Baviera-abusi: si muove la magistratura

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In un articolo di lunedì 27 febbraio, la Süddeutsche Zeitung ha riportato la notizia di una perquisizione, avvenuta il 16 febbraio, da parte della magistratura e della polizia nella sede della Curia della diocesi di Monaco e negli uffici dell’episcopio – residenza dell’arcivescovo card. Marx.

Non si tratta di un’iniziativa inedita, infatti a partire dal 2017 vi sono state già 39 perquisizioni legate ad abusi nella Chiesa cattolica della diocesi di Monaco. In merito, il ministro della giustizia G. Eisenreich ha fatto notare la differenza tra il contributo che gli studi/indagini affidati dalla Chiesa cattolica tedesca a varie commissioni indipendenti e l’attività della magistratura: i primi “sono necessari e hanno un significato importante per un’elaborazione complessiva” di ciò che è avvenuto nella Chiesa; per quanto riguarda invece l’azione penale della magistratura, essa si basa “prevalentemente su denunce sporte da vittime o terzi interessati”.

Molte magistrature dei Länder si sono attivate in questo senso, “richiedendo documentazioni alle varie curie diocesane e ricevendole da esse”. Eisenreich ha anche messo in rilievo il limite della possibilità di indagine da parte della magistratura: “il presupposto per l’avvio di un’azione penale è però quello che la magistratura venga a conoscenza di un reato. Per questo chiedo a tutte le vittime di sporgere denuncia”.

L’azione della magistratura bavarese si inserisce nel quadro di forti tensioni interne al governo del Land, che vedrebbe il ministro della giustizia Eisenreich intenzionato ad ampliare le indagini oltre il solo ambito ecclesiale, per estenderle a tutte le istituzioni e associazioni che hanno a che fare con i minori; mentre, dall’altro lato, vi sarebbe da registrare una decisa opposizione a questo ampliamento portata avanti dal ministro-presidente della Baviera M. Söder (entrambi della CSU).

Segni di questa posizione diametralmente opposta, si possono trovare nella dichiarazione di Eisenreich in merito alla perquisizione del 16 febbraio: “la lotta contro l’abuso di minori è una priorità per lo stato bavarese. In Baviera nessuno sta al di sopra della legge: nessun politico, nessuno capo della finanza e anche nessun prete o vescovo”.

Già in passato, l’ex responsabile indipendente federale per gli abusi sessuali nei confronti dei minori, J.-W. Rörig, aveva più volte denunciato la mancanza di volontà politica in Germania di intervenire in ambiti come quello dello sport, delle scuole, dell’associazionismo giovanile, a protezione dell’integrità fisica, psichica ed educativa dei minori. Sottolineando come la Chiesa cattolica fosse l’unica istituzione in Germania che aveva messo mano seriamente alla cosa, pur con ritardi e molte resistenze.

Questa mancanza di volontà politica non consente di individuare i fattori strutturali che contribuiscono a una cultura degli abusi e al loro occultamento in ambiti, enti e istituzioni frequentati da minori e adulti vulnerabili.

In Italia

La situazione non sembra essere poi così diversa anche da noi. A dire il vero, lo stato italiano ha creato da tempo un organo volto a prendersi carico della piaga degli abusi sessuali nei confronti dei minori, infatti, a seguito della legge 269 del 1998 sullo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale in danno di minori, si è dato l’obbligo di una relazione annuale da parte del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, ora integrato all’interno dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, istituito nel 2007 mediante il decreto 240 del Ministero delle politiche per la famiglia.

Ora, se non è vero, come affermato recentemente da alcuni organi di stampa, che questi organi siano praticamente inattivi, bisogna però riconoscere una loro certa difficoltà di funzionamento. Dopo una prima ricerca, per quanto riguarda la Relazione al Parlamento in materia di contrasto all’abuso e allo sfruttamento sessuale di minori risultano coperti gli anni che vanno dal 2017 al 2021 e quelli dal 1998 al 1999 – con un buco, quindi, di quasi vent’anni.

Va certamente apprezzato il fatto che sembra essere ripresa la cadenza di presentazione di un rapporto annuale da parte dell’Osservatorio presso il Parlamento. Si tratta però di una mappatura dello stato delle cose prevalentemente legata a casi singoli, raccolti grazie alle denunce sporte agli organi competenti.

In ogni caso, si tratta esattamente di un osservatorio che non ha poteri di indagine giuridica ed è quindi inadatto a scoperchiare tutto il sommerso che sta dietro gli abusi e lo sfruttamento sessuale di minori in Italia – poteri che, invece, nel mondo anglosassone hanno le Royal Commissions.

Anche in Italia iniziano a emergere, qua e là, casi di abuso sistemico anche in ambiti esterni a quello della Chiesa cattolica – basti pensare a quello recente che ha coinvolto un Centro federale della ginnastica ritmica. Ma, anche in questo caso, si è proceduto ad personam, senza interrogarsi sul sistema complessivo – come sembra confermare anche la decisione della giunta del CONI (dicembre 2021) di radiare i colpevoli di abusi sessuali nell’ambito delle attività delle federazioni sportive italiane.

Nel frattempo, da parte di alcune federazioni, cresce la preoccupazione per l’emergere sempre più frequente di abusi a sfondo sessuale verso minori all’interno delle loro società sportive. Alcuni hanno richiesto di mettere mano a una legge che consenta a esse di chiedere di presentare ai responsabili delle attività con minori la loro fedina penale – questo almeno con l’intento di evitare la reiterazione del crimine (come recentemente avvenuto nel caso di un allenatore di pallacanestro).

Allo stato attuale delle cose, si deve però dire che anche in Italia manca un’efficace volontà politica ad aprire il vaso di Pandora degli abusi contro minori sul nostro territorio nazionale. Mancanza di responsabilità civile che non riguarda solo il Parlamento, il governo e i partiti, ma più ampiamente anche la stampa e gli organi di informazione nazionali. È come se ci fosse una grande cappa di protezione che impedisce di mettere mano alla questione nel nostro paese.

Stante questa condizione, se la Chiesa italiana, anziché accodarsi all’attesa di Godot in cui sembra essersi assopita la politica, si mettesse in atto per smantellare questa cappa di protezione al suo interno, svolgerebbe non solo un doveroso compito evangelico, ma metterebbe mano anche a un’impresa di sicuro rilievo civile.

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