Immaginare una Chiesa sinodale

di:
sinodalità

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«Far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani».

È la parte conclusiva del discorso pronunciato da papa Francesco il 3 ottobre 2018, all’inizio del Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani. Ed è anche quanto leggiamo al paragrafo n. 32 del documento preparatorio della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, in programma per l’ottobre 2023.

Sinodo e sinodalità non sono termini equivalenti

Si può vedere in questa citazione il senso fondamentale della sinodalità, che non è sinonimo di sinodo.

Sinodo, infatti, è un evento preciso, mentre sinodalità è una categoria con la quale si indicano alcune proprietà della vita della Chiesa. Lo chiarisce il documento della Commissione teologica internazionale La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa: «la sinodalità non designa una semplice procedura operativa, ma la forma peculiare in cui la Chiesa vive e opera».[1]

Si potrebbe dire che il sinodo ha un inizio e un termine, mentre la sinodalità è lo stile con il quale la Chiesa del terzo millennio è chiamata a svolgere la sua missione.[2] «Per secoli, infatti, almeno nella Chiesa latina e occidentale, sono stati celebrati dei sinodi, ma senza sinodalità. Questo si potrà dire certamente per la prassi sinodale post-tridentina»[3] che, secondo la cultura del tempo, mirava non al coinvolgimento attivo di tutto il popolo di Dio, ma a trasmettere ad esso norme e disposizioni perché fossero messe in atto.[4]

Con papa Francesco si può e si deve parlare di sinodalità anche al di fuori della celebrazione di un sinodo. Il discorso da lui fatto il 17 ottobre 2015 in occasione del 50° anniversario dell’istituzione  – ad opera di Paolo VI – del sinodo dei vescovi può, senza esagerare, essere definito storico in quanto «totalmente centrato sulla sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa» e «punto di svolta per la comprensione tanto del sinodo che della sinodalità nella Chiesa cattolica».[5] Esso può essere letto come la magna charta della sinodalità secondo papa Francesco.[6]

La sinodalità, dunque, è stile e prassi ecclesiale che non si esaurisce né nel percorso sinodale delle Chiese in Italia avviato dalla Conferenza episcopale italiana nel 2021 che si concluderà nel 2025, né nel processo sinodale che sta coinvolgendo l’intera cristianità e che si concluderà nell’autunno del prossimo anno con la XVI Assemblea ordinaria del sinodo dei vescovi.

Sinodalità: un tema che non compare in modo esplicito nei testi del Vaticano II

Il tema della sinodalità non compare mai in modo esplicito né nei testi promulgati dal concilio Vaticano II[7] né in quelli che li hanno preparati. Nell’indice tematico cumulativo della Storia del Concilio Vaticano II diretta da Giuseppe Alberigo è del tutto assente la voce sinodalità.[8]

In effetti, il concilio Vaticano II, pur sviluppando un’ampia ripresa della collegialità riferita alla natura e alla forma propria dell’episcopato, non ha teorizzato la sinodalità della Chiesa come dimensione propria ed essenziale.[9] Quello della collegialità, realtà che differisce significativamente dalla sinodalità, è stato, di tutti gli argomenti all’ordine del giorno dei lavori conciliari, quello che ha suscitato il maggior numero di interventi da parte dei vescovi.[10]

Va detto, peraltro, che il termine sinodalità, indubbiamente ancorato alla sacra Scrittura sotto il profilo contenutistico, non vi appare sotto il profilo lessicale.[11] Il documento della Commissione teologica internazionale La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa riserva ben dodici numeri a “la sinodalità nella Scrittura” (dal n. 12 al n. 23).

