Il Sinodo panamazzonico visto dall’Europa

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In questo breve dossier sono raccolte alcune reazioni a caldo in ambito di lingua tedesca sul Sinodo per l’Amazzonia. Le considerazioni che qui proponiamo insistono soprattutto sulla domanda se le conclusioni del Sinodo possono applicarsi pastoralmente anche all’Europa e alla Chiesa universale, in particolare i temi “caldi” quali la penuria di sacerdoti, i ministeri laicali, l’ordinazione di “viri probati” e il diaconato alle donne. Abbiamo scelto quattro reazioni significative, in cui esprimono le loro impressioni il card. Hollerich, presidente della COMECE, la responsabile dell’Associazione delle donne tedesche Agnes Wuckelt, iI card. Rainer M. Woelki, di Colonia, e, infine, il teologo pastorale di Vienna, Paul Zulehner.

Intervista al card. Hollerich

È stato chiesto al card. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e Presidente della Commissione episcopale UE COMECE), se il Sinodo avrà dei riflessi anche per la Chiesa in Europa.

– Card. Hollerich, l’Amazzonia è molto lontana. Cosa significa l’invito alla conversione per la nostra Europa? 

Penso che dobbiamo cambiare il nostro stile di vita. Abbiamo una società dei consumi; qui da noi il valore di una persona è definito dalla sua prestazione economica. A questo punto dobbiamo cambiare modo di pensare e convertirci. L’Amazzonia è sfruttata anche da noi perché vogliamo mangiare carne a buon mercato. Abbiamo bisogno di uno stile di vita che permetta e richieda giustizia – che, per così dire, possa salvaguardare l’ambiente. Ciò esige una conversione anche in Europa.

– Il sinodo raccomanda i “viri probati” che dovrebbero rimediare alla mancanza di sacerdoti nelle regioni remote dell’Amazzonia. La penuria di preti è un argomento che interesserà sempre più anche la Germania e l’Europa. È stata aperta la porta ai preti sposati anche qui da noi?

Anzitutto vale la raccomandazione del Sinodo; ciò significa che essa è valida per la regione amazzonica. Il Sinodo non ha pensato all’Europa e agli altri continenti, ma soltanto alla regione dell’Amazzonia. Naturalmente può darsi che i vescovi dell’Europa facciano queste stesse richieste. Ma le conclusioni non derivano automaticamente dal Sinodo. La carenza di sacerdoti nell’Amazzonia è molto maggiore che da noi. Il Lussemburgo, per esempio, non avrebbe alcun sacerdote se avessimo il medesimo rapporto. Invece ne abbiamo ancora circa un centinaio – e parliamo già di mancanza di preti.

– Nel contesto, sono in discussione anche nuovi ministeri di guida laicali. È un’idea per l’Europa?

Penso certamente di sì. Bisogna solo vedere che il tutto si adatti. Qui si parla di ministeri di guida anche perché la Chiesa in questo modo vive dal basso. Ciò significa che è dalla vita della base che devono sorgere nuovi uffici che poi la Chiesa può definire. Al primo posto sta la vita. Non può essere che qui adesso un vescovo, stando nel suo studio, delinei nuovi uffici o una guida della diocesi. Sarebbe un cadere nelle strutture se si promovessero le riforme solo attraverso le forme strutturali. Occorrono realmente nuovi uffici ministeriali alla base. Ad esempio, noi in Lussemburgo abbiamo iniziato a costituire delle équipes per i funerali. Di solito è il sacerdote che celebra i funerali, ma un’équipe di laici organizza il trasporto funebre e parla anche con le famiglie. In futuro – se mancheranno sacerdoti, saranno questi laici ad assumersi l’incarico dei funerali. Questi sono nuovi servizi ministeriali. Ma devono, per così dire, crescere dalla base.

– Il movimento “Maria 2.0” in Germania è impegnato per la promozione degli stessi diritti delle donne nella Chiesa cattolica. Dal sinodo per l’Amazzonia si è sperato di ricevere impulsi di speranza in questo senso. Ma non c’è nessuna decisione sul diaconato femminile, perché no? 

Ciò non può succedere. La decisione sul diaconato femminile è riservata al magistero. C’è tutta una serie di interrogativi di carattere teologico, della Tradizione e anche storici. Personalmente sono molto aperto al riguardo, e non avrei niente in contrario. Ma ciò dev’essere verificato. Si tratta di una decisione che deve essere presa sul piano della Chiesa universale. Ciò che è chiaro è che il lettorato e l’accolitato possono essere aperti alle donne. Le donne esercitano già in pratica questi compiti, anche se l’incarico ufficiale è riservato solo agli uomini. È stato molto piacevole che al Sinodo anche le donne abbiano potuto parlare chiaramente. Sono del tutto convinto che occorra offrire alle donne maggiore spazio. Ciò è molto chiaro. Ma, come farlo, sarà l’oggetto di discussione dei prossimi anni.

