Pasqua e islam

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Ricevere gli auguri a Natale da un Centro islamico è usuale, poiché anche il Corano considera Gesù grande, tra i maggiori profeti, sia pure non Dio come crediamo noi cristiani. Ma vedersi arrivare un augurio per le feste pasquali, sorprende e non è la prima volta che capita, sia da un leader musulmano locale che da un Istituto nazionale. Quest’anno il saluto suonava: “Tantissimi auguri di Buona Pasqua. Con la rinnovata speranza nella risurrezione dell’umanità camminando insieme come sorelle e fratelli verso il Misericordioso”.

È noto che i musulmani affermano che Gesù non fu affatto ucciso sul Calvario e quindi non ci sarebbero né un sacrificio d’amore né una risurrezione da celebrare. Effettivamente, essi partono da un concetto spesso ripetuto anche nell’Antico Testamento e cioè che il profeta inviato da Dio gode la sua protezione e quindi gli angeli lo proteggono e i malvagi non possono trionfare su di lui. Se ci fu a Gerusalemme una crocefissione verso l’anno 33 dell’era cristiana non riguardava il Gesù di Nazareth, ma una persona che gli assomigliava, che forse apparteneva alla stessa cerchia religiosa… e un film iraniano prospetta che fosse lo stesso Giuda Iscariota, il quale, scosso dal rimorso per il suo tradimento, tanto si concentrò col pensiero su Gesù da assumerne le fattezze, così che i capi farisei catturarono lui pensando di arrestare e uccidere Gesù.

Questi, secondo una tradizione sarebbe fuggito invece verso il Kashmir, come si afferma in quella regione. Del resto, secondo una tradizione induista – che dicono fondata su antichi testi in lingua pali, stando a un libro pubblicato nel 2009 – egli vi sarebbe stato da giovane e là avrebbe appreso i principi della non-violenza. Poi Gesù sarebbe stato assunto in cielo presso Allah;  ma la gran maggioranza anche  dei musulmani ritiene che Gesù sia salito al cielo senza passare affatto in India.

Quando prendiamo in mano, ad esempio, il Lessico del dialogo pubblicato da Herder in Germania nel 2013 con centinaia di voci religiose analizzate in parallelo da teologi cristiani e musulmani, ai termini “ultima cena, crocifissione, risurrezione” troviamo soltanto un commento da parte cristiana, ma silenzio dall’altra parte. Eppure, l’argomento non si esaurisce nelle narrazioni sopra accennate.

Ne è indice anche la storia di un noto mistico musulmano, Husayn ibn Mansur al-Halaj, nato in Iran verso l‘anno 858, propugnatore di un amore universale che comprendeva tutte le religioni, ucciso a Baghdad nel 919 per le sue posizioni “mistiche”: fu crocifisso! Almeno implicitamente si riconosceva che il rapporto con i cristiani si manifesta attraverso la croce di Cristo.

Riflessi di un messaggio a valenza universale

Se analizziamo il Corano – che parla di Gesù, chiamato Isàh, in 25 testi per un totale di 94 versetti – vediamo che egli è presentato come figlio di Maria, creato direttamente da Dio come Adamo, uno dei grandi profeti, definito Messia, servitore di Allah, per grazia dello Spirito di Santità (Ruh al-Kudus), capace di dare vita a uccellini fatti di argilla, la vista a uno nato cieco, la guarigione a un lebbroso; è messaggero di Allah per annunciare un Messaggero che sarebbe venuto dopo di lui. Si nega esplicitamente che egli sia Dio.

Nella quinta sura Gesù ottiene che, come segno in suo favore, Dio faccia scendere dal cielo per i discepoli una “tavola imbandita… affinché i nostri cuori siano rasserenati… affinché sia festa per tutti noi, per il primo come per l’ultimo” (5, 112-115). E’ possibile al riguardo fare accostamenti ai racconti evangelici sia della moltiplicazione dei pani sia all’ultima cena nel Cenacolo? Gli esperti affermano che vi sarebbe qui un’eco del discorso di Gesù sul pane di vita del capitolo VI del Vangelo di Giovanni.