Sinodalità: uno dei principali effetti del processo di recezione del Vaticano II

In realtà, però, il Vaticano II ha presentato «l’idea di sinodalità innervandola nella realtà del popolo di Dio, interamente sacerdotale, profetico, regale e pellegrino»,[12] ridestando, in tal modo, su di essa l’interesse degli storici e dei teologi.[13]

I documenti conciliari, infatti, pur tra luci e ombre, forniscono alcune prospettive ecclesiologiche che quasi naturalmente spingono nella direzione della sinodalità, fino a farne il centro dell’opera di rinnovamento promossa dal concilio stesso.[14]

La costituzione dogmatica Lumen gentium offre i principi essenziali per una pertinente intelligenza della sinodalità.[15] «L’ordine dei suoi primi tre capitoli è un’innovazione nella storia del magistero e della teologia: la sequenza che contempla il mistero della Chiesa (cap. 1), il popolo di Dio (cap. 2) e la costituzione gerarchica (cap. 3) insegna che la gerarchia – il collegio episcopale guidato dal vescovo di Roma – è un dono al servizio dell’edificazione della Chiesa come famiglia di Dio».[16]

La decisione di anteporre il cap. II sul popolo di Dio e collocarlo prima degli altri non costituisce una questione di lana caprina: essa sta a significare che «la prima realtà della Chiesa è orizzontale ed è formata da tutti i battezzati, senza distinzione di grado. Solo in seconda battuta arriva la realtà verticale, la gerarchia».[17]

Detto altrimenti, nella sequenza mistero della Chiesa-popolo di Dio-costituzione gerarchica della Chiesa è rinvenibile «la fonte per la definizione dell’identità fondante di tutti i soggetti ecclesiali in una dinamica di correlatività e reciprocità che smantella la concentrazione del potere, la separazione sacrale e l’autorità della gerarchia a motivo dell’ordinazione».[18]

È di decisiva importanza prendere atto che ciò che il Vaticano II dice del “popolo di Dio” è diretto ai laici (uomini e donne) come ai pastori e ai religiosi.[19] Il “popolo di Dio”, cioè, comprende vescovi, preti, religiosi e religiose, laici e laiche. Sembra improprio, quindi, parlare di “papa, vescovi, preti, diaconi e religiosi”, da un lato, e di “popolo di Dio”, dall’altro, come si fa, ad esempio in ambito liturgico, nella “preghiera eucaristica III”: «conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e papa N, il nostro vescovo N, l’ordine episcopale, i presbiteri, i diaconi e il popolo che tu hai redento». Come se del “popolo redento” non facessero parte vescovo di Roma, ordine episcopale, presbiteri e diaconi!

La sinodalità, dunque, è riconoscere il carattere normativo della categoria “popolo di Dio”. Nonostante che nei testi del Vaticano II essa torni ben 184 volte, dal 1985 si è andata offuscando nei documenti del magistero pontificio.[20] Se n’è constatata una vera eclissi anche nelle trattazioni teologiche.[21]

Il teologo canadese Gilles Routhier ha sottoposto il testo della Lumen gentium a due persone competenti in materia di analisi sincroniche dei testi ed estranee alla storia del concilio Vaticano II. In modo stupefacente, gli hanno entrambe dimostrato che è la categoria popolo di Dio a strutturane il testo.[22]

Quanto all’effettivo riconoscimento, a livello di prassi ecclesiale, della fondamentale categoria di “popolo di Dio”, è impressionante leggere quanto Yves Congar scriveva attorno alla metà degli anni ’60 del secolo scorso, ma che in realtà sembra scritto oggi, a 57 anni dalla conclusione del concilio Vaticano II: «Siamo ancora lontani dall’aver tratto le conseguenze della riscoperta, in linea di principio fatta globalmente, del fatto che tutta la Chiesa è un unico popolo di Dio e che i fedeli la compongono insieme con i chierici. Noi abbiamo, implicita e inconfessata, o addirittura inconscia, l’idea che la Chiesa è fatta dal clero e che i fedeli ne sono solamente i beneficiari o la clientela.

Questa orribile concezione si è impressa in così tante strutture e abitudini da sembrare scontata e impossibile da cambiare. È un tradimento della verità. C’è ancora molto da fare per declericalizzare la nostra concezione della Chiesa, senza, ovviamente, attentare alla sua struttura gerarchica, e per riportare i chierici nella verità totale della loro posizione di membri servi».[23]

Un sostantivo di nuovo conio nella letteratura teologica

Il documento della Commissione teologica internazionale La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa afferma che anche nella letteratura teologica sinodalità è «un sostantivo di nuovo conio».[24] Basti pensare che nelle quasi 900 pagine dell’Indice Generale – riferito agli anni dal 1965 al 2015 – della prestigiosa rivista internazionale di teologia Concilium non compare mai il lemma sinodalità.

