Sinodo Amazzonia: coraggio e creatività

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I sinodali hanno trattato molti punti, ma più di uno si è lamentato che, a parte i problemi della protezione del clima e dei «viri provati», altri temi sarebbero stati un po’ trascurati. L’analisi di Johannes Schidelko: quattro i cammini di conversione indicati con un invito al coraggio della creatività.

Alla fine dei lavori, regnava una soddisfazione generale. Il documento finale del Sinodo per l’Amazzonia, che inizialmente aveva avuto aspre critiche, è stato riveduto ancora una volta in maniera profonda. E così, al termine, i 185 membri e le loro discussioni di tre settimane si sono ampiamente ritrovati nel testo.

Tutti i 120 punti del documento, in 34 pagine, sono stati adottati con la maggioranza richiesta di due terzi, anche i «punti caldi»: non c’era mai stato un incontro di vescovi che riflettesse in maniera così dettagliata e concreta sulla possibilità di ordinare uomini sposati in determinate situazioni estreme o di conferire maggiori ministeri di guida alla donne nella Chiesa e sottoponesse al papa le proposte scritte.

Ora spetta a Francesco se e come accogliere questi suggerimenti in un documento ufficiale conclusivo. Egli stesso, nel congedarsi, aveva ancora una volta invitato i partecipanti alla creatività.

Le discussioni sui “viri probati” riguardanti la consacrazione di uomini sposati sperimentati per far fronte alla grave mancanza di preti nella regione amazzonica ha occupato un grande spazio nel dibattito. Così pure, il problema di un numero maggiore e più importante di ministeri delle donne nelle comunità, fino all’ordinazione diaconale. Allo stesso tempo, diversi altri problemi centrali – come si sono lamentati i sinodali – sarebbero stati un po’ trascurati.

Il documento finale, tuttavia, presenta un quadro molto ampio e differenziato. Colloca l’intero Sinodo entro il quadro basilare della «conversione integrale», di una conversione complessiva. Vi è in questo la ricerca di «nuovi percorsi» in quattro ambiti: pastorale, culturale, ecologico e, infine, sinodale.

La Chiesa amazzonica ha bisogno di un «volto indigeno»

Tra i nuovi cammini di una conversione pastorale il sinodo colloca un maggior impegno ecumenico, nel dialogo interreligioso e culturale con le religioni e le culture indigene che la Chiesa deve conoscere e rispettare. Essa riconosce che il contatto con le Chiese pentecostali non è facile, e costituisce una nuova concorrenza e sfida per la Chiesa. Ma soprattutto la Chiesa dell’Amazzonia deve diventare essa stessa missionaria, deve avere anche un volto indigeno.

Fa parte di ciò una nuova pastorale e una più decisa evangelizzazione tra i migranti nelle periferie delle città. E deve occuparsi maggiormente degli adolescenti di fronte alle molte sfide della povertà, della violenza, dello sfruttamento sessuale, della tossicodipendenza, delle nuove forme di schiavitù e di un crescente tasso di suicidi. In concreto, i sinodali salutano con favore le iniziative di una pastorale itinerante attraverso équipes missionarie.

La conversione culturale richiede che la Chiesa si senta e si comporti come alleata dei popoli amazzonici. Deve rispettare i loro valori, le loro culture e il loro stile di vita. Soprattutto deve difendere i loro diritti e denunciare tutti gli attacchi contro la vita delle comunità indigene e il loro ambiente e difenderle contro tutte le molteplici forme di sfruttamento. Per la Chiesa, la difesa della vita e dei diritti dei popoli indigeni è «un principio evangelico». L’assemblea dei vescovi rifiuta espressamente «un’evangelizzazione di stile coloniale». La Chiesa ha il compito di evangelizzare, ma ciò non deve avere nulla a che fare con il proselitismo.

Il documento sinodale chiede esplicitamente nuovi percorsi per una conversione ecologica di fronte all’enorme crisi socio-ecologica con i suoi pericoli per il cambiamento climatico globale. Lo sfruttamento illimitato della «casa comune e dei sui abitanti» deve essere fermato. I cambiamenti nel sistema economico sono tanto necessari quanto una solidarietà globale.

«Di fronte alla situazione urgente del pianeta e dell’Amazzonia un’ecologia integrale non è un cammino che la Chiesa può scegliere per il suo futuro in questo territorio, ma è l’unica via possibile; non esiste altro percorso praticabile per salvare la regione».

 Il documento si oppone alla criminalizzazione delle persone che si impegnano a difesa dei diritti umani. L’impegno per questi diritti non è solo un dovere politico e un compito sociale, ma anche un’esigenza della fede. Anche se la Chiesa non può cambiare immediatamente dovunque i modelli di sviluppo distruttivi e predatori, deve mostrare chiaramente da che parte sta. Deve impegnarsi per uno sviluppo equo, solidale e sostenibile. Il fondamento è la dottrina sociale della Chiesa, che implica espressamente l’ecologia.

