Jacques Dupuis: il caso aperto

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Tra la primavera e l’autunno di quest’anno la rivista Missione Oggi dei padri Saveriani – sede di Brescia – in sinergia con la Libreria Paoline sta mettendo in scena alcune rappresentazioni teatrali raccolte nell’iniziativa denominata “Teatro dell’Anima”, tra queste “Eretici o profeti. Jacques Dupuis: il mio caso è ancora aperto”.

Il tema principale del ciclo di spettacoli allestiti nel chiostro di San Cristo a Brescia è nato dal tentativo di approfondire un interrogativo che la storia moderna e contemporanea continua a porsi: gli uomini e le donne contestati e persino portati al martirio – anche se non di sangue – da parte della Chiesa sono da considerarsi “Eretici o profeti?”.

Nella presentazione della serie degli eventi è stato sottolineato come la Chiesa, composta di santi, profeti e conservatori, spesso e forse troppo spesso, lungo la sua storia, ha scambiato i profeti per eretici. In effetti, il confine tra eresia e profezia è labile, poroso. Ci sono eretici di “troppa fede”, irrimediabilmente costretti, per lealtà, a rischiare di distruggere la religione e la stessa Chiesa rappresentata; e altri eretici, che sono fermamente convinti che lo Spirito Santo non ha terminato di parlare con l’evento Cristo, bensì continui a parlare – e abbia parlato – anche attraverso i testi di altre religioni e di altri popoli.

Perciò alcuni elementi del pensiero dei cosiddetti eretici sono stati ripresi negli spettacoli estivi di Missione Oggi. I personaggi presi in considerazione vanno da Arnaldo da Brescia a Giordano Bruno, da Savonarola ad Abelardo.

Devianza e ortodossia

Un interesse particolare è stato riservato ad un teologo del nostro tempo e alle molte questioni teologiche aperte in un’Italia e in una Europa ormai multiculturale e multireligiosa. Si tratta di Jacques Dupuis, gesuita belga, uno dei maggiori teologi del post-concilio, professore all’Università Gregoriana di Roma, finito sotto accusa da parte dall’ex Sant’Uffizio per “gravi errori, ambiguità dottrinali e opinioni pericolose”, in quanto sostenitore dell’idea che lo Spirito Santo abbia parlato negli antichi libri di altre religioni, compreso l’induismo, quindi non solo in quelli della religione cristiana.

La supposta devianza dottrinale sarebbe stata espressa in particolare nel suo libro “Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso”, pubblicato dall’Editrice Queriniana di Brescia nel gennaio del 1997. Il punto cruciale del testo pone l’articolato quesito se la salvezza di Gesù Cristo possa essere raggiungibile anche da parte dei “non cristiani”, se le altre religioni possano contenere o meno autentici valori umani e cristiani, quale significato positivo possa essere attribuito dalla teologia cristiana alle altre religioni nell’ambito del piano divino della salvezza dell’umanità.

Sono questi i temi sui quali aveva riflettuto Dupuis durante la sua lunga permanenza in India, ove trascorse 36 anni, di cui 25 insegnando cristologia a contatto con le domande sempre più critiche dei suoi studenti riguardo al significato delle tradizioni religiose degli antenati nel piano provvidenziale di Dio. Una sfida profonda per il gesuita, partito per l’India nel 1948 portando con sé, insieme alle convinzioni di fede, anche i pregiudizi della civiltà e della cultura occidentale, con la persuasione che, in quanto cristiani, siamo in possesso del monopolio della verità.

Dupuis: un uomo di fede

Nel 1984, Dupuis venne chiamato ad insegnare “Teologia e Religioni non-cristiane” all’Università Gregoriana di Roma, quindi venne nominato direttore della rivista Gregorianum  oltre che consultore del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.

Determinante per l’evoluzione del suo pensiero è stato l’insegnamento al Saint Xavier’s College di Calcutta. La stragrande maggioranza degli studenti del college non era di origine cristiana, ma provvista sia di una grande capacità intellettuale sia di un’elevata moralità ed eccellenza spirituale. Erano giovani destinati a diventare i formatori e i costruttori della Chiesa indiana, i quali rivendicavano il diritto di organizzare in autonomia e in tutta libertà la loro ricerca teologica. Il nodo fondamentale stava nel capire sino a che punto potesse spingersi il pensiero dell’inculturazione del messaggio cristiano.

Sono questi i termini di coscienza e di ricerca che rimbalzano nelle pagine della biografia di Dupuis pubblicata dall’editrice EMI con il titolo Il mio caso non è chiuso. Conversazioni con Jaques Dupuis, curato dal giornalista Gerard O’Connell. Questi ha raccolto in un volume postumo le interviste fatte al teologo negli ultimi anni della sua vita. In tali pagine egli ha sostenuto con convinzione la correttezza dottrinale delle sue ricerche e ha rimandato le critiche che gli sono state rivolte con l’accusa di negare il compimento della salvezza umana e universale nell’evento Cristo.

La sua riflessione spirituale e teologica appare suffragata da una lunga e leale esperienza di relazioni profonde con studenti e personaggi di spicco della religiosità indiana. La domanda che gli è stata ripetutamente posta è come sia possibile che la volontà salvifica originaria di Dio, necessariamente universale, sia negata a quell’umanità che non ha conosciuto o non ha aderito all’annuncio cristiano, pur vivendo profondamente valori e atteggiamenti evangelici: come non riconoscere una scintilla divina in ogni essere umano, amato dal Padre sin dalle origini?

