Il Mediterraneo delle mafie

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Il 21 marzo è la Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Per l’occasione pubblichiamo, su gentile concessione dell’autore, l’intervento che il giornalista di Avvenire Nello Scavo ha tenuto nel corso del webinar “Combustibili fossili e poteri economici” organizzato dal Movimento Cattolico Mondiale per il Clima.

L’accesso alle risorse energetiche – le stesse che hanno prodotto i cambiamenti climatici – è il criterio nevralgico per capire che cosa accade tuttora nel mondo.

È sempre utile tenere insieme la geografia dei luoghi e delle culture. La geografia sta al cuore della politica internazionale. Ciò che avviene, ad esempio, in Iraq – e in generale nel quadrante medio-orientale – ha ricadute dirette sul Mediterraneo. Probabilmente in questa area si sta giocando il nostro futuro per i prossimi decenni. Mentre l’opinione pubblica (italiana) resta distratta e presa da altro.

Medio Oriente e Mediterraneo

Ciò che accade in Libia, in maniera emblematica, è infatti molto sottovalutato. Nel mio lavoro ho preso ad occuparmi dei migranti dalla Libia, quindi delle partenze e degli scafisti: lavorando con altri giornalisti su tali dinamiche sono arrivato a toccare fili probabilmente scoperti, attraverso cui passano enormi interessi. Il viaggio di papa Francesco in Iraq ha molto a che fare anche con questi.

È emersa una situazione veramente complessa che qui posso solo cercare di riassumere per sommi capi. In Libia è accaduto che il sodalizio criminale e criminoso realizzatosi attorno alla dissoluzione dei diritti umani ha permesso di far sedere allo stesso tavolo uomini che probabilmente vent’anni fa avrebbero rifiutato di prendere anche solo un caffè assieme.

Allo stesso tavolo si sono ritrovati rappresentanti di istituzioni internazionali, capi della mafia libica e delle milizie libiche, capi di organizzazioni tribali e di municipalità: insomma il cosmo frammentato di realtà che insieme controllano e gestiscono le grandi risorse energetiche che vengono estratte e che attraversano questo paese.

Petrolio e milizie libiche

Vi racconto quanto scoperto, in maniera eclatante, da una inchiesta giornalistica a cui ho partecipato, poi confermata dall’Ufficio Antidroga della Commissione Europea, quindi da un organismo ufficiale. Avevamo individuato circa quaranta navi dedite al contrabbando di petrolio dalla Libia all’Europa. Lavorando su questo traffico abbiamo capito che il principale centro petrolifero statale attivo in Libia – l’Azzawiya Oil Rafining Company – era controllato e protetto da una polizia petrolifera di diretta emanazione di una milizia libica, una vera e propria cosca.

Questo servizio di protezione veniva offerto, anzi imposto, ad una multinazionale – peraltro italiana – a cui era stato dato in concessione lo sfruttamento del giacimento e della raffineria. Dal porto libico ogni giorno partiva un certo numero di navi, alcune molto grandi – vere petroliere – assieme ad altre grandi navi da pesca trasformate allo scopo di trasportare idrocarburi da portare in Europa. Queste navi piene di petrolio e di altro giungevano a Malta, ove l’importazione da illegale diveniva, con un pezzo di carta ed un timbro, improvvisamente legale.

Da quel momento il petrolio – poiché Malta si trova in area Schengen – poteva circolare liberamente e legalmente in tutta l’Europa. Si pensi che il danno prodotto alle casse dello Stato italiano, per imposte non pagate, attraverso il sistema di contrabbando, è stimabile in circa dieci miliardi all’anno.

Il petrolio veniva rubato dalla milizia incaricata di proteggere lo stabilimento petrolifero e imbarcato su navi nel porto di cui il responsabile era pure comandante della Guardia Costiera locale: una persona coinvolta nel traffico internazionale di migranti, ricercato dalle Nazioni Unite, solo recentemente, dopo molti anni, arrestato.

Malgrado parte di questa verità sia venuta alla luce, le attività della milizia tuttora continuano.

