Putin: l’interlocutore “affine” e i populisti nostrani

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vladimir putin

L’attuale maggioranza governativa italiana e la sua connotazione populista, al netto delle differenze fra Lega e 5Stelle, ha rinnovato l’interlocuzione con la Russia di Putin. Declinandola, quasi esclusivamente, entro i piccoli interessi partitici, sia nel caso di sospettati sostegni di siti russi durante la campagna elettorale sia nelle discussioni pubbliche anti-istituzionali (dai vaccini all’immigrazione) sia a supporto degli interessi industriali nostrani contro le sanzioni internazionali dopo l’occupazione militare della Crimea.

Un rinnovato dialogo con la Russia, sia come nazione sia come Unione, è invece urgente per ragioni di distensione internazionale e per garantire gli interessi del paese e del continente.

La più bella del reame

Ne ha ricordati un paio Franco Venturini sul Corriere della Sera (6 agosto): la rinnovata corsa al riarmo USA-Russia che mette una seria ipoteca sulla sicurezza europea con le nuove generazioni di missili a media gittata (5.000 km) e la fine del contenzioso bellico in Ucraina per riaprire i mercati. Si può aggiungere la pericolosa crescita di tensione ai confini baltici e polacchi tra Nato e Russia.

Il governo italiano potrebbe avere un ruolo sia nel rapporto fra Russia e Unione Europea, sia in quello fra Russia e Nato, il patto militare difensivo occidentale.

L’Europa si è sempre comportata con la Russia come la matrigna di Cenerentola che chiede continuamene allo specchio: dimmi chi è la più bella del reame? Da qualche tempo lo specchio la delude, indicando la Russia. La Russia lo sa. Sulle dichiarazioni pro-europee dei primi anni dopo la dissoluzione dell’URSS, è calata la doccia fredda delle affermazioni del presidente americano Clinton, ripetute ancora da Obama, che consideravano la Russia finalmente rientrata nell’alveo europeo come una repubblichetta alla stregua di Finlandia e Norvegia. Sicché “la più bella del reame” si è rivolta all’Asia.

Ma la storia russa non sembra confermare l’atteggiamento come una svolta decisiva. Un po’ come un mulatto che si sente alternativamente attratto dall’identità nera e bianca, rimanendo sempre “terzo”.

Nonostante che le sanzioni abbiano diminuito di molto gli scambi commerciali con l’Europa, questa rimane ancora il primo partner per la Russia. Essa sente il fiato sul collo della potenzia asiatica. L’enorme riserva di materie prime nella Siberia orientale fanno gola alla Cina. E la cosa inquieta la Russia, che però non va oltre la retorica quando promette di dotare quelle regioni di infrastrutture per renderle più vivibili e prospere.

Le repubbliche dell’Asia centrale tra Russia e Cina fanno sempre più da cuscinetto divisore. Il Kazakistan ha già in programma di abbandonare la scrittura cirillica. Un’intenzione similare sta crescendo in Uzbekistan. Le varie repubbliche asiatiche (“stand”) hanno, insieme, una popolazione equivalente ai due terzi di quella russa: costituiscono un mercato interessante e competitivo fra Russia e Cina. Fanno fatica a dominare il fondamentalismo islamico, spina nel fianco sia per la Russia come per la Cina.

Ascoltare la paura russa

Una seconda attenzione è sul versante Russia e Nato. La vecchia contrapposizione fra il patto di difesa occidentale e il Patto di Varsavia si è trasformato in una reciproca diffidenza fra Nato e Russia. Questa ha creato la Comunità degli stati indipendenti con lo scopo di mantenere l’influenza sui paesi limitrofi attraverso l’integrazione economica e un coordinamento militare e anti-terroristico.

La Nato non ha mai rinunciato alla sua natura “antirussa” nello spiegamento dei sistemi missilistici. La Russia ha risposto, soprattutto negli ultimi anni, con una volontà di assicurarsi l’influenza sugli stati ad Ovest per creare un cuscinetto fra sé e i territori Nato – Unione Europea.

L’invasione russa della Crimea e l’intervento nel Donbas in Ucraina sono stati una risposta al piano Nato che, sfruttando la debolezza politica locale e l’irresponsabile spocchia dell’Unione Europea, aveva già predisposto tutto mesi prima della rivoluzione di piazza Majdan. Nonostante saltuari spiragli di incontro, la tensione e la diffidenza fra Russia e Nato si mantengono ai massimi livelli. Pare che la questione Crimea e Ucraina potranno essere risolte solo se la Russia riceve garanzie con la ridefinizione delle sfere di influenza.

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