Europa: la sfida di un’epoca inedita

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Il 2 luglio si è insediato il nuovo Parlamento europeo e, in contemporanea, i capi di Stato e di Governo hanno trovato un accordo sul pacchetto di nomine per le posizioni di primo piano nelle istituzioni dell’Unione europea.

La scelta è caduta sulla tedesca del Partito popolare europeo Ursula Von der Leyen per la guida della Commissione europea (al posto di Jean-Claude Juncker), la francese Christine Lagarde per la Banca centrale europea (al posto di Mario Draghi), il primo ministro belga Charles Michel per il Consiglio europeo (al posto di Donald Tusk) e lo spagnolo socialista Josep Borrell come Alto rappresentante per la politica estera comune (al posto di Federica Mogherini).

L’indice delle nomine

Le nomine alle istituzioni europee sono un passaggio essenziale per avere una indicazione di come potranno determinarsi ed evolvere le scelte politiche dei prossimi anni e, quindi, su quale sarà l’impatto nella vita di tutti i cittadini europei.

L’influenza delle istituzioni europee viene tutt’ora troppo sottovalutata e si considera ancora quasi esclusivamente la politica nazionale come la vera depositaria di tutte le principali scelte. Così non è, se si pensa che la maggior parte degli ambiti di intervento della politica sono determinati molto più a Bruxelles che nelle capitali europee.

In alcuni casi addirittura, come In materia ambientale o di tutela dei consumatori, per fare solo due esempi concreti, la legislazione che viene applicata è quasi esclusivamente di derivazione europea.

I ruoli nella commissione e l’orientamento europeo

Presidentessa Commissione EuropeaFare una prima valutazione sulle figure che andranno a ricoprire i ruoli di massimo livello nelle istituzioni europee è, quindi, non un esercizio speculativo, ma una indicazione di come potrà evolvere la dinamica economica politica e sociale per noi tutti.

Intanto una valutazione sul tempismo: l’accordo sul pacchetto di nomine è stato raggiunto in tempi relativamente brevi. Dato l’esito dalle elezioni europee, che non vede più solo due partiti, quali il Partito Popolare europeo e i Socialisti e Democratici europei, in grado di avere la maggioranza e che quindi impone l’allargamento anche ai liberali e ai verdi, questo risultato non era affatto scontato.

D’altra parte, uno stallo nella decisione sarebbe stato un segnale pessimo per cittadini europei che hanno sì lanciato un messaggio di maggiore fiducia nei confronti dell’Europa (con poche eccezioni tra cui l’Italia), ma che chiedono anche che le istituzioni europee siano efficaci e capaci di rispondere alle sempre crescenti esigenze di una società che sta affrontando grandi cambiamenti e grandi sfide.

Direi, quindi, che il fatto stesso di essere riusciti a chiudere un accordo subito e di aver sventato il rischio di prorogare indefinitamente la attuale dirigenza rappresenta un segnale positivo.

Le donne e l’Europa

Altro segnale positivo è rappresentato per me dalla scelta di aver indicato due donne nelle posizioni apicali: Ursula Van Der Leyen e Christine Lagarde.Presidentessa BCE

Avendo lavorato per molti anni sulla tematica della parità di genere e della diversità so quanto sia cruciale da un punto di vista valoriale e simbolico avere dei role model, dei modelli di donne che ricoprono posizione tradizionalmente appannaggio solo degli uomini.

Oltre ai simboli, tuttavia, c’è anche una questione sostanziale, relativa al contributo effettivo che la diversità può portare nella determinazione delle scelte: una cultura che non sia solo definita e disegnata da una metà del mondo, gli uomini, non può che essere maggiormente rispettosa delle esigenze di tutti e quindi intrinsecamente più giusta.

Inoltre, come ha scritto recentemente in un bell’articolo Elena Ferrante, “Ci sono cambiamenti pressanti in corso, e tutto sta diventando qualcosa di diverso, in modo imprevedibile. È necessario uno sguardo completamente nuovo. La sfida per l’oggi e per il futuro prossimo è quella di estrarci da ciò che sono stati gli uomini a progettare: un pianeta steso sul bordo di una catastrofe. Ma come possiamo farlo? Forse è venuto il momento di scommettere su una visione femminile del potere che sia portatrice di un sistema valoriale diverso”.

Banca Centrale Europea

Sfida di un'epocaTerza considerazione: la figura di Christine Lagarde non rappresenta l’identikit tipico di una banchiera centrale. La sua è una formazione da economista-giurista e alla guida del Fondo monetario internazionale non ha affrontato questioni di stretta politica monetaria, che sono il compito prioritario delle banche centrali, e questa da alcuni è considerata una potenziale debolezza.

