Lettera a due giovani sposi

di:

Carissimi Francesca e Marco,

anzitutto un caloroso abbraccio e un caro ricordo! Ormai sono passati diversi mesi – forse più di un anno – da quando avete celebrato il vostro matrimonio ed è ancora vivo in me il ricordo di quella giornata. Mi avete fatto dono di essere presente, spezzando la Parola di Dio da voi scelta per quel giorno, in un momento così importante della vostra vita.

Vi scrivo oggi per condividere alcuni pensieri che in questi mesi mi si sono fatti più chiari e urgenti.

Anche quest’anno ho celebrato diversi matrimoni di amici, molti dei quali avevano frequentato presso la nostra parrocchia il corso di preparazione. Mi sorprende come questo corso – che per molti all’inizio è più un dovere da espletare – sia per così tante persone un’occasione inaspettata e felice di riaprire la “questione della fede”, e di riavvicinarsi alla comunità cristiana, dopo cammini e percorsi di distanza o di allontanamento.

Penso che molto del merito sia da ascrivere alla bella testimonianza delle coppie che si sono messe a disposizione per accompagnare questo passaggio di vita. Anche voi, Francesca e Marco, avevate espresso un vivo apprezzamento per l’incontro con queste figure di cristiani sposati che vivono la loro fede nella vocazione del matrimonio.

Proprio per la bellezza di vivere momenti così preziosi con tante coppie – la preparazione prima e la celebrazione poi – mi chiedo: che cosa succede dopo, nella vita di tanti amici che iniziano un cammino insieme? Quando penso a voi due, mi vengono in mente i volti di tanti che in questi anni si sono avvicinati al momento del matrimonio: e poi…?

Non voglio che sembri un rimprovero, il mio, né per voi due, né per altri. Di voi posso dire che non siete scomparsi, ed è già molto! Vedervi ogni tanto la domenica è sempre una grande gioia, e non solo per me, ma per tutta la comunità.

Il problema non è quello di voler tenere un contatto – o un “controllo” – con chi si è incontrato sulla strada della vita, è più profondamente la percezione che i primi anni di matrimonio siano preziosi e insieme difficili, e il timore che molti amici alla fine li vivano in una certa solitudine, almeno in una solitudine di ordine spirituale.

Mi piacerebbe che la comunità cristiana, e io stesso, fossimo capaci di trovare il modo di stare più vicini a chi vive l’inizio di una storia d’amore che ha trovato in Cristo il suo sigillo.

Sono anni delicati e provo a dirvi quelle che mi sembrano le fatiche e le prove che segnano questo tempo, bello e fragile, del cammino di una famiglia. Forse voi potete aiutarmi a precisare quello che accade nei primi anni, per capire, per cogliere come il Vangelo possa essere una buona notizia proprio per chi vive questi inizi.

Parlo dei primi anni, ma se penso a voi due, e a molti altri, non sono proprio i primi. Da tempo vivete insieme e quindi non sono una novità le dinamiche della vita quotidiana condivisa.

Allora mi chiedo: che cosa è cambiato dal giorno del vostro matrimonio? Avete percepito un salto di qualità nella relazione? Il vostro amore, negli anni, è cambiato? È cresciuto? Il fatto di averlo celebrato in chiesa ha voluto dire trovare un posto stabile alla relazione con Dio nella vostra vita di coppia? Pregate insieme la sera? E la domenica, vi ricordate di quel Dio che ha benedetto il vostro amore? Che posto ha Dio nella vostra vita di coppia?

Certo, mi direte – e lo so bene – non è che di posto ne rimanga molto con i ritmi di vita che vivete! Ma appunto questa è la questione: trovare un posto a Dio (che di per sé, un posto se lo trova, perché a Lui basta anche un cantuccio dimenticato) chiede di rimettere in discussione priorità, tempi e ritmi di vita, scelte e consuetudini. Proprio in questo modo la sua presenza ci fa bene: se non troviamo un posto per Lui forse qualcosa ci sta sfuggendo della nostra stessa vita e del suo senso.