Ratzinger e il gesuita

Dupuis non ha mai messo in discussione l’evento salvifico unico e universale della fede cristiana, ossia l’incarnazione, la morte e la risurrezione di Cristo. Riconosce però che il bene che si trova anche al di fuori della Chiesa “sia opera dello Spirito di Dio”. Il cardinale Joseph Ratzinger, allora a capo della Congregazione per la ottrina della fede, supportato da altri membri e consulenti della stessa Congregazione vaticana, ha perciò continuato a ritenere ambiguo quanto affermato e scritto da Dupuis.

Il teologo, già in tarda età e ammalato, non ha voluto sottomettersi a un giudizio ritenuto ingiusto, peraltro presentatogli per vie indirette. Le varie “Notificazioni” nei confronti di Dupuis, trasmesse dalla Congregazione ai vari superiori dei gesuiti o al rettore della Gregoriana, sono state da lui vissute come una malcelata volontà di sottrarsi al confronto aperto e leale.

Va anche detto che gli stessi gesuiti, pur avendo fatto vari tentativi di difesa della buona fede del confratello, non hanno avuto la forza di sostenerlo fino in fondo. Singolare è la mancata risposta a uno scritto redatto a propria difesa e fatto recapitare alla sacra Congregazione per la dottrina della fede. Fu ritenuto troppo lungo e si richiese che l’autore riassumesse in poche righe la risposta alle “ambiguità” contestategli.

Traccia di questa esigenza traspare in tutti i paragrafi della Dichiarazione Dominus Iesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa del 6 agosto 2000, pubblicata a firma del card. Joseph Ratzinger Prefetto e del card. Tarcisio Bertone S.D.B Segretario. In particolare, è da notare il richiamo espresso al cap. 12: “C’è anche chi prospetta l’ipotesi di un’economia dello Spirito Santo con un carattere più universale di quella del Verbo incarnato, crocifisso e risorto. Anche questa affermazione è contraria alla fede cattolica, che, invece, considera l’incarnazione salvifica del Verbo come evento trinitario. Nel Nuovo Testamento il mistero di Gesù, Verbo incarnato, costituisce il luogo della presenza dello Spirito Santo e il principio della sua effusione all’umanità non solo nei tempi messianici (cf. At 2,32-36; Gv 7,39; 20,22; 1 Cor 15,45), ma anche in quelli antecedenti alla sua venuta nella storia (cf. 1 Cor 10,4; 1 Pt 1,10-12)”.

Queste parole non appaiono centrare il caso di Jacques Dupuis, a ben leggere i suoi testi.

Dimesso

Il 2 ottobre 1999, a due anni dalla pubblicazione del suo discusso libro, padre Jacques Dupuis venne sollevato, su ordine della Congregazione per la dottrina della fede, ancora presieduta dal card. Ratzinger, dalla docenza presso l’Università Gregoriana di Roma, ove insegnava da 19 anni. Nel 2002, lo stesso cardinale chiese che il gesuita belga fosse esautorato dalla direzione della rivista teologica Gregorianum che dirigeva da 15 anni e sollecitò il Preposito Generale della Compagnia di Gesù – padre Peter Hans Kolvenbach – di togliergli la libertà di parola e di ridurlo al silenzio delle comunicazioni orali e scritte.

Jaques Dupuis morì a Roma il 28 dicembre del 2004 senza che la sua posizione teologica sia mai stata chiarita. Non c’è stata alcuna condanna formale di eresia e non c’è stata alcuna riabilitazione.

Messa in scena

La pièce teatrale, costruita sull’esperienza dolorosa di un teologo aperto al futuro e ai problemi connessi alla pluralità religiosa dell’umanità, è stata allestita in forma dialogica a due voci. Le domande e le risposte si rincorrono. Come poteva il papa emerito comprendere le ragioni del pensiero di Dupuis? Come coniugare l’idea della extra ecclesiam nulla salus con il dialogo tra le religioni?  Come intendere la chiamata alla salvezza di tutta l’umanità – e persino di tutto il creato – senza riconoscere appieno la presenza dell’azione di Dio anche al di fuori della Chiesa cattolica?

Solo in seguito – molto recentemente – sono giunti gli incontri di papa Francesco con il gran Mufti di Al Azhar e di Ur dei Caldei e con le componenti sunnite e sciite dell’islam, la ricerca della comprensione e della pace tra le religioni senza offrire alcuna legittimità alle violenze fondamentaliste. Questi sono oggi “segni dei tempi” imprescindibili per le tappe fondamentali all’orizzonte di un futuro in cui i desideri di Dio per l’umanità possano effettivamente realizzarsi.

Pertanto, il titolo apposto alla drammatica rappresentazione teatrale preferisce offrire un annuncio positivo: Il caso è ancora aperto.

Eretici o profeti? Jacques Dupuis: il mio caso è ancora aperto è uno spettacolo teatrale di Giuseppe Marchetti liberamente ispirato al volume di G. O’Connell Il mio caso non è chiuso. Conversazioni con Jacques Dupuis, con Gabriele Reboni e Luciano Bertoli, Maurizio Pasetti e Marta Favaro; introduzione di Laura Novati.

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2 Commenti

  1. Giovanni Ruggeri 21 settembre 2021
  2. Erminio Lora 21 settembre 2021

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