Riguardo al passaggio di Gesù dalla vita terrena a quella del cielo (che ci interessa in questo contesto pasquale),  il Corano ha un riferimento indiretto sempre nella quinta sura, nel contesto dei poteri concessigli da Dio: “O Gesù figlio di Maria, ricorda la mia grazia su di te e verso tua madre e quando ti confermai con lo Spirito di Santità… Guaristi col mio augurio il cieco nato e il lebbroso. E col mio augurio riportasti alla vita il morto.  Quando ti protessi dai Figli d’Israele allorché arrivasti con le prove, quelli di loro che non credevano, dissero: ’Questa è chiara magia” (verso 110).

Più esplicito invece è il riferimento nella sura precedente dove si parla ancora di quegli Ebrei che non credettero a Gesù messaggero di Dio e anzi rattristarono sua madre dichiarando che lo avevano crocefisso: “Dissero contro Maria calunnia orrenda dichiarando ‘Abbiamo ucciso il Cristo Gesù figlio di Maria, il Messaggero di Dio’.  Invece non lo uccisero né lo crocifissero, ma così parve loro. Coloro che sono discordanti a questo proposito, restano nel dubbio non hanno scienza alcuna e non seguono altro che una congettura.

Perché per certo non lo uccisero, ma Dio lo innanzò fino a sé. “Dio è eccelso e saggio” (4, versetti 156-159). Nella terza sura vi è un’altra espressione breve, ma altrettanto eloquente: “O Gesù, [disse Dio], ti porrò un termine e ti eleverò a me e ti purificherò dagli infedeli” (3,55).

Considerazioni sull’evento pasquale

Il testo afferma senza alcun dubbio che Gesù, che pur aveva operato guarigioni straordinarie, fu avversato da molti Ebrei (non da tutti), e si comprende dunque che tra i musulmani sia rispettato anche come colui che soffrì ingiustamente fidandosi di Dio e in questo sguardo vi è una certa comunanza con i cristiani per la passione del venerdì santo.

Nella fede del popolo (e questo non soltanto per l’islam) non incide soltanto il Corano, ma hadith (detti attribuiti a Maometto), devozioni e culture che risentono della formazione propria. Esperti mi dicono che numerosi sono i musulmani che non conoscono nemmeno che il Corano parla di Gesù. Al contrario, una nota pittrice musulmana di Lahore, Ana Molka (ora scomparsa), lo poneva tra i tre maggiori profeti: il primo sarebbe stato Mosé (con un volto michelangiolesco), il terzo Maometto (con un ritratto solenne) e in mezzo Gesù con una faccia emaciata, giallognola, patita: mi spiegò che ella lo vedeva così, l’uomo della preghiera, dell’ascesi, della sofferenza.

Le chiesi se avesse anche una statua di Gesù; mi rispose che non aveva osato tanto, ma mi mostrò un busto distinto da lei scolpito ispirandosi a uno svedese, che secondo lei poteva rappresentare Cristo.

Cristo asceso in cielo anche secondo il Corano

Ritornando ora al Corano, vediamo che insiste soprattutto sul fatto che Gesù fu elevato accanto a Dio (in termini cristiani diremmo: alla destra del Padre). Secondo molti interpreti, il testo afferma che non venne mai crocifisso né sarebbe morto, ma sarebbe passato da questo mondo al cielo direttamente, in corpo e anima; pochi esegeti sostengono che, poiché il discorso era rivolto contro gli Ebrei, il Corano non escluderebbe in modo assoluto un decesso per cause naturali oppure con la stessa crocefissione; qualche critico giunge a ritenere che il Corano si riferisca all’esaltazione dell’anima, ma non del corpo, in attesa di quando tutti i corpi risorgeranno alla fine dei tempi.