È grazie al magistero di papa Francesco che, a partire dal 2015,[25] la sinodalità ha ricevuto un forte impulso destinato ad aprirci a enormi possibilità,[26] spalancando nuovi scenari ecclesiali.[27] Si può affermare che «il tema della sinodalità si è ormai imposto in modo indiscusso tanto all’attenzione del più vasto mondo ecclesiale quanto a quello del più ristretto mondo teologico»,[28] tanto da farne uno dei principali e più visibili effetti del processo di recezione del Vaticano II.[29]

La sinodalità come modo ordinario di vivere e operare nella Chiesa

Lungi dall’essere «il capitolo di un trattato di ecclesiologia, e tanto meno una moda, uno slogan o il nuovo termine da usare o da strumentalizzare nei nostri incontri», la sinodalità esprime la natura, la forma, lo stile e la missione della Chiesa.[30]

In quanto «dimensione costitutiva della Chiesa» e «cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio»,[31] tutti, nel ruolo che ognuno ha in essa, siamo chiamati a costruirla[32] «non occasionalmente ma strutturalmente»,[33] promuovendola a tutti i livelli della vita ecclesiale.[34]

Alla luce del magistero di papa Francesco, che della sinodalità della Chiesa ha fatto un cardine del suo pontificato, si potrebbe delineare in modo sintetico e necessariamente incompleto ciò che caratterizza la “Chiesa sinodale”.

È sinodale la Chiesa che…
  1. cresce nell’amore e nella testimonianza di fede[35] nella misura in cui pone al centro della sua vita e di ogni azione pastorale la lettura e l’ascolto assiduo della Parola di Dio pregata e vissuta individualmente e comunitariamente;
  2. si mette in attento ascolto dello Spirito Santo perché il popolo di Dio – pastori e fedeli – sia in grado, grazie al sensus fidei che li abita,[36] di discernere ciò che esso oggi “dice alle Chiese”[37] e trovare vie, modi e linguaggi nuovi per annunciare il Vangelo;[38]
  3. dimostra nei fatti di considerare la dignità e l’eguaglianza di tutte le persone battezzate un dato originario e basilare rispetto a qualsiasi distinzione in funzioni e ministeri;[39]
  4. con l’orecchio del cuore[40] si mette in ascolto – condividendole – delle gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce degli uomini e delle donne di oggi, dei poveri soprattutto[41] – che sono la carne di Cristo[42] – e di tutti coloro che soffrono;[43]
  5. guarda il mondo di oggi con discernimento ma con simpatia, senza paura, senza pregiudizi, con coraggio, alla maniera di Dio che, sentendo suoi i dolori, le gioie e le speranze dell’umanità, «è sceso» a liberarla (Es 3,7-8);[44]
  6. si pone in atteggiamento di uscita missionaria, non ama sostare nelle sacrestie e formare gruppi elitari che si isolano e si chiudono[45] e, nelle sue varie componenti, cammina insieme, con stile fraterno e sororale, contribuendo a generare un mondo più bello e più umanamente degno per le generazioni future;[46]
  7. ascolta la voce dei laici e delle laiche non per concessione, ma per diritto,[47] stimolando e promuovendo la maturazione degli organismi di partecipazione alla vita delle comunità;[48]
  8. considera inadeguato lo “schema di evangelizzazione” dove a farla da padroni sono sempre e solo “attori qualificati”, mentre “il resto del popolo fedele” è sempre e solo in atteggiamento di recezione delle azioni di detti “attori”;[49]
  9. non considera rigida la separazione tra ecclesia docens ed ecclesia discens, giacchè il popolo di Dio, che non può sbagliarsi nel credere, possiede un proprio “fiuto” per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa;[50]
  10. sa dotarsi di strumenti e strutture né verticistiche né distorte che favoriscano il dialogo e l’interazione tra presbiteri e laici e che scongiurino il rischio che “il padrone della baracca” alla fine sia sempre il prete;[51]
  11. non ostracizza la diversità di vedute, le quali, grazie al dialogo e al discernimento, dovrebbero sempre essere espresse e smussate fino a raggiungere un’armonia che non richiede di cancellare i bemolle delle distinzioni,[52] ma cammina unita nell’armonia delle diversità in cui tutti hanno un loro apporto insostituibile da dare;[53]
  12. rimette in auge, con modalità tutte da inventare, il principio utilizzato nella Chiesa medioevale e ritenuto prassi o tradizione apostolica ciò che riguarda tutti deve essere trattato e approvato da tutti, applicandolo ai tre campi della vita della Chiesa (fede, sacramenti, governo);[54]
  13. è servita da pastori che, a volte, si pongono davanti per indicare la strada e sostenere le speranze del popolo, altre volte stanno semplicemente in mezzo a tutti con la loro vicinanza misericordiosa, e in alcune circostanze camminano dietro al popolo, per aiutare coloro che sono rimasti indietro;[55]
  14. opera, a tutti i livelli, per una piena recezione[56] del concilio Vaticano II con il quale ha avuto inizio una nuova tappa dell’evangelizzazione e con il quale la Chiesa si è assunta la responsabilità di annunciare il Vangelo in un modo nuovo, più consono a un mondo e a una cultura profondamente mutati;[57]
  15. si avvale della presenza e della partecipazione alla sua vita:

non di cristiani parolai che si accontentano di dire «Signore, Signore!» (Mt 7,21), ma di cristiani “di azione e di verità” che costruiscono la loro vita sulla roccia che è Cristo;[58]

non di cristiani che, alla maniera di Ulisse, cercano di contrastare il canto delle sirene facendosi legare all’albero maestro e turano con la cera gli orecchi dei compagni di viaggio, ma di cristiani che, alla maniera di Orfeo, contrastano il canto delle sirene, suonando, con la loro cetra, una melodia più bella;[59]

non di cristiani che guardano la vita dal balcone senza sporcarsi le mani,[60] ma di cristiani profondamente consapevoli che una fede autentica, mai comoda e individualista, implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra;[61]

non di cristiani gnostici che cedono alla tentazione di trasformare l’esperienza cristiana in un insieme di elucubrazioni mentali che finiscono con l’allontanarli dalla freschezza del Vangelo,[62] ma di cristiani che permettono a Cristo di prendere possesso della loro vita per cambiarla, trasformarla e liberarla dalle tenebre del male e del peccato;[63]

non di cristiani pelagiani che, in definitiva, fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato,[64] ma di cristiani dalla fede operosa per mezzo della carità (Gal 5,6);[65]

non di cristiani da salotto[66] o di cristiani che lo sono solo a tempo, in alcuni momenti, in alcune circostanze e in alcune scelte,[67] ma di cristiani che, avendo messo Cristo nella loro vita, si vedono crescere le ali della speranza per percorrere con gioia la via del futuro;[68]

non di cristiani pessimisti, scontenti e disincantati, dalla faccia scura[69] e dallo stile di Quaresima senza Pasqua,[70] ma di cristiani che testimoniano con la vita e con la parola la gioia del Vangelo come conseguenza del loro incontro con l’amore di Dio in Cristo Gesù.[71]


[1] Commissione teologica internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 42.

[2] Francesco, Discorso per commemorare il 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi (17 ottobre 2015).

[3] Marcello Semeraro, Testimoniare la fede in stile sinodale, in: Alberto Melloni (a cura), Sinodalità. Istruzioni per l’uso, EDB, Bologna 2021, pag. 58.

[4] Commissione teologica internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 35.

[5] Dario Vitali, Il sinodo dei vescovi: un passo in avanti, in Rafael Luciani-Serena Noceti-Carlos Schickendantz (a cura di), Sinodalità e riforma. Una sfida ecclesiale, Editrice Queriniana, Brescia 2022, pag. 394 e pag. 397.

