Drewermann: il vescovo Wilmer non deve lasciarsi intimidire

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Il vescovo di Hildesheim, Heiner Wilmer, ha fatto recentemente riferimento a Eugen Drewermann nelle sue affermazioni a proposito dello scandalo degli abusi. La sua opera in tre parti Strutture del male è stata, a suo dire, secondo il modo di vedere attuale, profetica quanto il suo libro Funzionari di Dio. Psicogramma di un ideale. Che cosa ne dice lo stesso Drewermann? Katholisch.de glielo ha chiesto – e ha parlato con lui di clericalismo e di crisi della Chiesa.

         – Professor Drewermann, il vescovo di Hildesheim Heiner Wilmer l’ha definita recentemente un profeta. Che cosa ne pensa?

Mi sembra un concetto esagerato. Conosco persone che per la verità sono andate incontro alla morte. Non so se io lo farei. Ad ogni modo non mi vedrei come un profeta.

         – Nei suoi libri scrive che il clericalismo sarebbe la porta d’accesso all’abuso. Il vescovo Wilmer la pensa allo stesso modo?

I preti dovrebbero essere un ponte tra cielo e terra, invece commettono crimini orrendi. Il discorso autoritario, dall’alto verso il basso, nella Chiesa non funziona più. La santità dello stato clericale è finita. Quando un vescovo prende sul serio queste riflessioni, ciò ha conseguenze di vasta portata. Il vescovo Wilmer non avrà vita facile se le applicherà alle strutture ecclesiali. Alcuni dei suoi confratelli gli stanno già addosso. Ma lui sarà in grado di sopportarlo.

         – Lo incoraggia?

Sì, assolutamente. Suppongo che abbia a lungo riflettuto su questo e che non lo abbia detto solo per un capriccio. È un combattente e uomo credibile, ed è ancora giovane. Dovrebbe continuare a dire chiaramente ciò che pensa e ciò che vede. E non dovrebbe lasciarsi dissuadere da altri vescovi o lasciarsi intimidire da loro.

         – Che cosa dovrebbe cambiare nella preparazione dei preti per ristabilire la fiducia nei loro confronti?

Alcune cose. I numeri dei preti sono in calo e quindi anche ciò che si pretende da coloro che vengono ordinati. La chiesa richiede al clero continenza sessuale come ideale. Già i protestanti hanno fortemente criticato questo ideale. Solo la Chiesa cattolica ritiene di potersi ancora permettere di tenere sotto controllo pulsioni e inclinazioni. Ogni sensazione di piacere viene dichiarata peccato mortale e deve essere repressa. Come può un prete sviluppare allora una sana sessualità? La fissazione nevrotica che ne deriva viene addirittura definita come una particolare elezione per il presbiterato. La maggior parte dei reati sessuali vengono commessi su ragazzi, questo è sufficientemente allarmante.

         – Qual è la sua spiegazione?

Posso spiegarmelo solo così: per i preti e per coloro che vogliono diventarlo i contatti con le donne o con le ragazze sono vietati, ma non lo sono con i ragazzi. Così si mette in moto uno sviluppo sbagliato che può far nascere profondi sensi di colpa. Pochi sono i preti che all’inizio della loro preparazione commetterebbero abusi su bambini. Per lo più un crimine così si sviluppa lentamente e in seguito sfugge a qualsiasi controllo. Le persone che vivono queste pulsioni nevrotiche non possono esserne distolte con dei trasferimenti. Sono dei malati! Se al contrario un prete sviluppa una sessualità normale e prova dei sentimenti per una donna o per un uomo, e lo riconosce, allora viene cacciato. Trovo questo doppiamente strano.

         – Ritiene che l’obbligo del celibato dovrebbe essere tolto?

Sì, urgentemente. Conosco uomini meravigliosi che potrebbero essere ottimi curatori d’anime perché sono sposati. La Chiesa dovrebbe aver a cuore questo.

         – Che cosa fa lei attualmente?

In questo momento mi occupo di una prospettiva cristiana sul diritto penale: come ci si comporta con persone che si sono rese fortemente colpevoli senza averlo voluto? Questo vale anche per molti preti. Sono loro stessi vittime di una tragedia. Non ci sono autori di reato che non siano diventati essi stessi vittime. Come ci si comporta con loro? Questa è per me una questione importante. Gesù dice: «Non giudicate». Ma se fosse così, perché avremmo bisogno di un diritto penale?

         – A questo punto, crede nella resurrezione?

Sono convinto che la morte ci apra la barriera verso l’eternità di Dio e ci farà incontrare in un movimento d’amore.

         – Pensa che in cielo potrà riconciliarsi anche con l’arcivescovo Johannes Degenhardt che le ha tolto l’autorizzazione ad insegnare e a predicare e l’ha sospesa a divinis?

Anche i vescovi sono per me solo persone costrette, forzate, limitate. Non vorrei stare neanche un giorno al loro posto. Contro il defunto arcivescovo Degenhardt non ho assolutamente nessun rancore. Non ho mai avuto alcuna difficoltà con lui. È stato messo sotto pressione dall’allora cardinal Joseph Ratzinger e mi ha quindi dovuto condannare. Lo posso capire. Il suo comportamento mi mostra però quanta paura debba aver avuto allora. I miei libri non li ha mai letti, ne sono convinto. È una tragedia, come la paura possa cambiare le persone. A mio avviso ciò è successo anche a Ratzinger. Sicuramente pensava di agire bene. È molto colto, scrive molti libri, ma avrebbe avuto urgente bisogno di reali esperienze con le persone. Il problema è che questo pensiero non si pone mai psicologicamente in discussione. Tutto l’inconscio viene rimosso unilateralmente dalla ragione.

         – Che cosa pensa di papa Francesco?

È una persona retta, onesta. Ma quando in una conferenza stampa in aereo una volta ha detto: «Chi sono io per giudicare altri?», ha dovuto poi nel giro di poco tempo far marcia indietro sulla sua affermazione. Gli è stato segnalato chiaramente dalla Congregazione della fede: «Tu non sei una persona qualsiasi, signor Bergoglio, non hai un’opinione privata, tu sei il papa. L’omosessualità è un peccato mortale, questo devi insegnare e null’altro». La sua umanità, la trovo commovente. Spero che la mantenga. Ma anche lui ha urgente bisogno di buoni consiglieri.

         – Vorrebbe assumersi questo impegno?

Intendo prima di tutto teologicamente – tutta la teologia sui temi principali dovrebbe cambiare. Cerco di farlo da 40 anni. Da un punto di vista psicoterapeutico, non si può consigliare nessuno che non scelga personalmente di farsi consigliare. E per farlo ci vuole un buon motivo. Per lo più dietro ci sono vere sofferenze o una crisi che diventa molto gravosa a livello personale. Ma qui, in seguito all’abuso da parte del clero, si tratta del tacere, del trasferire, della preclusione di accedere alla giustizia dello Stato. I vescovi locali sono coloro che, agendo in questo modo, hanno permesso la prosecuzione dei comportamenti criminali. Tacere sull’abuso sessuale l’aveva già ordinato papa Giovanni Paolo II. Anche il suo successore ha continuato, per allontanare il danno dalla Chiesa. Non fu un errore di singoli vescovi, era lo stile della Chiesa. Papa Francesco adesso lo ha riconosciuto e si è impegnato ad opporvisi. In questo lo sosterrei.

L’intervista al teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann (78) è apparsa su katholisch.de il 14 gennaio 2019. La traduzione è del sito web Fine Settimana.

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Un commento

  1. Sabino Rocco Rizzi 29 maggio 2022

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