Il lavoro

Certo, avete ragione quando vi lamentate: le condizioni di vita di due giovani che sono all’inizio del loro cammino nel mondo non sono delle più semplici. A cominciare dal lavoro. Se non ricordo male tu, Marco, sei un consulente e tu, Francesca, lavori nel marketing della moda. Oggi il lavoro ha una presenza invasiva nella vita di una famiglia, difficile da contenere. Trasferte, reperibilità, orari senza limiti, conflittualità costante che tiene sotto tensione continua….

D’altra parte, un lavoro, quando c’è, va tenuto stretto, e oggi per una coppia che inizia, occorre lavorare in due… Sono, i primi anni di vita famigliare, anche quelli nei quali uno deve – se può – guadagnarsi una crescita lavorativa, raggiungere delle mete importanti, creare le condizioni per una carriera (nel senso buono).

Lavorare bene fa bene alla salute e lavorare male danneggia il clima anche nella vita personale; ma trovare un equilibrio tra vita lavorativa e vita famigliare è una sfida difficile! Oggi spesso il lavoro che si trova è precario, non offre una stabilità che permetta di progettare la vita negli anni futuri e questo condiziona la vita famigliare.

Tutti questi problemi rendono il lavoro un nodo cruciale. Ora, non mi abbandona l’impressione che il mondo del lavoro, del mercato, della finanza, con le sue regole monetarie, con le sue logiche di prestazione, rischi di imporre stili di vita, condizioni troppo le scelte fondamentali, istillando una paura per il futuro e una angoscia per il presente. Penso che la parola di Gesù che invita a non affannarsi, a non preoccuparsi troppo di che cosa mangeremo, di che cosa vestiremo, sia un antidoto formidabile all’egemonia del mercato.

Ma forse da soli è difficile riuscire a liberarsi da modi di pensare e stili di vita che vengono imposti dal costume corrente. Dovremmo aiutarci a vicenda.

La casa

Una seconda questione che segna i primi anni riguarda la casa. È già una fortuna trovarla, potersi permettere un’abitazione minima, in affitto oppure accollandosi un mutuo come avete fatto voi. Ma una casa è molto di più di un posto dove rientrare la sera: è un luogo dove mettere radici, dove dare stabilità alla vita. In realtà non è così semplice: molte coppie devono iniziare con appartamenti minimi, e questo significa che molto presto dovranno cambiare casa.

Il lavoro – ancora lui! – costringe a spostamenti anche significativi. La mobilità sembra caratterizzare il modo di abitare oggi, ma questo non favorisce la costruzione di relazioni, il sentirsi parte di un quartiere, un territorio, anche una parrocchia. Il senso di appartenenza è sfuggente: siamo cittadini del mondo ma forse sempre stranieri in ogni posto.

Anche qui la fede forse ha qualcosa da dirci: sulla necessità di “trovar casa” non solo per l’abitazione ma anche per la vita spirituale; sul senso di essere pellegrini che abitano in tende provvisorie e camminano verso un altrove che li chiama; sulla capacità di vivere con fiducia i cambiamenti che la vita e il cammino impongono.

I figli

Un terzo capitolo decisivo degli inizi riguarda i figli. Voi non avete ancora la gioia di essere genitori ma, se non ricordo male la nostra ultima chiacchierata, mi dicevate che iniziate a cercare e ad attendere il dono della vita. Vi faccio i miei più sentiti auguri e prego per voi, perché il Signore vi doni la grazia di essere papà e mamma.

Oggi questo è un passaggio delicato. In realtà, non se ne parla molto. Anche i vostri genitori, immagino, sentiranno un certo pudore nel toccare questo tasto. Sicuramente sono in attesa di un nipotino, ma in genere non ne fanno parola. È come se il figlio fosse una cosa privata.

