Azione giuridica e dimensione pastorale

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matrimonio nullo

A 6 anni dalla promulgazione del motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus (=MIDI) di papa Francesco in tema di “Riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del Matrimonio nel Codice di Diritto Canonico”, a 5 anni dalla pubblicazione dell’esortazione apostolica sull’amore nella famiglia Amoris laetitia e a seguito dell’anno dedicato dal pontefice alla Famiglia – Amoris laetitia, sentiamo il dovere di porre l’accento su un aspetto fondamentale della riforma introdotta dal romano pontefice che riguarda gli artt. 1-5 delle R.P., testo annesso al m.p..

Tali Regole introducono il nuovo istituto canonico denominato indagine pregiudiziale o pastorale[1] che costituisce una delle più importanti novità della riforma matrimoniale e che ha notevoli risvolti pastorali. È bene ricordare che tutta la riforma del successore di Pietro ha come fine la preoccupazione della salvezza delle anime, scopo supremo delle Istituzioni e ad esso si devono adeguare tutte le leggi della Chiesa[2].

Principio cardine del MIDI

Leggendo il documento di riforma del processo matrimoniale, si evince che l’indiscusso principio cardine della riforma è la difesa dell’indissolubilità del matrimonio e della verità dell’accertamento attraverso lo strumento giuridico[3].

Principio che ha spinto il vescovo di Roma a sottolineare la vicinanza della Chiesa anche a tutti coloro che vivono in una situazione di un matrimonio fallito, che si esprime nell’impegno in prima persona dei vescovi a seguire con animo apostolico i coniugi separati o divorziati (cf. art. 1 R.P.), responsabilità condivisa con i presbiteri.

In tale ottica i fedeli separati o divorziati che dubitano della validità del proprio matrimonio o sono convinti della nullità del medesimo sono accolti in strutture parrocchiali o diocesane al fine di avviare un’indagine pregiudiziale o pastorale (cf. art. 2 R.P.; AL 242 e 244).

Un’esperienza concreta di prossimità

Nell’arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie è nata, nel 2016, una struttura che, accogliendo le indicazioni del romano pontefice, accoglie i fedeli separati o divorziati al fine di avviare un’indagine pregiudiziale o pastorale.

Essa realizza l’intenzione che i vescovi con forza hanno sottolineato durante la III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, celebrata nel mese di ottobre 2014, di facilitare il raggiungimento dei tribunali della Chiesa da parte dei fedeli (cf. art. 1 R.P.).

L’operato della struttura diocesana offre una valida consulenza a chi vi si rivolge per l’accertamento della verità sull’esistenza o no del vincolo del loro matrimonio fallito, diffondendo la conoscenza della legge e le modalità procedurali del tribunale ecclesiastico in ossequio a quanto richiesto dall’art. 1 R.P. Tutto ciò orientando i fedeli alla conoscenza della loro condizione e nella raccolta degli elementi utili per l’eventuale celebrazione del processo giudiziale, ordinario o più breve (cf. art. 2 R.P.).

La struttura dedita al “Servizio per l’accoglienza dei fedeli separati” è affidata alle cure e alla direzione di don Emanuele Tupputi, dotato di competenza giuridico-canonica[4] e che si distingue in ambito pastorale per la sua dote di uomo paziente e disponibile, che attraverso un ascolto attivo sa discernere situazioni e ambiti passando dal giuridico al pastorale senza nessuna difficoltà.

Ligio alla dottrina della Chiesa sul matrimonio, è autore di un Vademecum che riporta gli elementi essenziali per il più adeguato svolgimento dell’indagine (cf. art. 3 §2 R.P.), orientando efficacemente gli operatori.

Un impegno pertanto a 360° in cui il prelato si è profuso senza risparmio di tempo. Chiamato ad operarsi in modo sinergico in un’attività costante di coordinamento, formazione e competenza, don Emanuele non si è sottratto a tale sfida, affrontando quotidianamente le difficoltà che si sono presentate con spirito ecclesiale e impegno pastorale, senza mai cadere nel rischio di mettere in discussione il principio dell’indissolubilità del matrimonio.

I risultati non sono mancati e i fedeli che ad essa si sono rivolti si sono sentiti accolti e speranzosi di riuscire a ritrovare la serenità con sé stessi e con la Chiesa, potendo nuovamente, all’esito del procedimento giudiziale dinanzi al Tribunale ecclesiastico, accostarsi al sacramento dell’eucarestia.

L’istituzione di una struttura stabile dell’arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie realizza, da ormai 5 anni, in modo realistico il ponte che unisce i fedeli alle istituzioni della Chiesa (tra queste anche quella del Tribunale ecclesiastico), che altrimenti potrebbero rimanere cattedrali nel deserto, diminuendo non solo la distanza fisica ma anche morale, specie laddove il sacerdote o i suoi collaboratori sono chiamati a discernere situazioni in cui evidentemente la natura umana corrotta dal peccato può aver inciso pesantemente sul fallimento matrimoniale.

