I cristiani del Golfo dopo gli attentati di Bruxelles

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Nel Kuwait la popolazione non si è dimostrata molto interessata agli attentati di Bruxelles. I giornali ne hanno dato scarse notizie e senza alcun risalto. Gli Stati del Golfo hanno forse più paura degli occidentali del Daesh (Stato Islamico) anche perché alcuni l’hanno aiutato, fornito armi e appoggiato a più livelli.

In Qatar la zona delle chiese è sotto rigida sorveglianza. Gli ingressi alle chiese sono stati chiusi, eccetto quello della chiesa cattolica, attraverso il quale devono passare tutti i fedeli. Questo ingresso è severamente controllato da un metal detector, come negli aeroporti.

Per accedere con l’auto alla zona delle chiese, bisogna essere muniti di un permesso speciale riconosciuto dalla polizia. E bisogna entrare con l’auto che viene denunciata e non con una di un altro tipo, altrimenti non si entra.

L’uso del parcheggio è riservato ai soli sacerdoti; tutti i fedeli devono ora parcheggiare all’esterno, dove è stato allestito un grande parcheggio, insufficiente tuttavia per tutte le chiese. Ovviamente con grande disagio, perché i fedeli che accorrono alle chiese sono molte migliaia. Si tratta di lavoratori stranieri.

Il ribasso del costo del petrolio sta causando grosse difficoltà alle famiglie. Molti perdono il posto di lavoro e sono costretti a far ritorno ai paesi di origine, molti dei quali versano in gravi difficoltà economiche, come, ad esempio, il Nepal. È una tragedia per tante famiglie.

È in forte crescita la tendenza a diminuire la presenza degli stranieri, obbligando imprese, scuole e ospedali a impiegare gente locale, con gravi conseguenze sui servizi, che stanno conoscendo un forte peggioramento, perché la gente del luogo è abituata ad avere soldi senza lavorare.

La presenza dei cristiani – i lavoratori dell’India e delle Filippine sono in maggioranza cristiani – continua ad essere precaria. Il loro futuro è sempre più incerto.

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