Laboratori di sinodalità

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sinodalità

Il Centro Fede e Cultura “Alberto Hurtado”[1] ha dedicato, nel secondo semestre di questo anno accademico appena concluso, i Martedì della Gregoriana al tema della sinodalità.

Le conferenze, aperte al pubblico e pubblicate sul canale YouTube dell’università, hanno visto protagonisti docenti e ricercatori che si sono confrontati a coppie su diversi temi. In ordine temporale, sono intervenuti Riccardo Battocchio e Filippo Gridelli[2] sul sensus fidei, Dario Vitali e Serena Noceti[3] sul popolo di Dio, Pierluigi Consorti e Andrea Grillo[4] sul processo sinodale alla prova del codice; infine, Stella Morra e Marianella Sclavi[5] si sono interrogate su quali pratiche siano in atto nel processo sinodale.

In continuità con quanto emerso nel corso delle conferenze, sono stati proposti due laboratori, ai quali hanno aderito una quindicina di docenti, dottorandi e persone interessate al tema, provenienti anche da realtà esterne al mondo accademico.

Un esercizio di sinodalità

I docenti e le docenti che hanno organizzato i due incontri di confronto reciproco hanno scelto il metodo laboratoriale poiché questo si propone come luogo d’incontro e ascolto vicendevole; obiettivo, quindi, è stata la promozione di un lavoro comune a partire da quanto emerso nel corso delle conferenze. Con le parole del Prof. Giuseppe Bonfrate, intervistato dall’Osservatore romano, i laboratori sono stati

«immaginati come autentico esercizio di sinodalità, nella speranza di coinvolgere, insieme, docenti, dottorandi e persone interessate provenienti dall’esterno del mondo accademico. Ci siamo accorti che non basta l’assegnazione di parola, per quanto necessaria, a liberare le voci emarginate. C’è bisogno, soprattutto, di offrire spazi che vanno difesi, curati, in cui le persone avvertano il riconoscimento della dignità di parola e possano finalmente apprendere a esprimerla, sentendosi efficacemente parte di un cammino comune»[6].

Uno degli scopi, quindi, è stato di far sì che i partecipanti potessero apprendere ad esprimere la propria parola e consegnarla per il lavoro comune.

La proposta di uno spazio di relazione

Se in questo tempo di Sinodo è importante creare luoghi di ascolto, non è scontato che chi ha la possibilità di prendere parola sia messo e/o si senta già nelle condizioni di farlo veramente. Infatti, nelle esperienze ecclesiali, spesso si incontra un sentimento di delusione e frustrazione nel constatare la fatica dell’esercizio della condivisione. I docenti del Centro Hurtado hanno ritenuto fondamentale custodire, come porzione di chiesa e come comunità universitaria, uno spazio di relazione e di scambio che rendesse questo esercizio praticabile.

Più precisamente, coloro che hanno moderato il laboratorio hanno preparato delle schede sintetiche evidenziando le questioni sollevate nelle conferenze e rilanciandole con delle domande aperte; questo lavoro previo è stato considerato indispensabile per comunicare ai partecipanti – più che dei contenuti – una modalità di lavoro nella quale innestare le proprie considerazioni.

Un cammino di espropriazione pneumatologica

Nel corso del laboratorio è emersa la consapevolezza che la sinodalità non può coincidere con una struttura, con una forma di governo, con eventi che pretendano di incarnarla; né tanto meno può essere intesa solo come atteggiamento interiore che rischia di non essere incisivo.

Il cammino sinodale necessita di quella che teologicamente può essere definita come espropriazione pneumatologica: se si compie un cammino sinodale è per ascoltare lo Spirito che parla nella vita come luogo rivelativo. Ascoltiamo e attendiamo qualcosa che non proviene da una intelligenza collettiva, o dal pensiero del più forte, bensì da Dio Trinità. Questa consapevolezza permette, quindi, un importante esercizio di espropriazione del sé in favore dell’ascolto dell’Altro.

Irripetibile singolarità e comunione: l’inedito di Dio

L’espropriazione pneumatologica, inoltre, conduce ad approfondire la propria condizione di “figlio/a di Dio”, nella cui irripetibile singolarità, offerta e accolta nella comunione fraterna e sororale, si manifesta in modo sempre nuovo l’inedito di Dio che si fa conoscere e parla ai suoi, nonché l’azione dello Spirito che conduce progressivamente insieme alla “verità tutta intera”.

In questo camminare insieme umile e fiducioso si impara così a riconoscere nello Spirito l’autore della differenza e Colui che è l’armonia delle differenze; si entra nell’atteggiamento di concreto amore vicendevole che permette il “rimanere” di noi in Dio e di Dio in noi; si acquisisce progressivamente lo sguardo promuovente e valorizzante di Dio sulle sue creature e si entra pian piano in quella comunione pericoretica alla quale siamo tutti chiamati.

Se, tuttavia, questo processo è chiaro teoreticamente e spiritualmente, rimangono due questioni aperte. In primo luogo, il problema della forma che debba assumere il “luogo” dell’ascolto (che, come abbiamo detto sopra, non coincide con una determinata struttura e deve innanzitutto permettere a Dio di parlare) e, in secondo luogo, la necessità di criteri di verifica di questa forma.