Tuttavia, dopo una figura così forte e così determinante come quella di Mario Draghi, sarebbe stato molto complicato trovare un degno successore tra i candidati con un profilo simile al suo. Per questo, credo che Christine Lagarde abbia l’opportunità di proseguire nell’ottimo lavoro fatto fino ad ora, usando competenze e caratteristiche parzialmente differenti.

Aggiungo che aver ribadito, con la sua nomina, la scelta delle istituzioni europee di puntare sul multilateralismo, messo in discussione da altre potenze globali a partire dagli Stati Uniti, è un segnale forte e chiarissimo. Dai simboli si dovrà passare poi ai fatti, ma come sappiamo la politica è anche fatta di messaggi e di narrazione.

Il Parlamento debole

Chi esce veramente sconfitto da questo passaggio di consegne, a mio avviso, è il Parlamento europeo.

Con l’abbandono del meccanismo dello Spitzenkandidat (ossia la designazione del presidente della Commissione sulla base del partito che ha ottenuto la maggioranza relativa alle elezioni, come è stato nel caso di Jean Claude Junker), di fatto il Parlamento viene molto indebolito nella dinamica che vede le tre istituzioni – Commissione, Consiglio e Parlamento – corresponsabili delle decisioni politiche.

E ciò a vantaggio di un ritorno all’inter-governativismo, cioè alla preminenza delle decisioni prese dai governi dei singoli paesi in sede di Consiglio (che rappresenta una sorta di “camera alta”). Infatti, se la Commissione non è più espressione della maggioranza emersa dal Parlamento, ma di un accordo fra Stati, è ovvio che i maggiorenti saranno questi ultimi.

Questa Europa, con una perdita di centralità del Parlamento europeo, non è l’Europa di chi, come me, ha sempre sperato che si potesse far prevalere l’Europa dei popoli e dei cittadini democraticamente rappresentati attraverso l’istituzione che più direttamente è la casa della democrazia europea.

D’altra parte, se, come molti ritengono, siamo entrati in un’era in cui è fondamentale che l’Europa eserciti un ruolo globale forte e assertivo, in un contesto che si fa sempre più complicato dal punto di vista geopolitico, forse questo passaggio era inevitabile e potrebbe anche rappresentare un rafforzamento per ora in chiave confederale del progetto europeo.

Politica estera europea

Si potrebbe trovare conferma di questa lettura nella scelta di Josep Borrell come Alto Rappresentate per la politica estera comune.

Il ministro degli esteri spagnolo ha una lunga esperienza e un forte carisma, che potrebbe essere indispensabile per trattare con potenze aggressive come Stati Uniti, Russia e Cina, che stanno cercando di ridefinire l’ordine mondiale, rafforzando il lavoro fatto da Federica Mogherini.

La scelta di uno spagnolo per questo incarico rappresenta anche un altro passaggio: la Spagna è la vera vincitrice di questa tornata elettorale e si sta apprestando a ricoprire un ruolo sempre più centrale alla guida delle istituzioni europee, di fatto sostituendosi al nostro paese nelle relazioni privilegiate con Francia e Germania.

L’insignificanza dell’Italia

Sfida di un'epocaE così giungo all’ultimo punto, quello più negativo dal nostro punto di vista: l’isolamento crescente del Governo italiano nelle scelte che si fanno sui tavoli europei.

Non solo l’Italia non ha rappresentato una propria linea, mostrandosi confusa e instabile rispetto alle proposte successivamente avanzate, ma ha fatto da appendice ad altri paesi che molto meglio del nostro hanno saputo perseguire ciascuno i propri obiettivi; fossero essi nell’interesse più generale europeo oppure, come nel caso dell’Ungheria, più focalizzati sul proprio tornaconto elettorale interno.

Incredibile poi che il nostro governo abbia appoggiato la designazione di Ursula Van Der Leyen, una rigorista sulle questioni economiche e in linea con le posizioni di Angela Merkel per quanto riguarda le questioni dei migranti. Infine, l’elezione di un italiano alla presidenza del Parlamento europeo, David Sassoli, è stata ottenuta contro i voti dei rappresentanti dei partiti di governo. Insomma, una debacle su tutta la linea.

Davanti a una sfida epocale

In sintesi, credo che in questo nuovo inizio l’Europa abbia mostrato la determinazione di voler affrontare la sfida dell’epoca che stiamo vivendo con determinazione, pur con i limiti che ho cercato di sottolineare.

Complessivamente comunque vedo con positività le opportunità che si potranno aprire.

Molto preoccupante invece che il nostro Paese non sia artefice di questo avvio: mai come in questa fase storica infatti l’Europa ha bisogno dell’Italia, ma ancora di più l’Italia ha bisogno dell’Europa.

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