui rimane il sospetto verso le forme politiche post-ideologiche e verso le posizioni liberali dell’Unione Europea. Rimane lo spazio di alimentazione delle reciproche tradizioni spirituali di cui è emblema la Biblioteca dello Spirito. Essa conta quasi un centinaio di volumi, di autori cattolici e ortodossi.

In una delle sue ultime interviste così parla della Russia: «Oggi è l’ora del nazionalismo, un sentimento che in Russia ha radici anteriori al marxismo e più profonde». «Mi sembra di vedere la religione utilizzata in chiave nazionalista». Si può temere la Russia? «Direi di sì» (Avvenire, 7 ottobre 2014).

Mentre molti altri centri in Europa e da noi hanno chiuso i battenti (da Foyer oriental chrétien di Bruxelles a Foyer Saint Georges di Meudon e al Foyer Deux Ours, ambedue in Francia), la continuità e i cambiamenti di prospettiva di Russia cristiana vanno apprezzati. Essi sono sostanzialmente rimasti sul versante letterario spirituale così come p. Romano li aveva indirizzati. Il dialogo propriamente teologico e la crescente influenza orientale nel pensiero ecclesiale d’Occidente sono attivi per altre vie.

Alla sua figura La nuova Europa ha dedicato un intero numero (settembre 2013) in occasione dei suoi 90 anni. Rimangono suggestivi gli imperativi che p. Scalfi ripeteva: la liberazione dagli idoli delle ideologie e l’apertura allo stupore. Come diceva san Gregorio di Nissa: «I concetti creano gli idoli, solo lo stupore afferra qualcosa».

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