Non spetta certamente a un cristiano pretendere di dare un’interpretazione autentica, ma di osservare quanto è stato scritto e la fede diffusa tra i credenti di Allah.

Certamente ci conforta che si riconosca che Cristo è asceso al cielo e vive presso Dio o comunque in uno dei sette cieli. A Istanbul, nel Museo degli Arti Turche e Islamiche si conserva un grande volume di miniature Zubdetu’t-Tevarih datato del 1583, opera di Seyyid Lokman. Tra esse vi è una stupenda ascensione di Cristo in cielo, accompagnato da due angeli, mentre gli Ebrei in terra, che lo volevano catturare, sono colti di sorpresa (cf. TIEM, nr. 1973).

È una conferma di quanto scritto nel Corano. Trovai una copia dipinta a mano in un mercatino della stessa metropoli, ma con la differenza che il volto qui era coperto da un velo bianco; era ovvio che il copista pensava si trattasse di Maometto. A dir il vero, si trovano altre “ascensioni di Cristo” nell’arte mogol, indo-musulmana, ma dalla loro fattura si direbbe che erano commissionate da missionari per illustrare i libri sulla dottrina cristiana; in una Gesù appare ascendere in cielo in abito francescano.

Invece nella tradizione pittorica islamica si conservano alcune immagini con Maometto in cielo e accanto vi è Gesù oppure, oltre lui, alcuni altri grandi profeti. Ovviamente qui siamo piuttosto nella tradizione sciita che ammette le figure iconiche.

Apparizione di Gesù alla fine dei tempi nella visione musulmana

La Biblioteca dell’Università di Istanbul conserva anche una bellissima miniatura in cui due angeli accompagnano Gesù, alla fine dei tempi, sul minareto della grande moschea degli Omeyyadi a Damasco, opera di Tercemi-i Cifru l-Cami, dello stesso periodo (Catalogo IUK, Nr T 6624). Si tratta del grande minareto bianco detto appunto “di Gesù” nel sud-est del complesso monumentale. L’avvento di Gesù a Damasco avrebbe una finalità di unificare le religioni (in visione musulmana) e di annunciare la risurrezione universale dei corpi (cf. sura 4, 159).

Una pittura persiana del 18° secolo mostra, invece, Gesù che avanza su un asinello, Maometto su un cammello (ma con volti alla stessa altezza) verso un palazzo alla cui finestra appare un terzo personaggio anch’egli  con l’aureola della santità: dovrebbe rappresentare il Mahdi, ossia il dodicesimo califfo che (secondo la tradizione sciita) non morì ma fu portato in cielo e che ricomparirà appunto per unificare i popoli e le religioni alla fine dei tempi.   La miniatura è conservata a Teheran, nella Biblioteca del Parlamento.

Interessante è quanto scrive il musulmano sunnita Aliah Schleifer nella terza edizione di un suo libro su Maria, la Beata Vergine dell’Islam del 2008. Egli ricorda infatti che Maria rimase scioccata alla notizia che il suo Gesù era stato crocifisso; ma era un falso, poiché Dio lo aveva elevato presso di sé in cielo e sulla croce era finita un’altra persona. Ora, come consolare Maria?

Secondo quanto riferisce lo Schleifer, uno dei più accreditati storici dell’islam, Ali ibn Muhammad ibn al-Athir (1160-1233), Dio, poco dopo aver accolto Gesù in cielo, vedendo la sofferenza di Maria lo invitò a scendere sulla terra per incontrare la madre e spiegare quanto realmente era avvenuto, portando quindi a lei consolazione, ma esortandola poi a riunire gli apostoli per spiegare la verità inviandoli poi a farsi messaggeri nella terra di quanto Dio aveva stabilito. Quindi Gesù fu assunto nuovamente in cielo, dove Dio lo avvolse nella luce (dal volume Tarikh di Ibn al-Athir, I,320).