Il servizio pertanto si configura come una consulenza a tutto campo che offre un aiuto articolato, integrale, stabile e qualificato all’interno di una realtà diocesana che speriamo diventi al più presto patrimonio anche di altre realtà diocesane.

Inoltre, un ulteriore pregio di questo servizio consiste nella sinergia che si viene a creare, nei casi di eventuale iter processuale, con gli operatori della giustizia del Tribunale ecclesiastico regionale pugliese, in special modo con i patroni stabili, che possono beneficiare di una prima consulenza compiuta con attenzione e acribia pastorale e giuridica (grazie alla competenza e preparazione dei consulenti del servizio), aspetto non di poco conto che rende agevole e snello l’eventuale processo di nullità matrimoniale, così come la serena e collaborativa partecipazione delle parti in causa.

Insomma, questo servizio si pone in linea con quanto auspicato da papa Francesco nella sua riforma, che – in sintesi – intende perseguire almeno due obiettivi fondamentali: il primo è quello di inserire pienamente la prassi giudiziaria nella dimensione pastorale; il secondo mira a snellire il processo da elementi storicamente datati (l’obbligatorietà della duplice sentenza conforme decisa dalla costituzione apostolica Dei miseratione di Benedetto XIV, citata) o ritenuti superflui.

A tal riguardo, infatti, nel contesto della legge «si menzionano come valori da perseguire […] l’accessibilità e la vicinanza delle strutture ecclesiastiche nonché l’auspicabile gratuità delle procedure per le parti».

L’invocata prossimità del giudice, presente nel testo legislativo, si propone di colmare la distanza fisica o morale che, non di rado, allontana dalla giustizia ecclesiale in tante parti dell’orbe cattolico. Si deve pertanto ritenere che la direttiva della vicinanza indichi la facilitazione non solo materiale ma anche spirituale del ricorso ad organi ecclesiastici. La supposizione di una riforma “al ribasso” della qualità della giustizia e delle garanzie è scorretta e ingannevole se non valuta adeguatamente le istanze e le misure di consulenza e di indagine previe.

Il “vino nuovo” richiede, quindi, una sensibilità e forma mentis confacente allo spirito della profonda revisione operata. Limitare alla semplicità, rapidità ed economicità del processo il senso dell’intervento novatorio, è ingeneroso; accanto a tali istanze palesi e dichiarate occorre aggiungere pure il forte richiamo alla responsabilità e centralità dell’ufficio capitale locale, alla pastoralità e professionalità del servizio di accompagnamento, alla modalità propriamente giudiziale dell’accertamento»[5].

L’indagine pregiudiziale o pastorale

Auspico vivamente che questo nuovo istituto canonico dell’indagine pregiudiziale o pastorale abbia una maggiore diffusione e diventi priorità dei vescovi, che il pontefice ha più volte invitato a favorire, mediante una conversione pastorale delle strutture ecclesiastiche, l’incontro tra la domanda di giustizia, legittima, da parte dei fedeli, e l’offerta proposta dalla Chiesa per queste situazioni particolari.

Appare quanto mai decisivo e importante attivare questo nuovo istituto canonico che ha risvolti significativi non solo dal punto di vista giuridico ma, altresì, pastorale per guidare i parroci e gli operatori pastorali nella conoscenza di quegli strumenti utili per discernere quale sia la via migliore, tra quelle disponibili o da creare, per sostenere i fedeli feriti da un amore smarrito.

A tal proposito, nella Relazione Finale del Sinodo dei Vescovi 2015 si legge: «Per tanti fedeli che hanno vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica dell’invalidità del matrimonio rappresenta una via da percorrere. I recenti motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus hanno condotto ad una semplificazione delle procedure per l’eventuale dichiarazione di nullità matrimoniale. Con questi testi, il santo padre ha voluto anche «rendere evidente che il vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati» (MI, preambolo, III).

L’attuazione di questi documenti costituisce, dunque, una grande responsabilità per gli ordinari diocesani, chiamati a giudicare loro stessi alcune cause e, in ogni modo, ad assicurare un accesso più facile dei fedeli alla giustizia. Ciò implica la preparazione di un personale sufficiente, composto di chierici e laici, che si consacri in modo prioritario a questo servizio ecclesiale. Sarà pertanto necessario mettere a disposizione delle persone separate o delle coppie in crisi un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare, che potrà pure accogliere le persone in vista dell’indagine preliminare al processo matrimoniale (cf. MI, Art. 2-3)»[6].

  • L’autore è avvocato e patrono stabile del Tribunale ecclesiastico Regionale Pugliese.