[6] Massino Faggioli, La relazione tra ministero episcopale e Chiesa locale e sinodale, in Rafael Luciani-Serena Noceti-Carlos Schickendantz (a cura di), Sinodalità e riforma. Una sfida ecclesiale, op.cit., pag. 205

[7] Commissione teologica internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 6.

[8] Storia del Concilio Vaticano II diretta da Giuseppe Alberigo, voll. 5, nuova edizione aggiornata, Il Mulino, Bologna 2015.

[9] Serena Noceti, Sinodalità: sfida di una questione aperta, in Riccardo Battocchio-Serena Noceti (a cura), Chiesa e sinodalità. Coscienza, forme, processi, Edizioni Glossa, Milano 2007, pag. 324.

[10] Hervè Legrand, La sinodalità al Vaticano II e dopo il Vaticano II. Un’indagine e una riflessione teologica e istituzionale, in Riccardo Battocchio – Serena Noceti (a cura), Chiesa e sinodalità. Coscienza, forme, processi op. cit., pag. 68.

[11] Aldo Martin, Sinodalità. Il fondamento biblico del camminare insieme, Queriniana, Brescia 2021, pagg. 17-18 e 46 («anche se nel vocabolario utilizzato dagli autori neotestamentari non compare mai esplicitamente il campo semantico del termine σύνoδος – nell’accezione ecclesiale contemporanea –, ci sono molti altri elementi che contribuiscono a reperire un solido fondamento biblico alla categoria della sinodalità»).

[12] Michele Giulio Masciarelli, Un popolo sinodale. Camminare insieme, Tau Editrice, Tosi (PG) 2016, pag. 48.

[13] Giuseppe Ruggeri, Chiesa sinodale, Editori Laterza, Bari-Roma 2017, pag. XX dell’Introduzione.

[14] Anne Bèatrice Faye, La sinodalità al femminile. Nuovi spazi di discernimento e di collaborazione nella Chiesa, in Rafael Luciani-Serena Noceti-Carlos Schickendantz (a cura), Sinodalità e riforma. Una sfida ecclesiale, op. cit., pag. 165.

[15] Commissione teologica internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 54.

[16] Carlos Maria Galli, Il dono traboccante dello Spirito nel popolo di Dio. La comunione sinodale e missionaria nelle Chiese regionali, in: Rafael Luciani-Serena Noceti-Carlos Schickendantz (a cura), Sinodalità e riforma. Una sfida ecclesiale, op. cit., pag. 70. Nel 1965 Yves Congar spiegava nei termini che seguono la scelta dei padri conciliari di collocare il capitolo della Lumen gentium sul popolo di Dio prima di quello sulla Costituzione gerarchica della Chiesa: «In tal modo si è posto come primo valore la qualità di discepolo, la dignità propria dell’esistenza cristiana come tale o la realtà di un’ontologia di grazia, e si è posta in seguito, all’interno di queste realtà, una struttura gerarchica propria di un’organizzazione sociale» (Yves Congar, La Chiesa come popolo di Dio, Concilium n. 1965, pag. 21).

[17] John W. O’Malley, Réforme de l’Église. Réflection d’un historien, in Études 1 (2017), 80: citato da Natahlie Becquart, Papa Francesco e il sinodo: un nuovo stile di esercizio del primato. Primato, collegialiità, sinodalità: dalla competizione alla cooperazione, in: Rafael Luciani-Serena Noceti-Carlos Schickendantz (a cura), Sinodalità e riforma. Una sfida ecclesiale, op. cit., pag. 217.

[18] Rafael Luciani, L’emersione di un’ecclesiologia sinodale. “Una definizione più completa della Chiesa”, in Rafael Luciani-Serena Noceti, Sinodalmente. Forma e riforma di una Chiesa sinodale, Editrice Nerbini, Firenze 2022, pag. 61.

[19] Lumen gentium, n. 30.

[20] Carlo Maria Galli, La riforma missionaria della Chiesa secondo Francesco. L’ecclesiologia del popolo di Dio evangelizzatore, in: Antonio Spadaro, Carlos Maria Galli (a cura), La riforma e le riforme nella Chiesa, Editrice Queriniana, Brescia 2016, pag. 48 e pag. 49.