Questi idrocarburi oggi sono distribuiti in Europa attraverso i distributori di carburanti senza logo: chi se ne avvale – risparmiando – inconsapevolmente finanzia le milizie libiche.

Abbiamo persino scoperto che, sino al 2017, la stessa Marina Militare Italiana – incaricata di combattere il contrabbando internazionale di petrolio – si riforniva in Sicilia presso uno stabilimento petrolifero che acquisiva petrolio di contrabbando dalla Libia. Cioè la Marina Militare contrastava il contrabbando – a sua insaputa naturalmente – utilizzando petrolio di contrabbando. Questo sistema ha coinvolto le mafie internazionali e la grande mafia italiana.

Chiudere i porti: un favore alle mafie

I giornalisti che hanno fatto le prime rivelazioni sono stati presi per matti (e non solo), ma poi è arrivata, appunto, l’accusa ufficiale dell’Ufficio Antidroga dell’Unione Europea. Precisamente l’accusa è la seguente: l’aver tolto le navi militari italiane (e di altri paesi europei) dal mare perché altrimenti tenute a soccorrere gli esseri umani, oltre ad aver chiuso i porti, omettendo il soccorso istituzionale dal mare, ha favorito le mafie.

Queste hanno potuto mettere tranquillamente a frutto la situazione. Stiamo parlando in particolare della mafia siciliana, di quella calabrese e di un gruppo mafioso balcanico denominato ‘America Group’. Queste realtà, attraverso le milizie libiche, importavano e importano non solo petrolio, bensì pure, dall’ultimo anno, grandi quantità di droga dall’America Centrale. È quanto risulta dall’Ufficio Antidroga.

Ora, da questa storia, dovremmo aver imparato: se si dice che non si può e non si deve soccorrere in mare e che non si può e non si deve accogliere, non solo si sacrificano i diritti umani fondamentali di migliaia di persone, ma consapevolmente si decide di concedere enormi spazi alla grande criminalità organizzata, Questa è, oggi, decisamente più forte di ieri.

La mafia è più forte perché oggi ha una spiccata proiezione internazionale in nord Africa che sussiste grazie alla logistica offerta dalle milizie libiche. Il meccanismo messo in luce è evidentemente perverso: sacrifica insieme gli esseri umani con i loro diritti e le risorse naturali. In questo modo non si costruisce ovviamente nessuna giustizia, stabilità e neppure sicurezza. I cantori della sicurezza dovrebbero essere costretti a ricredersi.

ONG: scomode nel Mediterraneo

Temo tuttavia che dovremo ancora scontrarci con tale ideologia. Stanno riprendendo infatti vigore le indagini contro le organizzazioni umanitarie dedite al soccorso in mare dei migranti. La ragione è chiara: queste organizzazioni non governative non fanno solo soccorso, ma mentre fanno soccorso in mare – con giornalisti a bordo delle navi – possono vedere, ascoltare e documentare comunicazioni, presenze, manovre in atto. Ciò evidentemente disturba molto.

Quanto vale la vita umana nelle parti vicine del mondo di cui stiamo parlando? Vale probabilmente molto meno di un barile di petrolio. Questa è l’amara realtà – malata – con cui dobbiamo confrontarci. Non è una malattia che riguarda questo o quel partito politico in particolare, perché – quel che sto narrando – è iniziato in Italia con un governo ed è andato avanti con altri governi.

Papa Francesco sta rappresentando da tempo la stessa realtà parlando di terza guerra mondiale combattuta a pezzi. Tali pezzi non sono solo brandelli di territori, bensì di interessi che si vanno intersecando ed intensificando nel mondo. Il nostro compito di giornalisti e non solo, è di tenere gli occhi ben aperti.

Il nostro compito non è quindi esclusivamente quello di descrivere i fatti che avvengono in Siria, piuttosto che in Libia o in Iraq, ma anche di entrare nei ‘retrobottega’ della politica internazionale, dei poteri e dei centri di interesse mondiali che, in questo momento, non a caso, fanno di tutto per contrastare la parola profetica di papa Francesco.

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Un commento

  1. Claudio Bottazzi 22 marzo 2021

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