Confessione: segreto a doppio taglio

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Si salverà il segreto della confessione dall’onda d’urto degli abusi ecclesiastici? Il dibattito interessa il diritto e la morale. Rassegna di interventi.

Si salverà il segreto della confessione dall’onda d’urto degli abusi ecclesiastici? Piegato alla legge e aspramente discusso in Australia, Cile, Belgio, ora è sotto esame anche in Germania e in Francia. In quest’ultimo paese la rimozione del segreto nel caso di predatori e vittime degli abusi è stato chiesto dal Rapporto della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa (Ciase).

Nella raccomandazione (n. 43) si dice: «Trasmettere, da parte delle autorità della Chiesa, un messaggio chiaro ai confessori e ai fedeli indicante che il segreto della confessione non può derogare dall’obbligo del diritto divino naturale di protezione della vita e della dignità della persona, dal segnalare alle autorità giudiziarie e amministrative i casi di violenza sessuale inflitti a un minore o a una persona vulnerabile».

E si aggiunge: «La commissione si pone la questione di sapere se l’obbligo morale (di proteggere i minori) non debba prevalere sulle considerazioni che storicamente sono all’origine del segreto della confessione, e cioè la manifestazione dell’opera di Dio stesso, con l’intermediazione del prete, oltre alla protezione della reputazione del penitente» (paragrafo 0925). «In una prospettiva autenticamente cristiana la profanazione di un sacramento non può far dimenticare la profanazione prioritaria, quella delle persone» (par. 0928).

Mons. Eric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza episcopale, ha manifestato qualche perplessità ricordando la censura della scomunica per il prete che viola il segreto. L’obbligo ecclesiale «è più forte delle leggi della Repubblica ».

Il dibattito in Francia

Ha immediatamente reagito il ministro dell’interno, Gerard Darmanin, ricordando che «non esiste in Francia una legge che sia al di sopra delle leggi dell’Assemblea generale e del Senato». Affermazione molto ripetuta in questi mesi contro l’islamismo (sharia) e a sostegno delle modifiche introdotte nella legge sui culti. Modifiche criticate da cattolici e protestanti per la connotazione “teologica” della laicità dello stato, una sorta di religione civile.

È intervenuto anche il ministro della giustizia, Eric Doupont-Moretti, che ha riaffermato l’obbligo vincolante per i sacerdoti di denuncia dei crimini sui minori, conosciuti anche in confessione.

In un incontro al ministero degli interni, il 12 ottobre, mons. de Moulins-Beaufort ha ammesso l’imprecisione delle sue parole, senza per questo dare ragione al governo. Se è vero che in Francia il segreto confessionale è posto sullo stesso livello del segreto professionale, per il quale sono previste alcune eccezioni, compresi gli abusi sui minori, è anche vero che vi sono sentenze che vanno in senso opposto sullo specifico del segreto confessionale.

Per l’avvocato Emmanuel Le Miére, se la formulazione di mons. de Moulins-Beaufort è imprecisa e non vera è perché «la protezione del segreto confessionale è riconosciuta dalla legge della Repubblica».

La gravità del comportamento di quanti hanno utilizzato il segreto confessionale per coprire dei crimini è ingiustificabile, ha detto mons. Olivier Leborgne. E ha aggiunto: «Credo che il segreto della confessione resti importante. Se sapeste che confessando alcune cose possono essere rese pubbliche, sareste tentati di non dirle in nessun caso, condannando all’oblio delitti gravi. Invece, con la garanzia del segreto potete prendere parola, il che può costituire un primo passo per avviare un processo, per andare a denunciarsi». Per evitare una concentrazione indebita sul segreto ha fatto notare che in trent’anni di ministero non gli è mai successo che qualcuno si confessasse di essere un predatore. Anche le vittime si sono fatte riconoscere in contesti non sacramentali.

L’attore degli abusi in generale non avverte la gravità del suo gesto e difficilmente lo confessa. Per questo, ha detto Christopher Prowse, vescovo di Canberra (Australia), i sistemi di protezione civili ed ecclesiastici non hanno necessità di invadere il segreto confessionale. Anche se nella cultura sia giuridica che mediale in Occidente non c’è la percezione di una differenza fra segreto confessionale e segreto professionale.

