Immacolata, la bellezza

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La solennità dell’Immacolata, mentre ci incita a glorificare Dio per la bellezza riservata a Maria, madre di Cristo e nostra, ci aiuta anche a confrontarci sul nostro stato di bellezza spirituale. Si tratta di cosa assai seria, perché la verifica della nostra autenticità cristiana passa anche per tale controllo, se è vero che la bellezza è essenziale per decifrare e realizzare la verità dell’uomo.

La Donna piena di bellezza

L’immacolata concezione ci invita, in modo del tutto particolare, ad andare a Maria per la via della bellezza: Maria immacolata si offre al nostro sguardo credente nello splendore della grazia redentiva di Cristo e ci attrae: «Maria è la creatura tota pulchra: è lo speculum sine macula; è l’ideale supremo della perfezione che in ogni tempo gli artisti hanno cercato di riprodurre nelle loro opere; è “la Donna vestita di sole” (Ap 12,1), nella quale i raggi purissimi della bellezza umana si incontrano con quelli sovrani, ma accessibili, della bellezza soprannaturale» (Paolo VI, Discorso per la chiusura del VI congresso mariologico e l’inizio del XIV congresso mariano, Roma, 16 maggio 1975).

L’Immacolata, la bellezza di Dio riflessa sul volto umano. Nessuna creatura, neppure Maria, è bella da sé: è Dio «l’autore della bellezza» (Sap 13,3), che crea la «bellezza delle creature» (Sap 13,5). Dio, il Santo e il Vivente, è la Bellezza suprema e le sue opere sono “belle-buone” (cf. Gn 1,9.12.25. 31): fra queste spicca Maria, alla quale il Figlio – immagina nella fede un beato medievale – si rivolge in lode: «Tu sei bella, le dice: bella nei pensieri, bella nelle parole, bella nelle azioni; bella dalla nascita fino alla morte; bella nella concezione verginale, bella nel parto divino, bella nella porpora della mia passione, bella soprattutto nello splendore della mia risurrezione» (Amedeo di Losanna, Huit homélies mariales: Hom. VII, 234-239).

È soprattutto la condizione di grazia dell’immacolata concezione a rendere bella Maria. Il male è del tutto escluso da Maria ed è questo che la rende totalmente bella. È per tale motivo che è estremamente piacevole nel contemplarla. Maria è irradiata dalla luce di Dio che traspare liberamente attraverso la sua persona: ella non è un prisma che devia la luce, ma, completamente trasparente, non trattiene nulla della luminosità che porta.

Nella bellezza dell’Immacolata possiamo contemplare la bellezza dell’intera umanità: in essa l’umanità viene restituita all’originaria innocenza e alla bellezza primigenia, e si compie realmente il simbolo della «vergine terra».

L’Immacolata, «la faccia che a Cristo più si somiglia»

Maria è immacolata perché Cristo è santissimo; è piena di grazia perché Cristo con la sua redenzione è la causa di ogni santità; è Tutta bella perché è la madre del Re messianico, che è «il più bello tra i figli degli uomini» (Sal 44,3): «È come la luna; se si spegnesse il sole, non la vedremmo più, se invece è splendente, lo è perché i raggi del sole battono su di lei. Così, se la Madonna ha tutte le grazie, le bellezze, la santità, la virtù, le ha perché è unita a Cristo come nessun’altra creatura: Cristo è la sorgente di tutte le bellezze e le grazie di cui rifulge Maria» (G.B. Montini, Sulla Madonna. Discorsi e scritti [1955-1963], Brescia-Roma 1988, p. 170).

Grazie alla sua immediata vicinanza a Cristo, ella è creatura profondamente santificata, che il peccato dell’umanità non riesce ad attingere.

Dobbiamo avere nei confronti della bellezza di Maria immacolata una passiva contemplazione? Certamente no: siamo piuttosto invitati a imitare quella bellezza. Non sembri strano, ma anche la bellezza nel cristianesimo è imitabile: in concreto, è imitabile percorrendo con responsabilità la via pulchritudinis, che è via di severa ascesi, la quale porta a far splendere la bontà e la verità (le due dimensioni ineliminabili della bellezza), perseguendo la vittoria della verità sulla menzogna, dell’unità sulla divisione, della carità sul disamore, della grazia sul peccato. In questa testimonianza Maria è esempio preclaro.