[21] Michele Giulio Masciarelli, Un popolo sinodale. Camminare insieme, Tau Editrice. Todi (PG) 2016, pag. 32.

[22] Gilles Routhier, Il Concilio Vaticano II. Recezione ed ermeneutica, Vita e pensiero, Milano 2007, nota n. 30 del cap. XI riportata a pag. 391.

[23] Yves Congar, Per una Chiesa serva e povera, Edizioni Qiqajon, Magnano/BI 2014, pagg. 143-144.

[24] Commissione teologica internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 5. Va, peraltro, detto che l’Associazione Teologica Italiana, nel 2005, in occasione del suo XIX congresso, affrontò, con una scelta decisamente profetica, il tema della sinodalità quale dimensione essenziale della Chiesa: cf. Riccardo Battocchio-Serena Noceti, Chiesa e sinodalità. Coscienza, forme, processi, Edizioni Glossa, Milano 2007.

[25] Va detto che in Evangelii gaudium (del 24 novembre 2013), che contiene il programma del pontificato di Francesco, di sinodalità si parla solo una volta, al paragrafo 246, per dire che «nel dialogo con i fratelli ortodossi, noi cattolici abbiamo la possibilità di imparare qualcosa sul significato della collegialità episcopale e sulla loro esperienza di sinodalità». Un cenno alla strada della sinodalità fu fatto da Francesco il 29 giugno 2013 nel corso dell’omelia in occasione dell’imposizione del pallio a 34 arcivescovi. Nell’intervista del 19 settembre 2013 concessa al direttore de La Civiltà Cattolica, alla domanda di Antonio Spadaro “Come conciliare in armonia primato petrino e sinodalità” Francesco rispose «Si deve camminare insieme: la gente, i vescovi e il papa. La sinodalità va vissuta a vari livelli».

[26] Luis Marin De San Martin, Sinodo, sfida e speranza, in Rafael Luciani-Serena Noceti-Carlos Schickendantz (a cura), Sinodalità e riforma. Una sfida ecclesiale, Editrice Queriniana, Brescia 2022, pagg.129-130.

[27] Ugo Sartorio, Sinodalità. Verso un nuovo stile di Chiesa, Àncora Editrice, Milano 2021, pag.7.

[28] Roberto Repole, Sinodalità. Il contributo della teologia, in Teologia 46 (2021, pag. 511).

[29] Santiago Madrigal, Potere e autorità in una Chiesa sinodale, in Rafael Luciani-Serena Noceti-Carlos Schickendantz (a cura), Sinodalità e riforma. Una sfida ecclesiale, op. cit., pag. 241.

[30] Francesco, Discorso ai fedeli della diocesi di Roma (18 settembre 2021).

[31] Francesco, Discorso per commemorare il 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi (17 ottobre 2015).

[32] Francesco, Discorso per commemorare il 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi (17 ottobre 2015).

[33] Francesco, Momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale (9 ottobre 2021).

[34] Francesco, Discorso ai partecipanti della plenaria della Congregazione per la dottrina della fede (29 gennaio 2016).

[35] Francesco, Lettera apostolica Aperuit illis n. 2.

[36] Lumen gentium n. 12. Udienza generale (11 aprile 2018).

[37] Francesco, Discorso per commemorare il 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi (17 ottobre 2015).

[38] Francesco, Discorso ai vescovi, sacerdoti, religiosi/e, seminaristi e catechisti (Bratislava, 13 settembre 2021).

[39] Lumen gentium n. 32.

[40] Francesco, Messaggio per la 56^ Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (24 gennaio 2022).

[41] Francesco, Discorso ai fedeli di Roma (18 settembre 2021).

[42] Francesco, Discorso ai partecipanti al Capitolo generale dell’Ordine francescano secolare (17 ottobre 2015).

[43] Gaudium et spes n. 1.

[44] Francesco, Discorso ai partecipanti al capitolo generale dei Figli della divina provvidenza (25 giugno 2022).