In realtà, in questo angolo privato di decisione si aggrovigliano domande complesse. Quando arriva il momento di accogliere la vita? Il primo figlio ok, e poi un secondo? Se si aspetta di essere pronti spesso non lo si è mai… se si aspettano le migliori condizioni possibili non arrivano mai… ma la vita non aspetta! Lo sanno bene le donne che sentono con maggior urgenza il desiderio della maternità.

Questo diverso sentire tra uomo e donna, a volte è un bel problema! Quando poi non accade – e succede sempre più spesso – che dopo aver (forse troppo) aspettato, nel momento in cui si decide di disporsi ad accogliere

la vita, il figlio sembra non arrivare! Iniziano qui cammini difficili, scelte sofferte, che vanno prese insieme ma spesso vissute in grande isolamento.

La relazione con le famiglie d’origine

Un ulteriore capitolo che prende forma nei primi anni è la relazione con le famiglie di origine. Ne abbiamo già parlato durante il corso, ma la questione non si risolve con il matrimonio.

La scelta di sposarsi, più ancora che la convivenza, inserisce in una trama familiare che spesso è complessa. Armonizzare due famiglie che vengono da mondi diversi e, insieme, trovare la forma della propria che non sia il calco né dell’una né dell’altra, non è semplice. Spesso i genitori sono lontani e questo pone certe questioni, come nel vostro caso, perché vi costringe a non poter contare sul loro aiuto per eventuali figli… Ma quando sono vicini, a volte, è anche più complicato, perché non è così semplice trovare la propria autonomia da una “famiglia affettiva” (come si dice oggi) che proprio perché vive di relazioni cariche di affetti le ingombra anche di aspettative eccessive.

Non parliamo poi di quando i genitori sono avanti nell’età. Le vostre generazioni sono fortunate, perché spesso possono contare su nonni ancora in forza, ma sanno che prima o poi dovranno farsi carico di una vecchiaia che sarà lunga, magari in condizioni di isolamento e di sofferenza fisica. Vedo molte coppie che finiscono schiacciate tra i piccoli da accudire e i vecchi da sostenere! Un bel carico!!

Gli imprevisti

E poi ci sono gli imprevisti! Anzi, sono le cose più sicure. Sono sia sorprese liete che prove imprevedibili. Oggi tutti siamo convinti di dover programmare ogni cosa e di poter controllare il corso degli eventi, e pensiamo che questo valga anche per la vita e per i suoi affetti, ma non è così. Dicono che le coppie di oggi sono come degli acrobati che devono tenere insieme una vita fatta di complicati equilibri; basta un evento non previsto per farli saltare! Proprio nei legami più cari la vita ci sorprende e ci mette alla prova. Un salmo dice che “il Signore è il mio custode”, che veglia “giorno e notte”, quando “entro e quando esco”: forse solo con la compagnia di un alleato così si può affrontare il viaggio di una famiglia, così imprevedibile!

Sono certamente tante altre le questioni cruciali dei primi anni di matrimonio, ma mi bastano questi cenni per comprendere come stiate vivendo un momento bellissimo e anche delicato. C’è una grazia degli inizi che non si dovrebbe mai perdere, ma anche una fragilità dei primi passi che spesso condiziona il prosieguo del cammino. E Dio in tutto questo? Gli inizi sono una delle specialità di Dio il quale “in principio” pone la sua Parola creativa e liberante. Sarebbe bello sentire che il Dio del “principio” che sta all’origine di ogni cosa, è il vostro primo alleato nei “primi” passi della vostra storia di famiglia.

Alla fine sono più le domande che le risposte, ma così è la vita! Infine mi chiedo: che cosa potrebbe fare una comunità cristiana per voi? Che cosa potremmo fare gli uni per gli altri? Che cosa ci sta chiedendo Dio di mettere in opera perché gli inizi di grazia non si perdano? Mi piacerebbe fare due chiacchiere con voi per avere i vostri pareri, per confrontarci e sostenerci a vicenda, e poi perché vedervi è per me sempre una bella consolazione!

Con affetto,

 don Antonio

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2 Commenti

  1. don Guido Olivieri 8 febbraio 2018
  2. Franco Rosada 7 febbraio 2018

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