– Ripensando al Sinodo: quale è stato il momento che l’ha maggiormente impressionato?

Per me è stato il discorso del papa. Infatti, quando, alla chiusura del Sinodo, ormai finita la votazione e quando ogni paragrafo aveva avuto la necessaria maggioranza di due terzi, il papa ha parlato semplicemente col cuore. È stata una lunga riflessione, ma ha anche manifestato una grande vicinanza a Cristo, alla preghiera e a Dio. Il papa non è un manager, ma un uomo di Dio. E ciò fa bene alla Chiesa (a cura di Tobias Fricke).

Intervista ad Agnes Wuckelt: Le donne: quanto dovranno aspettare?

Agnes Wuckelt è rappresentante dell’Associazione delle donne cattoliche tedesche (Katholische Frauengemeinschaft Deutschlands? Kfd). Si è chiesta, di fronte alle esitazioni del Sinodo: ma quanto dovremo ancora aspettare per certe decisioni? Al Sinodo per l’Amazzonia, è stata ripetutamente chiesta l’ammissione delle donne al diaconato. Ma la proposta non sé stata sostenuta in maniera esplicita. Qual è la reazione dell’Associazione delle donne cattoliche tedesche?

– Signora Wuckelt, il Sinodo vaticano sull’Amazzonia si è concluso con un voto favorevole all’ammissione dei sacerdoti sposati nelle regioni remote. Per quanto riguarda l’ammissione delle donne al diaconato, il documento finale afferma che la proposta è stata ripetutamente richiesta, ma nei padri sinodali non ha trovato sostegno. È rimasta delusa?

È un peccato che i sinodali non abbiano potuto decidere di esprimere un chiaro voto al riguardo. Credo che dietro ci sia la paura inveterata di ammettere le donne nell’ambito del sacro. Ciò è legato anche all’immagine di Dio. Dio è pensato al maschile e rappresentato anche come un uomo. Questo è tuttora sempre il criterio decisivo.

– Cosa sperava dal Sinodo su questo problema?

Un piccolo passo in avanti è già avvenuto per il fatto che la discussione sull’ammissione delle donne a un servizio sacramentale è stata messa in luce nella prassi. Noi in Germania non abbiamo un contesto come quello dell’Amazzonia, ma è diventato ancora una volta chiaro questo: le donne guidano la Chiesa, le donne sostengono la Chiesa, la donne danno un’impronta alla Chiesa con la loro spiritualità. Quando si tratta della legittimità del diaconato della donna, bisogna perciò che si parta anche dal punto di vista contemporaneo e non solo in base alla storia, come è stato il caso della commissione che papa Francesco aveva convocato nel 2016. Oggi si deve guardare da un altro angolo di vista.

– È necessario continuare a discutere. Ci vorrà un lungo respiro?

Come sempre, ciò rende più che impazienti. Non si capisce perché tutto ciò che è stato finora raccolto negli argomenti, sia dal punto di vista storico sia dall’urgenza pastorale – qui già nel 1974 il Sinodo di Würzburg aveva rivolto al papa un auspicio –, sia stato semplicemente ascoltato e così si torna continuamente ad un nuovo punto di partenza. Diamogli ancora un’occhiata, prendiamo in esame ancora una volta il problema. Quanto dovremo ancora aspettare?

– Quali sono le richieste del KfD per il futuro?

L’ammissione delle donne a tutti i servizi e ministeri della Chiesa. Intendiamo con questo anche il sacerdozio, anche se realisticamente pensiamo che un primo passo potrebbe essere abbastanza presto il diaconato della donna.

– Quali risultati del Sinodo l’hanno rallegrata di più?

Naturalmente tutte le idee e i risultati riguardanti la custodia della creazione nel senso di Laudato si’. Lì si trova anche un tratto della giustizia riguardante il genere. È quanto anche noi da decenni abbiamo nella nostra agenda e dove ci sentiamo molto, molto vicino ai sinodali della regione amazzonica e anche al papa (a cura di Dagmer Peters).

Il cardinale Rainer Maria Woelki 

Con una decisione magisteriale di papa Giovanni Paolo II nel 1984 e un’interpretazione vincolante della Congregazione per la dottrina della fede nel 1995, «il dibattito sul sacerdozio per le donne è definitivamente chiuso», ha dichiarato l’arcivescovo alla rivista Cicero (novembre 2019). «Tutto il resto sono trucchi da gioco di prestigio che alimentano una speranza ingannevole».

Woelki diceva questo riferendosi ad un’affermazione del presidente della Conferenza episcopale tedesca, card. Reinhard Marx, il quale aveva detto al Frankfurter Allgemeine Zeitung che la dichiarazione di Giovanni Paolo II non poteva essere teologicamente ignorata, ma se «questo è stato deciso, la discussione non è finita». L’ha fatto sapere anche a papa Francesco.