[1] Circa l’importanza di questa fase pregiudiziale papa Francesco, nel gennaio scorso, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana, rivolgendosi ai prelati uditori ha usato parole di sostegno verso questo servizio ecclesiale, che comporta risvolti giuridico-pastorali significativi per i fedeli che si trovano in difficoltà e cercano un aiuto pastorale. A tal proposito, il papa ha dichiarato come: «Già nella fase pregiudiziale, quando i fedeli si trovano in difficoltà e cercano un aiuto pastorale, non può mancare lo sforzo per scoprire la verità sulla propria unione, presupposto indispensabile per poter arrivare alla guarigione delle ferite. In questa cornice si comprende quanto sia importante l’impegno per favorire il perdono e la riconciliazione tra i coniugi, e anche per convalidare eventualmente il matrimonio nullo quando ciò è possibile e prudente. Così si comprende anche che la dichiarazione di nullità non va presentata come se fosse l’unico obiettivo da raggiungere di fronte a una crisi matrimoniale, o come se ciò costituisse un diritto a prescindere dai fatti. Nel prospettare la possibile nullità è necessario far riflettere i fedeli sui motivi che li muovono a chiedere la dichiarazione di nullità del consenso matrimoniale, favorendo così un atteggiamento di accoglienza della sentenza definitiva, anche qualora essa non corrisponda alla propria convinzione. Solo in questo modo i processi di nullità sono espressione di un effettivo accompagnamento pastorale dei fedeli nelle loro crisi matrimoniali, il che significa mettersi in ascolto dello Spirito Santo che parla nella storia concreta delle persone» (Francesco, Discorso ai prelati uditori del Tribunale della Rota Romana in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, Sala Clementina, 27 gennaio 2022. Il testo integrale è edito nel sito ufficiale della Santa Sede (www.vatican.va).

[2] Al riguardo papa Francesco così si esprime: «Nel volgere dei secoli la Chiesa in materia matrimoniale, acquisendo coscienza più chiara delle parole di Cristo, ha inteso ed esposto più approfonditamente la dottrina dell’indissolubilità del sacro vincolo del coniugio, ha elaborato il sistema delle nullità del consenso matrimoniale e ha disciplinato più adeguatamente il processo giudiziale in materia, di modo che la disciplina ecclesiastica fosse sempre più coerente con la verità di fede professata. Tutto ciò è stato sempre fatto avendo come guida la legge suprema della salvezza delle anime…[…] è la preoccupazione della salvezza delle anime, che – oggi come ieri – rimane il fine supremo delle istituzioni, delle leggi, del diritto, a spingere il vescovo di Roma ad offrire ai vescovi questo documento di riforma, in quanto essi condividono con lui il compito della Chiesa, di tutelare cioè l’unità nella fede e nella disciplina riguardo al matrimonio, cardine e origine della famiglia cristiana» (Francesco, Mitis Iudex Dominus Iesus, Proemio, Lev, Città del Vaticano 2015, pp. 6-7).

[3] Tale principio si ricava chiaramente dal mandato della Commissione speciale pontificia di riforma: “Preparare una proposta di riforma del processo matrimoniale, cercando di semplificarne la procedura, rendendola più snella e salvaguardando il principio di indissolubilità del matrimonio”, (Nota, 27 agosto 2014); dal Proemio del testo legislativo (cf. secondo capoverso) e, in maniera ancora più chiara e diretta, nella Conferenza stampa durante il volo di ritorno dagli Stati Uniti d’America, 27 settembre 2015: «Nella riforma dei processi, della modalità, ho chiuso la porta alla via amministrativa che era la via attraverso la quale poteva entrare il divorzio. E si può dire che quelli che pensano al “divorzio cattolico” si sbagliano, perché questo ultimo documento ha chiuso la porta al divorzio che poteva entrare – sarebbe stato più facile – per la via amministrativa. […] Questo documento, come motu proprio facilita i processi nei tempi, ma non è un divorzio, perché il matrimonio è indissolubile quando è sacramento, e questo la Chiesa no, non lo può cambiare. È dottrina. È un sacramento indissolubile. Il procedimento legale è per provare che quello che sembrava sacramento non era stato sacramento» (La sfida della Chiesa. Francesco con i giornalisti durante il volo di ritorno dagli Stati Uniti, in L’Osservatore romano, 30 settembre 2015, p. 4).

[4] Il sac. Emanuele Tupputi dal 2010 è giudice del Tribunale ecclesiastico Regionale Pugliese.

[5] M. del Pozzo, L’organizzazione giudiziaria ecclesiastica alla luce del m.p. “Mitis iudex”, in Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 36/2015, p. 4. Al riguardo, in dottrina si dichiara: «Quindi rimane un servizio giudiziale, professionale, ma obbligatoriamente pastorale»: M.J. Arroba Conde, «Le “Litterae motu proprio datae” sulla riforma dei processi di nullità matrimoniale: prima analisi. Alcuni aspetti delle nuove norme sulla cause di nullità del matrimonio», in Apollinaris, 88 (2015), 553-570.

[6] Sinodo dei Vescovi XIV Assemblea generale ordinaria, «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo», in Antonio Spadaro (a cura), La famiglia oltre il miracolo. Tutti i documenti del Sinodo ordinario 2015, Relatio Finalis n. 82, Àncora, Milano 2015, 344-345.

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2 Commenti

  1. Emanuele Tupputi 19 novembre 2022
  2. Fabio Cittadini 15 novembre 2022

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