Differenze tra sacerdoti sposati e ministeri femminili direttivi delle comunità

I 181 sinodali presenti al voto del documento finale hanno accolto a schiacciante maggioranza le proposte e le analisi per una conversione pastorale, culturale ed ecologica; i voti contrari sono rimasti costantemente a una sola cifra. Più controversa è stata invece la quarta area, la conversione sinodale che riguardava anche uno dei «punti caldi» sopra ricordati.

La Chiesa ha bisogno di nuove esperienze sinodali, di un nuovo cammino fatto insieme, di una cultura del dialogo e dell’ascolto per rispondere alle sfide pastorali. In particolare, il documento sottolinea a questo riguardo la corresponsabilità dei laici. Per la Chiesa amazzonica è importante affidare i ministeri «allo stesso modo a uomini e donne». In assenza di un sacerdote, per esempio, un vescovo potrebbe affidare a tempo determinato, secondo un principio di rotazione, l’esercizio della pastorale della comunità a dei membri privi della consacrazione sacerdotale. Questa proposta ha avuto complessivamente 14 voti contrari. Solo 11 sinodali – contro 159 – hanno detto «no» alla proposta «di introdurre un ministero direttivo femminile della comunità».

Un rifiuto maggiore, vale a dire 41 voti negativi, hanno ottenuto le riflessioni riguardanti un’ordinazione sacerdotale di diaconi sposati. Il documento è molto esplicito a questo riguardo, ma si premura chiaramente di assicurarlo.

La nozione di “viri probati” – risuonata in aula quasi in un intervento su tre – è stata sorprendentemente evitata. E la proposta è cautamente limitata alle situazioni eccezionali di grave carenza di sacerdoti nelle regioni più remote dell’Amazzonia dove può passare un sacerdote solo una sola volta all’anno e anche più raramente.

E anche in queste situazioni di bisogno per tenere viva la vita delle comunità cristiane con la predicazione e la celebrazione dei sacramenti, «proponiamo di stabilire dei criteri e delle direttive da parte dell’autorità competente… per ordinare sacerdoti degli uomini della comunità idonei e riconosciuti». Riguarda uomini che operano già efficacemente come diaconi permanenti e che ricevono un’ulteriore adeguata formazione – e che sono in grado di mantenere la loro famiglia in maniera sicura e stabile.

Nel medesimo paragrafo 111 è detto: «Apprezziamo il celibato come un dono di Dio». Nel sinodo non si è trattato affatto di un’abolizione del celibato, è stato ripetutamente detto nei circoli minori. Tuttavia «alcuni sinodali si sarebbero pronunciati» per un’ordinazione sacerdotale eccezionale del genere «anche sul piano mondiale».

Ruolo delle donne nella trasmissione della fede in Amazzonia

Riguardo al problema di sviluppare dei «criteri» per un percorso speciale, le dichiarazioni circa un possibile diaconato permanente della donna sono ancora più caute. L’argomento era stato sollevato sia nella fase preparatoria sia in aula, osserva il documento finale. Ma per il diaconato alla donna, il papa nel 2016 aveva istituito una commissione di studio, i cui risultati avrebbero dovuto essere condivisi. «Aspettiamo i loro risultati», hanno detto prudentemente i sinodali.

Ma proprio su questo argomento, Francesco ha espresso a braccio nella sua dichiarazione di chiusura una prima reazione. Non avendo la commissione precedente raggiunto un chiaro giudizio sul diaconato femminile, il papa in collaborazione con la Congregazione per la dottrina della fede convocherà una nuova commissione con persone nuove per portare avanti il lavoro. In effetti, le donne nella regione amazzonica hanno un grande significato per la trasmissione della fede, che finora non è stato debitamente compreso.

Il papa, nel discorso finale, ha risposto anche ad un altro problema alquanto controverso: un circolo minore nella seconda settimana dei lavori aveva sorprendentemente proposto di introdurre un nuovo Rito amazzonico. Questo potrebbe, come i già 23 riti cattolici esistenti, esprimere «l’eredità liturgica, teologica, disciplinare e spirituale dell’Amazzonia». Come i riti delle Chiese orientali cattoliche non sono legati all’obbligo del celibato per il prete della comunità, gli osservatori interpretano questo fatto come una via possibile per l’ordinazione sacerdotale di preti sposati in determinate circostanze. Mentre 22 padri sinodali hanno votato «no», il papa nella conclusione ha incoraggiato i partecipanti a presentare proposte appropriate alla competente Congregazione per il culto divino.

Ma anche l’appello del Sinodo per «nuovi ministeri» ha trovato in Francesco nel discorso di commiato parole incoraggianti. Anche qui è richiesta la creatività; occorre vedere fin dove si può arrivare.

Le decisioni a questo riguardo saranno prese alla fine dal papa nel documento ufficiale conclusivo del Sinodo. E ha assicurato i partecipanti al sinodo di volerlo scrivere già entro quest’anno.

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