È nella memoria di tutti la nota espressione di Dostoevskij: «La bellezza salverà il mondo». È un’affermazione che lo scrittore russo fa in un contesto problematico, nel quale ammette che «la bellezza è un enigma» e che perciò bisogna bene intendersi: quale bellezza salverà il mondo? Salverà il mondo solo la bellezza redenta: quella che sorge dallo Spirito ed è apparentata con le ultime realtà; essa opera una coincidenza tra l’esperienza estetica e quella religiosa. Così è la bellezza dell’Immacolata (cf. P. Evdokímov, Teologia della bellezza. L’arte dell’icona, Roma 1991, p. 63).

L’Immacolata, maestra di bellezza

La via della santità coincide con la via della bellezza. L’esperienza cristiana della bellezza è quella che nasce nell’orizzonte della santità e della contemplazione: la bellezza è sperimentata nella serenità e nel distacco, nella semplicità e nella gratitudine. La bellezza è percepita come un riflesso dello splendore divino; perciò è bellezza da contemplare, bellezza di cui ringraziare, bellezza da imitare.

1. La santità rende belli. C’è una causalità a catena: l’ascetica fa santi, la santità fa belli. L’esercizio ascetico, pur così severo e affaticante, sfocia nella bellezza. «L’ascetica – scrive Florenskij – crea non l’uomo “buono”, ma l’uomo bello e il tratto distintivo dei santi non è affatto la “bontà”, che può essere presente anche in persone carnali e molto peccatrici, bensì la bellezza spirituale, la bellezza accecante della persona luminosa e luciferente, assolutamente inaccessibile all’uomo grossolano e carnale».[1]

Da tutta l’esperienza neotestamentaria si evince che la santità consiste nell’essere immacolati nell’amore (cf. Ef 1,4), cioè nell’essere belli agli occhi di Dio. La santità è la più alta esperienza della bellezza, perché in essa Dio esprime la sua bellezza, ad esempio la bellezza del suo canto. «Il santo – scrive Enzo Bianchi – è il canto innalzato dalla misericordia del Dio tre volte santo e tre volte misericordioso».[2] La santità ci rende graditi a Dio perché ci fa belli e amabili ai suoi occhi.

2. La bellezza,“quarta” virtù teologale. Solo una falsa spiritualità può indurre ad isolarsi dal mondo e a trascurare l’uomo. C’è un’affermazione di Brigida di Svezia (1303-1373), al riguardo, che ha del terribile, ma che è anche fra le più belle delle sue Rivelazioni: «Per Dio è più importante che si viva nel mondo rettamente, che si lavori, e si lavori anche con le mani, piuttosto che s’indugi nel deserto, o in convento senza l’amore di Dio».[3]

La spiritualità cristiana afferma il primato di Dio, completamente intessuta delle virtù teologali, le quali formano un’esperienza cristiana molto capace di tale misteriosa primazia. Infatti – scrive Angelo Silesio – «la fede tende a Dio, la speranza lo coglie, l’amore lo abbraccia: la devozione ne fa suo cibo».[4]

L’affermazione di questo primato di Dio mediante le virtù teologali irradia una lucente dimensione estetica: «la Bellezza […] – scrive Cristina Campo – è teologica; sì, è una virtù teologale, la quarta, la segreta, quella che fluisce dall’una all’altra delle tre palesi. Ciò è evidente nel rito, appunto, dove Fede, Speranza e Carità sono ininterrottamente intessute e significate dalla Bellezza».[5]

3.  La bellezza di chi è innamorato di Cristo. Per capire il legame che corre tra amore è bellezza serve l’esempio dell’innamorato, che «illustra il principio dell’unità e della tra­sfigurazione delle persone, facendo dell’innamorato un artista che crea dalla forza creatrice ed estetica che è l’amore».[6]