[45] Francesco, Messaggio ai partecipanti alla 49ª Settimana sociale dei cattolici italiani (4 ottobre 2021).

[46] Francesco, Discorso per commemorare il 50° anniversario dell’istituzione del sinodo dei vescovi (17 ottobre 2015); Evangelii gaudiumnn. 186-192Laudato si, nn. 156-162.

[47] Francesco, Discorso ai membri del Consiglio Nazionale dell’Azione cattolica italiana (30 aprile 2021).

[48] Evangelii gaudium n. 31. Francesco, Momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale (9 ottobre 2021).

[49] Evangelii gaudium n. 120.

[50] Francesco, Discorso per commemorare il 50° anniversario dell’istituzione del sinodo dei vescovi (17 ottobre 2015)

[51] Francesco, Momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale (9 ottobre 2021).

[52] Francesco in conversazione con Austen Ivereigh, Ritorniamo a sognare, La strada verso un futuro migliore, Piemme, Milano 2020, pag. 93.

[53] Francesco, Messaggio per la 59ª giornata mondiale di preghiera per le vocazioni (8 maggio 2022).

[54] Commissione teologica internazionale, La sinodalità nella vita della Chiesa, n. 65.

[55] Evangelii gaudium n. 31. Richiamo, questo, che torna frequentissimamente nel magistero di Francesco. Del discorso ai fedeli della diocesi di Roma del 18 settembre 2021 merita richiamare il seguente passo: «I pastori camminano con il popolo: noi pastori camminiamo con il popolo, a volte davanti, a volte in mezzo, a volte dietro. Il buon pastore deve muoversi così: davanti per guidare, in mezzo per incoraggiare e non dimenticare l’odore del gregge, dietro perché il popolo ha anche fiuto. Ha fiuto nel trovare nuove vie per il cammino, o per ritrovare la strada smarrita. Questo voglio sottolinearlo, e anche ai vescovi e ai preti della diocesi. Nel loro cammino sinodale si domandino: Ma io sono capace di camminare, di muovermi, davanti, in mezzo e dietro, o sono soltanto nella cattedra, mitra e baculo? Pastori immischiati, ma pastori, non gregge: il gregge sa che siamo pastori, il gregge sa la differenza. Davanti per indicare la strada, in mezzo per sentire cosa sente il popolo e dietro per aiutare coloro che rimangono un po’ indietro e per lasciare un po’ che il popolo veda con il suo fiuto dove sono le erbe più buone».

[56] Il documento della Commissione teologica internazionale La sinodalità nella vita della Chiesa descrive la recezione «come un processo attraverso il quale, sotto la guida dello Spirito, il popolo di Dio riconosce delle intuizioni o delle idee e le integra nella configurazione e nelle strutture della vita e del culto, accettando una nuova testimonianza resa alla verità e alle forme di espressione che le corrispondono, poiché comprende che sono in accordo con la Tradizione apostolica. Il processo di recezione è fondamentale per la vita e la salute della Chiesa in quanto popolo pellegrino nella storia verso la pienezza del regno di Dio (n. 78).

[57] Francesco, Discorso ai membri dell’Associazione teologica italiana (29 dicembre 2017).

[58] Francesco, Meditazione mattutina (27 giugno 2013).

[59] Francesco, Discorso agli studenti e al mondo accademico (Bologna, 1° ottobre 2017).

[60] Francesco, Discorso in occasione della visita alla tomba di Primo Mazzolari (Bozzolo, 27 giugno 2017).

[61] Evangelii gaudium n. 183.

[62] Gaudete et exsultate, n. 46.

[63] Francesco, Udienza generale (10 aprile 2013).

[64] Evangelii gaudium n. 94.

[65] Gaudete et exsultate, n. 60.

[66] Francesco, Meditazione mattutina (16 maggio 2013).

[67] Francesco, Udienza generale (15 maggio 2013).

[68] Francesco, Omelia, Lungomare di Copacabana (Rio de Janeiro, 25 luglio 2013).

[69] Evangelii gaudium n. 85.

[70] Evangelii gaudium n. 6.

[71] Evangelii gaudium n. 120.

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