… e in Germania

Il dibattito si è allargato alla Germania. Il giurista Gregor Thüsing ha affermato che il segreto confessionale è ormai un corpo estraneo nello stato laico a causa della sua pretesa illimitata. «Il clero non è al di sopra della legge. Qualunque abuso sui minori possa essere confessato senza (il conseguente dovere di) prevenire ulteriori abusi è un fatto crudele e provoca un grido di orrore».

Oliver Rohte, al contrario, considera gli attacchi al segreto confessionale come una retorica politica perché un allentamento del segreto sarebbe improduttivo dal punto di vista pratico e grave dal punto di vista ecclesiale. Ricorda che è tutelato dalla Legge fondamentale (Costituzione) e lo stato si è impegnato in questo senso con il Concordato. Esso garantisce al singolo cittadino uno spazio inviolabile nella sua vita privata, che rimane fuori dell’influenza dell’autorità pubblica. Solo se si potesse dimostrare che l’eventuale allentamento del segreto mostrasse efficacia nella prevenzione, si potrebbe cancellarlo dalla prassi in atto. Il che è assai difficile e improbabile. Né il predatore né la vittima cercherebbero il confessore. Sparirebbe l’unica opportunità per un sacerdote per indirizzare il predatore alle autorità investigative.

Sulla stessa linea il canonista Georg Bier. In Germania i sacerdoti possono rifiutarsi di testimoniare appellandosi al segreto confessionale. Una volontà politica di rimuovere il segreto si scontrerebbe con il Concordato del 1933. «La confessione riconcilia con Dio. È Lui che perdona i peccati. Il confessore è solo il mediatore del perdono divino. Quindi è un evento tra Dio e il peccatore. Il segreto confessionale è essenziale per il funzionamento di questo sacramento. Funziona perché chi si confessa può essere certo che il contenuto della confessione non sarà reso pubblico. È questa sicurezza che apre alla fiducia». Obbligare per legge il prete a violare il riserbo della confessione costringerebbe il clero a scegliere fra obbedire allo stato invece che alla Chiesa e alla propria coscienza ministeriale.

Un segreto indisponibile

La storia sacramento della penitenza, pur conoscendo molte variazioni nel corso dei secoli, nella sua forma personale ha sempre custodito il segreto. Nella Nota della Penitenzieria apostolica del 1° luglio 2019 si legge: «Recentemente, parlando del sacramento della riconciliazione, il santo padre Francesco ha voluto ribadire l’indispensabilità e l’indisponibilità del sigillo sacramentale. “La riconciliazione stessa è un bene che la sapienza della Chiesa ha sempre salvaguardato con tutta la propria forza morale e giuridica con il sigillo sacramentale. Esso, anche se non sempre compreso dalla mentalità moderna, è indispensabile per la santità del sacramento e per la libertà di coscienza del penitente; il quale deve essere certo, in qualunque momento, che il colloquio sacramentale resterà nel segreto della confessione, tra la propria coscienza che si apre alla grazia di Dio, e la mediazione necessaria del sacerdote. Il sigillo sacramentale è indispensabile e nessun potere umano ha giurisdizione, né può rivendicarla, su di esso”».

«Ogni penitente che umilmente si rechi dal sacerdote per confessare i propri peccati, testimonia così il grande mistero dell’incarnazione e l’essenza soprannaturale della Chiesa e del sacerdozio ministeriale, per mezzo del quale Cristo risorto viene incontro agli uomini, tocca – cioè realmente – la loro vita e li salva. Per tale ragione, la difesa del sigillo sacramentale da parte del confessore, se fosse necessario usque ad sanguinis effusionem, rappresenta non solo un atto di doverosa lealtà nei confronti del penitente, ma molto più: una necessaria testimonianza – un martirio – resa direttamente all’unicità e all’universalità salvifica di Cristo e della Chiesa». La rimozione del segreto è un’offesa alla libertà della Chiesa, una violazione della libertà religiosa e della libertà di coscienza.

Come fare?

Il segreto può avere declinazioni diverse? Ecco il suggerimento del liturgista Andrea Grillo: «Al segreto del confessore non corrisponde il segreto del penitente. Anzi, una delle ragioni del sacramento è proprio quella di far uscire il penitente dal segreto. Al limite di chiedergli formalmente, come atto penitenziale, di parlare del proprio crimine con le autorità competenti. Questa non di rado è l’unica via per fare i conti davvero con il peccato». Solo se il penitente riconosce la propria responsabilità può ricevere il sacramento della riconciliazione. L’ipotesi non è però prevista della Penitenzieria apostolica.

