L’opinione pubblica italiana e l’islam

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Uomini davanti a una moschea a Colombo, Sri Lanka

Gli ultimi sanguinosi attentati contro le chiese cristiane, nello Sri Lanka, hanno dato luogo, su una parte della stampa e sui social, a una ridda di commenti aspramente ostili sia nei confronti dell’islam che di quanti, in Occidente, hanno nei suoi riguardi un atteggiamento dialogico.

Un bell’esempio lo troviamo sul quotidiano Libero del 23 aprile, in un pezzo firmato dal direttore, Vittorio Feltri: «Il pensiero unico progressista è che i figli di Allah spesso non sono figli di puttana, bensì bravi ragazzi fedeli di una religione nobile che hanno varie ragioni per odiare noi che non adoriamo il loro Dio». Da qui una conseguenza sconsolante per un onesto giornalista: «Guai a fare un titolo che definisca bastardi gli attentatori».

Vari esempi di giornalismo tollerante

Su questo veramente i fatti sembrano contraddire il brillante opinionista. Perché proprio il suo giornale, quando ne era direttore Maurizio Belpietro (ora alla guida di un altro foglio della medesima linea, La Verità), all’indomani dell’attentato di Parigi del novembre 2015, uscì con il titolo, a caratteri di scatola, «Bastardi islamici» e, accusato di «offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone», è stato poi assolto con formula piena dal Tribunale di Milano.

Così come era stato già assolto qualche tempo prima, anche questa volta perché «il fatto non sussiste», per aver pubblicato una foto dell’attacco terroristico al giornale parigino Charlie Hebdo il 7 gennaio 2015, titolando: «Questo è l’islam». Magari sarà perché i giudici che hanno emesso quelle sentenze non aderiscono compitamente a quel «pensiero unico» secondo cui «i figli di Allah spesso non sono figli di puttana», ma da esse non traspare proprio quel filo-islamismo cieco che Feltri denunzia a gran voce.

Anche se, con franchezza, mi chiedo come avrebbe reagito la mia sensibilità di cristiano se, sotto le foto dell’attentato del 15 marzo scorso contro due moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda, dove sono morti 50 fedeli islamici e altri 50 sono stati feriti, un quotidiano avesse apposto il titolo: «Questo è il cristianesimo». Oppure: «Bastardi cristiani».

Una distinzione dentro l’islam

Certo, questo suppone si possa far distinzione tra quei seguaci dell’islam che interpretano la loro fede in modo compatibile col dialogo tra diverse religioni, escludendo il ricorso alla violenza fisica o verbale, e quelli che invece possiamo definire, con una formula un po’ sbrigativa ma abbastanza fedele, “fanatici”.

Che ce ne siano della prima categoria, e ai massimi vertici della gerarchia religiosa musulmana, lo dicono le reazioni agli attentati dello Sri Lanka. Su di essi si è chiaramente pronunziato il Consiglio dei saggi musulmani, sotto la presidenza del Grande Imam di al-Azhar Ahmed El-Tayyeb.

«Il Consiglio – si legge in un comunicato – denuncia con forza attacchi così spregevoli che vanno contro gli insegnamenti di tutte le religioni e credi, nonché contro tutte le leggi e norme sociali internazionali». Il Consiglio sottolinea inoltre «l’urgente necessità di intensificare gli sforzi internazionali per contrastare tutte le forme di terrorismo. Gli attacchi contro civili innocenti che celebrano una festività religiosa – si legge nel comunicato – dimostrano che le persone che hanno compiuto questi attacchi non sono altro che vigliacchi disumani».

Alla strage di Colombo il Grande Imam di al-Azhar dedica anche un tweet personale: «Non posso immaginare che un essere umano possa prendere di mira persone innocenti nel giorno della loro celebrazione. Queste perverse azioni terroristiche vanno contro gli insegnamenti di ogni religione».

Anche a livello locale, i massimi leader musulmani dello Sri Lanka si sono pronunziati senza alcuna sfumatura di ambiguità: «A nome della comunità musulmana dello Sri Lanka, offriamo le nostre condoglianze al popolo della fede cristiana e estendiamo le nostre mani in segno di amicizia in solidarietà».

A questa solidarietà ha fatto riscontro una precisa richiesta: «Esortiamo il governo a fornire sicurezza a tutti i siti religiosi e a dare la massima punizione a tutti coloro che sono coinvolti in questi atti ignobili», ha detto Jamiyyathuul Ulama, leader dei teologi musulmani di tutto il Paese.

Fanatici e traditori

Tutti figli di p…, tutti bastardi, travestiti da brave persone per ingannare l’opinione pubblica mondiale?

A smentire questa ipotesi – peraltro già in sé piuttosto avventurosa – stanno ancora una volta i fatti. Raramente ci si rende conto che il bersaglio delle più efferate violenze compiute dagli islamici fondamentalisti non sono rivolte contro i cristiani, ma contro i loro correligionari illuminati e impegnati a sviluppare un dialogo con le altre religioni, prima fra tutte il cristianesimo.