Nell’intervista a Cicero, Woelki ha messo in guardia da una prospettiva dell’impossibile. «Questo produce frustrazioni e forse persino divisioni». Il compito dei vescovi è quello di esporre la dottrina della Chiesa, anche nel dialogo in programma sul futuro della Chiesa in Germania.

Il cardinale ha ribadito anche le sue critiche al «cammino sinodale» intrapreso dalla Chiesa tedesca. Sotto l’impressione dello scandalo degli abusi – ha affermato – i vescovi tedeschi vogliono iniziare col prossimo Avvento un «cammino sinodale» per il rinnovamento della Chiesa, assieme al Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK).

Il presidente della ZdK Thomas Sternberg chiede, oltre alla morale sessuale e allo stile di vita sacerdotale, anche la divisione dei poteri e una discussione aperta sull’ordinazione sacerdotale delle donne.

Woelki ha ribadito le sue critiche al «cammino sinodale» e agli statuti appena pubblicati dalla Conferenza episcopale e dal ZdK. Esiste il pericolo – ha detto – che, in questo modo, venga istituito un parlamento protestante della Chiesa, in cui tutti i membri hanno uguali diritti di voto. I vescovi – ha proseguito – devono certamente «essere vicini alla gente, ascoltare il popolo di Dio, e lasciarsi consigliare», ma il potere decisionale spetta ai vescovi. «Con il cammino sinodale c’è il rischio di emarginare il magistero e i vescovi».

Il cardinale ha affermato di opporsi all’idea secondo cui la Chiesa, dicendo no alla ordinazione delle donne, rifiuta l’equiparazione dei diritti. Come le Chiese ortodosse e orientali – ha sottolineato – anche la Chiesa cattolica si sente vincolata alla volontà di Gesù, il quale durante l’Ultima Cena ha istituito l’eucaristia e il sacerdozio e li ha affidati ad apostoli uomini.

Occorre tuttavia ricordare che, in qualità di arcivescovo di Berlino, Woelki  aveva messo alcune donne in posti di responsabilità nella Chiesa: Attualmente nell’arcidiocesi di Colonia, le donne rappresentano oltre il 30% nel settore dirigenziale della Chiesa.

Per quanto riguarda il celibato, il cardinale ha sottolineato che si tratta di «un importante stile di vita simbolico» in una società sessualizzata come la nostra. E che, anche nei tempi apostolici, la forma di vita di Gesù costituiva un criterio di sequela (KNA).

Paul Zulehner

Il teologo pastorale viennese Paul Zulehner, con una petizione online, intende avviare le riforme della Chiesa nei paesi di lingua tedesca. Il sinodo amazzonico – ha scritto nel suo blog – è stato «un evento storico per la Chiesa universale», ed esso può «imprimere una spinta anche alle nostre Chiese locali».

I destinatari della petizione sono i leader della Chiesa nell’area di lingua tedesca, che dovrebbero sfruttare il kairòs post-sinodale come un momento opportuno per presentare al papa proposte altrettanto coraggiose com’è avvenuto nel testo finale del sinodo. Nella petizione sono compresi un impegno per uno stile di vita sostenibile e socialmente affidabile e un impulso per venire incontro alla carenza di sacerdoti. Come in Amazzonia, anche qui – scrive Zulehner citando le parole del papa – ci sono «comunità vive che hanno una “fame eucaristica”, e per estinguerla la responsabilità è affidata ai pastori».

I vescovi nei paesi di lingua tedesca dovrebbero proporre a Francesco di agevolare l’accesso al sacerdozio attraverso l’ordinazione diaconale. Si può pensare a persone «che seguono Gesù, hanno esperienza di Vangelo nella guida di comunità e scelte dalle stesse comunità». Per garantire che le donne non rimangano escluse, i vescovi sono invitati a «sostenere il papa perché apra finalmente l’accesso delle donne al diaconato».

Zulehner, nel suo invito ad ordinare “personae probatae” si riferisce, tra l’altro, ad alcune considerazioni del vescovo austriaco emerito di Xingu, in Brasile, Erwin Kräutler. E ricorda ciò che l’allora teologo conciliare, Joseph Ratzinger, successivamente papa Benedetto XVI (2005-2013) ha scritto nel suo libro Fede e Futuro su questo argomento, nel 1970: «La Chiesa conoscerà certamente anche nuove forme di ministero e consacrerà sacerdoti dei cristiani di provata esperienza: in molte comunità più piccole o nei gruppi socialmente uniti, si risponderà in questo modo alla pastorale normale. Ma continuerà ad essere indispensabile il sacerdote attuale a tempo pieno».

Zulehner, nell’ottobre 2017, aveva avviato la campagna Pro papa Francesco insieme al teologo Tomas Halik. Da allora l’iniziativa si è trasformata in una rete di teologi di ogni parte del mondo, allo scopo di sostenere papa Francesco nel suo corso riformatore della Chiesa. Alla fine di gennaio, era stato consegnato al papa un elenco di 75.000 nomi di sostenitori sotto forma di fascicolo rilegato (KNA).

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