Il vero cristiano, fervido nell’amore, ama il Cristo con amore da innamorata; le piace tutto di Cristo, anche quando lo vede Crocifisso e il fatto che è sfigurato e irriconoscibile non le impedisce di amarlo in tutto, anzi quel volto e quel corpo deturpati dalla sofferenza e dalla morte acuiscono in lei l’intuito d’amore, al fine di riscoprire in lui la nascosta bellezza. Il suo amore sponsale trasforma il volto del Cristo ed è da esso trasformato: infatti «l’amore è artista»:[7] è per questo che «l’amore rappresenta nell’umanità una sfida “estetica”».[8]

4. La missione con la forza della bellezza. L’opera missionaria ha bisogno della forza della bellezza. Questa è capace d’attrarre alle realtà più elevate e di motivare le intraprese più impegnative. Mostra anche la forza singolare di convertire alla fede.

Osserva Cristina Campo: «Si sa di molte conversioni dovute alla predicazione, ma la scintilla può scoccare da un solo, perfetto gesto liturgico; c’è chi s’è convertito vedendo due monaci inchinarsi insieme profondamente, prima all’altare poi l’uno all’altro, indi ritrarsi nei penetrali del coro. In un mondo nel quale l’uomo lentamente muore per mancanza non già di riverenza, come i filantropi vorrebbero indicarci, ma perché non sa più chi, non sa più che cosa riverire, un gesto simile può mutare la vita».[9]

Secondo un’antica cronaca, il cristianesimo in Russia fu deciso da alcuni pagani che assistettero per la prima volta ad una liturgia cristiana nella Chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli e se ne tornarono «convertiti dalla bellezza». Dissero: «Da nessun’altra parte avevamo visto vivere una tale bellezza! Dio abita qui con gli uomini! Non possiamo più dimenticare questa bellezza. Non vogliamo essere da nessuna altra parte che dove è la bellezza, là dove il cielo e la terra sono uniti».[10]

Attualizzazione antropologica

In Maria immacolata la Trinità ha iniziato una nuova fase della storia salvifica, inaugurando una creazione nuova all’insegna della fedeltà e dell’integrità. Maria è essa stessa la creatura nuova, anche se, con l’imma-colata concezione, si rivela la figlia più umana di Adamo. In essa conosciamo l’inizio della storia di grazia (ci ricorda Adamo prima del peccato); per essa entriamo nel frattempo dei tempi nuovi (da lei è nato il Cristo, nuovo Adamo); attraverso lei intravediamo il futuro della gloria (profetizza la condizione di beatitudine dei redenti).

1. La “via creationis”: la donna piena di umanità. L’innocenza originale di Maria ricorda lo stato nel quale è stata creata l’umanità, solo che in lei l’innocenza è stata innalzata ad un punto tale di densità che il peccato non è potuto sopravvenire. In tal modo l’Immacolata concezione è l’icona dell’umanità salvata: essa è l’immagine di ciò che il Dio trinitario voleva fare dell’uomo prima che questi peccasse in Adamo.

Maria è inoltre la prospettiva di ciò che Dio vorrà fare dell’uomo dopo che questi è entrato nel regime di redenzione di Cristo. Maria, con la sua esistenza assolutamente integra, è l’esempio migliore della creazione nuova, alla quale anche noi partecipiamo: «In Maria e nella sua immacolata concezione appare che l’uomo, e quindi anche noi, figli di Adamo e di Eva, peccatori, siamo avvolti dalla misericordia eterna fin da principio, e perciò è manifesto che Dio non ci lascia soli».[11]

L’immacolata concezione, oltre ad essere quello che è per Maria, è anche l’esempio della perfetta realizzazione di un pro­getto vocazionale proposto da Dio ad una creatura umana. Nella logica di tutta l’economia salvifica, è evidente che tale modello è posto da Dio in faccia alla storia di tutti gli uomini come un’icona, perché sia vista, contemplata e imitata. L’Immacolata dun­que è, per volontà di Dio, «la fiaccola sopra il moggio perché vedano tutti quelli che sono in casa». L’Immacolata è perché vedano anche tutti quelli che sono fuori della casa (cf. Mc 4,21).