Altra soluzione è quella di invitare il penitente, avvisandolo di cosa può succedere, a ripetere fuori della confessione il racconto dell’abuso. «Un vescovo ascoltato dalla Ciase ha indicato che la soluzione era nell’intelligenza del confessore, nella sua capacità di far ripetere il proponimento fuori dello stretto quadro sacramentale, prima di avviare la segnalazione alla giustizia» (par. 1327).

In una recente intervista il card. Mauro Piacenza ha sottolineato la distanza fra segreto professionale e sigillo sacramentale: «È essenziale insistere sull’incomparabilità del sigillo confessionale rispetto al segreto professionale, per evitare che le legislazioni secolari applichino al segreto confessionale inviolabile le deroghe al segreto professionale per giusta causa».

La spinta degli abusi

Degli stati che compongono la federazione dell’Australia, almeno cinque hanno già legiferato nel senso dell’obbligo per il sacerdote di denunciare abusi conosciuti nella confessione. Delle 80 raccomandazioni suggerite dalla Commissione reale australiana per gli abusi, i vescovi hanno accettato la gran parte e 13 sono state sottoposte alla Santa Sede. Di queste ne sono state respinte due: l’abolizione del celibato dei preti e del segreto confessionale. «A un confessore è completamente vietato utilizzare le conoscenze acquisite dalla confessione… certamente può, e anzi in alcuni casi dovrebbe, incoraggiare una vittima a cercare aiuti al di fuori del confessionale o, se appropriato, a segnalare il caso di abuso alle autorità».

Nell’aprile del 2019 la Camera dei deputati del Cile ha approvato un progetto di legge che impone alle autorità ecclesiastiche di denunciare alla giustizia civile ogni abuso sui minori di cui sono venute a conoscenza anche in confessione. La riduzione del segreto confessionale al comune segreto professionale è già attiva anche in Belgio. C’è da attendersi che ove esplodesse la questione abusi nel clero si rinnoverebbe la richiesta di abolire il sigillo confessionale.

La laicità stravince e muore

Il comprensibile dibattito sull’attualità minaccia di oscurare i dinamismi di lunga durata storica. Hanna Arendt ha ammonito a diffidare di una società che pretende totale trasparenza. È un segnale del totaliarismo.

E Gustavo Zagrebelsky aggiunge: «Ci sono forse ambiti che sono per loro natura preclusi alla norma esterna giuridica e necessariamente rimessi alla norma morale, che guarda all’uomo di dentro (Rm 7.22). Forse le fonti della vita e della società sono fra questi». Nello scontro secolare fra potere politico e potere ecclesiale che fonda l’Occidente, fra reato e peccato, si assiste oggi alla crescita impetuosa del diritto positivo. La sua pretesa egemonica tende non solo a recintare il sacro, ma ad espellerlo come un demone. Dimenticando che la vittoria totale dell’uno e dell’altro significherebbe l’implosione dell’Occidente.

Lo storico Paolo Prodi annota: «La pervasività del diritto in ogni spetto della vita umana viene sempre più percepita… non some un fatto positivo, ma come un segnale di debolezza che ci avverte di un pericolo per le stesse strutture portanti della nostra società democratica e liberale» (Cristianesimo e potere, ed. Il Mulino, Bologna 2012, p. 177).

Così prosegue: «Possiamo però forse dimostrare che la nostra civiltà, la civiltà occidentale ha una delle sue anime nella tensione dialettica tra la sfera del potere e la sfera della morale e che, al centro di questa tensione, è cresciuto il diritto come oggi noi lo conosciamo e lo viviamo; se esso coincidesse totalmente con l’universo del potere o con l’universo del sacro, il nostro essere di uomini occidentali sarebbe in grave pericolo. Se è vero, come credo, che ci troviamo a un passaggio non soltanto di secolo ma di epoca, una riflessione di lungo periodo diventa indispensabile».

Il dibattito, necessariamente ristretto sulla questione del sigillo confessionale, muove corde molto antiche e interpella una laicità che per essere vittoriosa corre il rischio di implodere.

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6 Commenti

  1. Adelmo li Cauzi 29 ottobre 2021
    • anima errante 29 ottobre 2021
  2. Adelmo Li cauzi 25 ottobre 2021
    • Benacus. B 27 ottobre 2021
      • Adelmo Li cauzi 27 ottobre 2021
      • anima errante 27 ottobre 2021

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