La logica è semplice ed è esattamene la stessa che porta personaggi come Feltri, o Belpietro, o Sallusti, a inveire, prima ancora che contro i musulmani, contro i non-musulmani che dialogano con loro. Per il fanatico, nulla vi è di più esasperante di un atteggiamento che ai suoi occhi appare un tradimento, le cui ragioni non possono che essere le più ignobili.

Lo scontro tra civiltà e inciviltà

Così, è certamente una tragedia immane che solo nel 2018 – secondo un rapporto di World Watch List – ben 4.305 cristiani siano stati uccisi per la loro fede. Ma le cronache delle violenze intestine diffuse in tutto il mondo islamico fa sospettare che ancora di più siano i seguaci moderati dell’islam uccisi dagli estremisti.

Il che, ovviamente, non attenua, anzi ingigantisce la tragedia, ma la situa nella sua reale prospettiva, che non è quella dello «scontro di civiltà» di cui parlava Huntington, ma della sfida all’ultimo sangue tra civiltà e inciviltà, trasversale a tutte le religioni – ci sono fondamentalisti ebrei, indù, cristiani – e che si sta svolgendo anche all’interno dello stesso cattolicesimo tra una linea aperta al confronto e all’incontro, pur senza edulcorare le diversità, e chi invece accusa la Chiesa attuale, primo fra tutti papa Francesco, di colpevoli silenzi.

I presunti silenzi della Chiesa

È la denunzia del noto politologo americano Edward Luttwak, intervistato a La Zanzara, su Radio 24: «Il papa fa grandi dichiarazioni quando chiunque viene ucciso ma sui cristiani sta zitto».

La realtà, veramente, è un’altra. Il giorno di Pasqua, nel messaggio Urbi et orbi, Francesco ha parlato con chiarezza: «Desidero manifestare la mia affettuosa vicinanza alla comunità cristiana, colpita mentre era raccolta in preghiera, e a tutte le vittime di così crudele violenza».

E lo ha fatto di nuovo lunedì, all’Angelus, quando, tra l’altro ha detto: «Prego per le numerosissime vittime e per i feriti. Chiedo a tutti di non esitare a dare l’aiuto necessario. Auspico che tutti condannino questi atti terroristici, atti disumani, mai giustificabili».

E più tardi, sempre lunedì, in un tweet: «Uniamoci anche oggi in preghiera con la comunità cristiana dello Sri Lanka colpita da una violenza cieca nel giorno di Pasqua. Affidiamo al Signore risorto le vittime, i feriti e la sofferenza di tutti».

Gli hanno rinfacciato che il tweet sia stato postato solo il giorno dopo (ma si era già espresso a voce!), con qualche ora di ritardo rispetto a quello in occasione dell’incendio di Notre Dame. Sarà vero, ma non mi sembra ci sano gli estremi per i toni esasperati di certa stampa e certi ambienti “cattolici”…

Amici e nemici

Ma forse la vera ragione è un’altra e viene evidenziata in una critica che si trova raccolta, insieme a quella di filo-islamismo, nel sito «Dagospia»: «Il papa dedica la via crucis ai migranti, ma abbandona i cristiani perseguitati nei paesi musulmani».

Già. I migranti. Tutta la politica dei “porti chiusi” si regge su una logica che divide il mondo in “amici” – gli italiani, i turisti stranieri ricchi (nessuno respinto alle frontiere…) – e “nemici” (i migranti poveri, ricondotti acriticamente alla categoria dell’islam, anche se in realtà molti sono cristiani come noi). Rientra in questo quadro manicheo l’accusa fatta da Feltri nel suo articolo a tutti i critici della linea del nostro attuale governo: «Non hanno neanche il coraggio di ammettere che il monopolio del terrorismo ce l’hanno i cannibali dell’islam».

Se loro e solo loro sono una minaccia per il cristianesimo, va bene la visione seguita, rigorosamente in nome del vangelo, dal nostro ministro degli Interni e profeticamente anticipata da Feltri in un suo articolo di tre anni fa: «Cerchiamo almeno di rendere la vita dura agli invasori, così come fecero gli antichi romani. I quali (…) combattevano con tutte le forze allo scopo di non farsi dominare dagli stranieri incivili» (Libero, 20 maggio 2016).

Se invece la minaccia – per il cristianesimo come per l’islam – sono i fanatici che vogliono a tutti costi lo scontro, falsando lo spirito delle loro rispettive religioni, la vera risposta è quella che ha dato l’imam dei musulmani sufi che, a Colombo, ha invitato i cristiani, rimasti esclusi dalle loro chiese, a venire a pregare nella sua moschea.

Questo “Chiaroscuro” di Giuseppe Savagnone, pubblicato il 27 aprile 2019, apre un dibattito sul sito www.tuttavia.eu a proposito dell’islam e il suo rapporto con le altre religioni, la democrazia e la violenza, e segna la posizione della Redazione del sito ufficiale della Pastorale della cultura della arcidiocesi di Palermo all’interno di questo dibattito.

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Un commento

  1. giavini giovanni 30 aprile 2019

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