Tensioni da attraversare

La riflessione comune ha portato alla luce alcune tensioni intorno alla sinodalità: tra il riconoscimento della dignità di parola e il poterla/saperla effettivamente esprimere; tra una parola che ci supera e una parola che emerge solo mediante il confronto fra noi; tra comunione statica e sinodalità itinerante; tra universalità e uniformità (in riferimento alla cattolicità); tra ascolto di tutti e tutte e ascolto concretamente realizzabile; tra comunione intorno all’ascolto e comunione intorno a una decisione; tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens; tra autorità come ultima parola e autorità come possibilità di “far crescere” il prendere parola; tra decisione presa democraticamente e con-senso; infine, tra gerarchia e popolo di Dio, quando la prima è intesa come qualcosa di distinguibile dal secondo.

Tali tensioni non chiedono necessariamente una sintesi o la scelta di uno dei due poli, ma piuttosto parole e pratiche che permettano di abitarle.

Una massa di pasta che lievita

Durante il secondo laboratorio, ragionando insieme su quanto si sta facendo e riflettendo intorno alla sinodalità nei vari contesti di appartenenza ecclesiale, è stata proposta l’immagine di una grande massa di pasta che lievita.

Sembra, infatti, che i pensieri e le pratiche stiano crescendo e maturando, ma allo stesso tempo appare complesso riuscire a “maneggiare” tutta questa quantità che si solleva. Anche durante i laboratori è accaduto un fenomeno simile: sono emerse forze legate ad aspetti molto importanti, condivisi a partire dalla vita quotidiana e dall’impegno ecclesiale di coloro che hanno preso parola.

Di fronte a tutto questo, pensando a chi ha il compito di accompagnare il processo sinodale, abbiamo percepito il rischio che la paura di non riuscire a governare l’effervescenza porti a scelte controproducenti, oppure che coloro che svolgono un servizio intellettuale, credendo di interpretare la massa, in realtà la conducano dove essa non intendeva giungere.

La necessità di una triplice mediazione

Emerge, a questo punto, un triplice problema di mediazione. Di natura linguistica, perché mancano parole capaci di connettere queste tensioni e di riconoscere le forze vitali che possono generare. Di natura storica perché, se il Regno è in mezzo a noi, la storia deve trovare parole e pratiche per poterla abitare.

Di natura teologica per comprendere la differenza tra autorità e potere; infatti, mentre abbiamo bisogno di un confronto con le esperienze civili e storiche contemporanee, dobbiamo anche procedere ad una elaborazione teologica, affinché anche l’autorità intesa come servizio che fa crescere sia posta sotto un controllo e una verifica.

Tempo e pratiche per una “dinamica del noi”

Per affrontare tutto questo, sono state poste la questione del tempo – perché alcuni processi ecclesiali avvengono in modo non immediatamente percepibile – e la necessità di essere competenti nella gestione delle dinamiche di gruppo, cosa che ci è sembrata indispensabile per mettere a fuoco questo processo.

Da tale punto di vista, nel laboratorio è emersa la fecondità delle pratiche proposte da Marianella Sclavi per attivare una “dinamica del noi”: i sondaggi deliberativi (James Fishkin), l’Open Space Technology (Harrison Owen), il diagramma di Leo Kanner e l’ascolto attivo (con le sette regole formulate dalla stessa Sclavi[7]). L’ultima delle sette regole suggerisce che «per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica» e questo è sembrato essere molto importante da tenere a mente nelle pratiche di sinodalità.

Il tempo e delle buone dinamiche di gruppo possono contribuire indubbiamente ad abitare quelle tensioni presentate precedentemente, per imparare ad ascoltare lo Spirito, restando in attesa del Signore che viene. D’altra parte, la centralità dell’ascolto dello Spirito nel camminare insieme offre all’abitare il tempo e a quelle stesse buone dinamiche di gruppo un respiro ed un orizzonte nuovi, che possono essere un contributo prezioso della Chiesa alle attese dell’umanità e della società contemporanea.

L’esperienza concreta del cammino sinodale diocesano

Durante il laboratorio è stato molto vivo e sincero il confronto delle esperienze dirette e personali dei partecipanti al cammino sinodale, nelle parrocchie, associazioni, etc.. Non è mancato il rilievo che alcune modalità incontrate si sarebbero potute attuare meglio.

Allo stesso tempo, è apparsa chiaramente la consapevolezza che la questione non è il metodo esatto (o se sia più importante il processo o il documento), ma ciò che accade mentre attiviamo il processo e poi riceviamo il documento.

Un lavoro da continuare

Questa esperienza in università è stata, innanzitutto, motivo di stupore da parte dei partecipanti per aver visto maturare la reale autorità di prendere parola nella costruzione di un sapere comune, in un credibile clima di accoglienza e ascolto reciproci. Concretamente, i laboratori hanno portato alla stesura partecipata di due testi sintetici, come ulteriori aperture per un lavoro futuro, da cui abbiamo tratto il presente articolo.

Per i docenti del Centro Hurtado, i laboratori sono stati incentivo non solo per continuare a riflettere sulla sinodalità e a creare luoghi per praticarla, ma anche per aprire spazi in cui attuare il metodo del laboratorio su altre questioni importanti per la vita di fede.


[1] https://www.unigre.it/it/fede-e-cultura-hurtado

[2] https://youtu.be/ZjCPeGt76_I

[3] https://youtu.be/uYdY_QIWAQg

[4] https://youtu.be/EgE2BOXe5ts

[5] https://youtu.be/BXr39CRbnEk

[6] I. Traboni, «Esercizio di speranza», L’Osservatore Romano (26/03/2022) 9.

[7] https://ascoltoattivo.net/le-7-regole

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Un commento

  1. Fabio Cittadini 2 agosto 2022

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