Vi sono testi un po’ simili in Vangeli apocrifi tardivi come quello detto di Bartolomeo, dove Gesù spiega il suo messaggio dopo la risurrezione e a Maria vengono poste varie domande. Vi è anche un riflesso di quanto i testi canonici ci dicono circa il tempo trascorso insieme tra gli apostoli a Maria santissima nel Cenacolo e sul mandato missionario agli apostoli.

Il tema delle crocifissione di Cristo

Ritornando all’arte, che certamente è una delle espressioni e alimenti della fede di un popolo, possiamo notare che in quella definita mogol si incontrano miniature anche di qualche sia pur rara crocifissione e sepoltura di Gesù; siamo all’inizio del 1600 e gli artisti indiani (musulmani o indù, spesso non sappiamo) erano interessati dalle incisioni che giungevano dall’Europa e talvolta si ispiravano  ad esse per la loro novità rappresentativa o per devozione o per rispondere a una commissione dei gesuiti che cercavano la figure per completare quanto riassumevano nei loro catechismi.

Una miniatura merita tuttavia una attenzione speciale per la sua bellezza artistica e la congiunzione di devozione e culture. Si tratta di una deposizione di Gesù dalla croce che sappiamo essere stata elaborata nel 1598 dall’atelier imperiale di Lahore, una delle capitali dell’impero mogol, sotto la diretta sorveglianza del principe ereditario Muhammad Salim, che poi divenne il celebre imperatore Jehangir (1605-1627). Gli artisti indiani disponevano di una stampa di Antonio Raimondi, che si ispirava a un’opera di Raffaello Sanzio, ora smarrita.

Incoraggiati dal principe Salim non soltanto vi aggiunsero i colori, ma anche figure di angeli sia attorno alla Pietà sia in cielo e scene prese da un’incisione della risurrezione dei morti, con un risultato di notevole valore: morte e risurrezione si incontrano! La miniatura fa parte ora della collezione del Victoria and Albert Museum di Londra e testimonia come Cristo unisca i popoli. Del resto, una pittrice musulmana del Bangladesh, Soraya Rahoman, ha offerto vent’anni fa a quella Chiesa un’intera Via Crucis.

Invito  a essere costruttori di pace fraterna

Come risulta da queste testimonianze, Gesù Cristo è rilevante anche per i musulmani. Talvolta noi vorremmo ci fosse un loro interlocutore unico, ma l’islam è una realtà pluricentrica, anzi frazionata con vari ulema, senza un’autorità religiosa, magisteriale, teologica o politica che possa determinare un orientamento accolto da tutti.

Vi sono però dei valori comuni e delle basi di cooperazione e di dialogo possibile come questa ricerca ha voluto mostrare e come, in modo ben più autorevole, ci hanno ricordato già il concilio Vaticano II e i papi e, con insistenza, papa Francesco. Il tema della pace unisce le religioni; del resto Gesù, secondo il Corano afferma: “Pace su di me il dì in cui fui nato, il dì in cui morrò e il dì in cui sarò risuscitato a nuova vita” (sura 19, 33) e secondo la Bibbia apparendo ai discepoli la sera della risurrezione disse “Pace a voi” (Lc 24,36; Gv 20,19) ed egli aveva già dichiarato: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9).

Ed è bello che il dolce tipico della Pasqua sia la colomba, simbolo di pace, e quanto è triste che proprio questo tempo sia funestato da attentati terroristi come avvenne qualche anno fa a Lahore e quest’anno in Indonesia! Ma anche le uova, tanto ornate nell’Europa centro-orientale e brandite dai giovani dimostranti pro-democrazia del Myanmar, indicano vita nuova. Nella fede noi preghiamo e operiamo perché il mistero pasquale converta noi stessi e tutta l’umanità nella fratellanza per la quale Cristo si è sacrificato ed è risorto e ci fa dono dello Spirito Santo. Il messaggio di Pasqua è proteso, al di là della fede personale, alla fiducia per costruire un futuro migliore.

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Un commento

  1. Don Elio Paradisi 24 aprile 2021

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