2.  Maria immacolata, figlia innocente del primo Adamo. Maria è la figlia più umana di Adamo. Essendo la creatura su cui s’è stampata nel modo più perfetto l’immagine del Cristo, l’Adamo vero, è l’icona della creazione nuova. In concreto, c’è una condizione della persona e dell’esistenza di Maria che esprime la novità della creazione realizzata in lei ed è la sua immacolata concezione. «Maria non è un pezzo a sé nel cosmo della creazione e della grazia ma fu da Dio inserita organicamente ed armoniosamente nell’insieme della rivelazione, posta nel punto d’incontro dei misteri più centrali dell’economia divina».[12]

Maria è, pertanto, l’umanissima figlia di Adamo. Dio inaugura in Maria, una giovane donna fragile e delicata, il dono della misericordia per tutta l’umanità. L’immacolata concezione di Maria è un mistero di evidente attualità antropologica; essa ci aiuta a rispondere alle domande cruciali di oggi, soprattutto a quella circa il mysterium homi­nis.

3.  Maria, la madre immacolata del secondo Adamo. Maria è creata in Cristo e in vista di lui come tutti gli uomini (cf. Col 1,15-17), ma in lei la relazione con il Cristo è di tale immediatezza che il peccato non ha potuto incunearsi fra lei e il Salvatore. Grazie alla sua immediata vicinanza a Cristo, nel quale e in vista del quale tutto è creato, ella è creatura profondamente santificata, che il peccato dell’umanità non riesce a toccare e a macchiare.

Nella sua immacolata concezione, Maria appartiene all’umanità creata nell’innocenza e destinata al Cristo. La sua immacolata concezione non la separa dal resto dell’umanità: la sua non è grazia di separazione, ma anzitutto di pienezza. La sua grazia originaria è anzitutto grazia di pienezza e non di separazione. Maria è santificata non solo in previsione dei meriti futuri di Cristo, ma in ragione della sua relazione immediata con suo Figlio, fonte di grazia, in vista del quale tutto è stato creato.

In quanto piena di grazia, Maria è posta nel cuore più profondo della creazione e in special modo dell’umanità. Maria immacolata è l’umanità integra, pura, buona, armonica, di nulla mancante, di tutto ricca e adorna. La causa di questa pienezza di umanità santa è data dalla sua vicinanza a Cristo: Maria è Eva più di Eva perché Cristo è Adamo più di Adamo.


[1] P. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, Roma 1974, pp. 140-141.
[2] E. Bianchi, Lessico della vita interiore. Le parole della spiritualità. Biblioteca Universale Rizzoli, 2004.
[3] S. Brigida, Rivelazioni, VI, 1991. Da ora in poi: Riv.
[4] A. Silesio, Il pellegrino cherubico, Cinisello Balsamo [MI] 1989, p. 246, III, 230.
[5] C. Campo, Sotto falso nome, a cura di M. Farnetti, Milano 1998, p. 215.
[6] M. Tenace, Il cristiano filocalico. L’amore del bello e la vita cristina, in Aa.Vv., Cristianesimo e bellezza. Tra Oriente e Occidente, a cura di N. Valentini, Cinisello Balsamo (MI) 2002, p. 123.
[7] M. Tenace, Il cristiano filocalico. L’amore del bello e la vita cristina, in Aa.Vv., Cristianesimo e bellezza, p. 124.
[8] M. Tenace, Il cristiano filocalico. L’amore del bello e la vita cristina, in Aa.Vv., Cristianesimo e bellezza, p. 124.
[9] C. Campo, Sotto falso nome, p. 130.
[10] Citazione riportata in: M. Tenace, La bellezza. Unità spirituale, Roma 1994, p. 194.
[11] K. Rahner, Maria. Meditazioni, Roma-Brescia 1979, p. 58.
[12] G. Baraùna, La SS. Vergine al servizio dell’economia divina, in Aa. Vv., La Chiesa del Vaticano II. Studi e commenti intorno alla Costituzione dommatica «Lumen gentium», a cura di G. Baraùna, Firenze 1965, p. 1141.

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