Combattere la guerra con la pace

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Nell’ambito della mobilitazione “Europe for Peace”, ad un anno dall’invasione dell’Ucraina, il Movimento Nonviolento ospita in questi giorni in Italia tre esponenti dei Movimenti per la pace e la nonviolenza dei paesi coinvolti nel conflitto: Kateryna Lanko (Ukrainian Pacifist Movement – Ucraina), Darya Berg (Go by the forest – Russia) e Olga Karach (Our House – Bielorussia).

La loro azione

Roma, Modena, Ferrara, Verona, Milano e Brescia sono le città italiane che le accolgono come rappresentanti dei movimenti nonviolenti e degli obiettori di coscienza dei rispettivi paesi. I maschi, infatti, non possono uscire dai confini a causa del reclutamento militare.

Anche in Ucraina, in Russia, in Bielorussia – ci dicono – c’è chi crede nella nonviolenza come possibilità di resistenza civile, chi rifiuta la guerra, chi pratica l’obiezione di coscienza, chi diserta e vuole già oggi costruire la pace. Ci vuole ancora più forza per difendersi senza armi in mano, per amare la propria patria senza odiare quella altrui.

Le tre attiviste, che già lavorano insieme da tempo per un comune progetto di pace, si incontrano per la prima volta in Italia, non potendolo fare nei loro paesi. Chiedono che agli obiettori fuggiti dai loro paesi sia riconosciuto lo stato di rifugiato politico.

Nella Sala Consigliare del Comune di Modena, durante la conferenza stampa e l’incontro con i rappresentanti delle Istituzioni, Kate, Darya e Olga si scambiano sorrisi, si stringono le mani, mentre ringraziano della possibilità che hanno avuto anche a Modena di parlarsi e di condividere la stessa visione e lo stesso impegno: salvare vite e a cercare vie di pace al di là della propaganda e delle informazioni false che i governi diffondono. Infatti sono qui anche per «rappresentare la verità» – così ci dicono –, per descriverci la reale situazione dei loro paesi e delle condizioni in cui vive la gente, i gravi disagi umanitari ed economici, la violazione dei diritti umani.

Tra queste violazioni assume un peso sempre maggiore la negazione del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, aggravata da programmi di militarizzazione di ragazzi e giovani minorenni, così pure il divieto di uscire dal proprio paese per tutti i giovani e gli uomini dai 18 ai 60 anni.

Chi non vuole andare in guerra va in carcere. Proprio in questi giorni in Bielorussia – ci informa Olga – il Parlamento discute la proposta di legge del governo che condanna alla pena di morte chi fa obiezione di coscienza al servizio militare, perché considerato un traditore della patria.

Il loro identikit

«I diritti umani non devono essere negati neanche in tempo di guerra» dice Kateryna che vive a Kiev, impegnata nel lavoro di formazione alla nonviolenza e di sostegno agli obiettori di coscienza.

Fa parte del Movimento Pacifista Ucraino (UPM) che educa alla gestione pacifica dei conflitti, al disarmo, alla cultura della pace, per rafforzare lo stile di vita nonviolento e il controllo civile democratico contro il militarismo.

È stata la voce del pacifismo ucraino trasmessa in video alla manifestazione nazionale Europe for Peace dei centomila di Piazza San Giovanni a Roma il 5 novembre 2022. «Il mio movimento – dice – condanna l’invasione dell’Ucraina, ma lavora per avviare trattative di pace, per fermare questa grande sofferenza».

Anche Darya, giovane attivista russa, afferma che lo scopo dell’organizzazione Go By the Forest, di cui fa parte, è quello di aiutare il maggior numero possibile di persone ad evitare di essere coinvolte nella  guerra.

Fin dai primi giorni della mobilitazione per l’invasione russa dell’Ucraina, ha svolto lavoro di informazione e di propaganda per aiutare le persone a sottrarsi al servizio di leva, a lasciare il Paese legalmente o illegalmente, a trovare asilo all’estero. Finora sono 4.000 le persone che sono riuscite a nascondersi e a lasciare la Russia perché non volevano essere arruolate. Se diventassero sempre di più, Putin, senza soldati, non potrebbe più continuare la guerra.

Darya ci ricorda, però, che la Russia è fatta soprattutto di tanti villaggi delle campagne, dove non arriva nessuna informazione veritiera e dove la propaganda di regime non ha oppositori.

Nel marzo 2022, lei è stata costretta a lasciare la Russia a causa della sua posizione contraria alla guerra, ma il suo attivismo nonviolento continua dall’esilio in Georgia.

Sorride quando le chiediamo che cosa significa il nome della sua organizzazione: “Go by the Forest” è la traduzione di un modo di dire russo che equivale a “Vai a quel paese!”, espressione che, oltre a far intendere con chiarezza a chi si rivolge, vuole anche essere un augurio a trovare la via segreta dentro la foresta per lasciare il paese.

I nonviolenti russi e ucraini sono le uniche voci delle due parti che stanno dialogando tra di loro, che creano un ponte su cui può transitare la pace, che lavorano per la crescita della nonviolenza organizzata.

Ma anche la posizione della Bielorussia è importante, perché non deve diventare un secondo fronte di guerra. L’aumento del numero degli obiettori può far sì che il presidente Lukasenko, che riceve le armi da Putin, si trovi poi senza gli uomini che le impugnano. «Gli rubiamo l’esercito» dice Olga, attivista, giornalista e politica bielorussa. Direttrice di Our House, giornale autoprodotto a Vitebsk, che lei che ha fondato nel dicembre 2002. Licenziata per attivismo politico, nel 2014 Our House è stata registrata in Lituania come organizzazione con il nome di Centro Internazionale per le Iniziative Civili.

Dopo la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, Olga continua a monitorare le violazioni dei diritti umani in collaborazione con altre organizzazioni, convinta che la crescente opposizione alla guerra possa avere un impatto importante per arrivare alla pace.

Ed è davvero forte la testimonianza di queste giovani donne, «protagoniste dirette di un modo diverso di “combattere” la guerra» come le ha definite il Presidente del consiglio comunale Fabio Poggi che, dopo aver constatato con amarezza che «il loro impegno è praticamente estraneo al dibattito politico, così come anche noi siamo estranei alla loro azione nonviolenta per spegnere la guerra», ha aggiunto: «Non si tratta di cercare le vie per umanizzare la guerra, ma di percorrere le strade per umanizzare la pace. Kate, Darya e Olga combattono la guerra non con la guerra, ma con la pace. (…) E il seme della pace darà frutto solo se cadrà nel terreno fertile della nonviolenza, della fratellanza, della giustizia».

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