Pedofilia: il caso Australia

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Le cifre sono impressionanti per la Chiesa in Australia. Dal 1950 si sarebbero resi responsabili di abusi ai danni di minori 572 preti, di cui 384 diocesani. Dati che hanno costretto la Chiesa australiana ad intervenire dimostrando consapevolezza sulla vastità e sulla gravità del fenomeno.

Le scuse e la vergogna

«Profondamente consapevole del male e del dolore causati dall’abuso, ancora una volta offro le mie scuse a nome della Chiesa cattolica. Mi dispiace per il danno che è stato fatto alla vita delle vittime di abusi sessuali. Come ha detto di recente papa Francesco,“è un peccato che ci fa vergognare”». Così ha dichiarato mons. Denis J. Hart, arcivescovo di Melbourne e presidente della Conferenza episcopale australiana, in un messaggio rivolto ai cattolici del Paese, nel giorno in cui, dopo quattro anni di lavoro, la “Commissione d’inchiesta sulle risposte delle istituzioni agli abusi sessuali su minori”, la massima autorità inquirente sul fenomeno della pedofilia nella storia d’Australia, ha reso pubblici i risultati dell’indagine che, dal 2013, ha realizzato su parrocchie, scuole, enti di beneficenza, organizzazioni comunitarie, gruppi di boy scout e club sportivi, ma anche governi locali e polizia.

Dall’inchiesta emerge che il 7% dei preti cattolici d’Australia è accusato di aver commesso abusi su minori dal 1950 in poi. L’età media delle vittime era di 10 anni e mezzo per le bambine e poco più di 11 anni e mezzo per i bambini. In tutto tra il 1980 e il 2015 sono state presentate 4.444 denunce per episodi di pedofilia avvenuti in oltre 1.000 strutture di proprietà della Chiesa cattolica.

«Scrivo a voi – si legge nel messaggio di mons. Hart – nel momento in cui ha inizio l’udienza finale che coinvolge la Chiesa cattolica presso la Commissione reale di inchiesta sugli abusi sessuali dei bambini. Per le vittime e i sopravvissuti, per la comunità cattolica e la più ampia comunità australiana, questa udienza può essere un momento difficile e anche doloroso. La Commissione reale sta analizzando le prove che ha ricevuto e cercando di capire come e perché questa tragedia si è verificata».

«Nel corso delle prossime tre settimane – aggiunge mons. Hart – le prove presentate durante le audizioni della Commissione reale saranno analizzate, saranno rese pubbliche le statistiche circa l’entità degli abusi e sarà esplorata la strada da seguire. Molti dei nostri vescovi e altri leader cattolici appariranno davanti alla Commissione reale. Dovranno spiegare cosa la Chiesa sta facendo per cambiare la vecchia cultura che ha permesso all’abuso di continuare e come intende mettere in atto nuove politiche, strutture e protezioni per salvaguardare i bambini».

Basta colpevoli silenzi

I dati di cui parliamo sono stati presentati il 6 febbraio dall’avvocato che assiste la Commissione, Gail Furness, il quale ha rivelato come la Santa Sede abbia negato la possibilità di consegnare documenti riguardanti sacerdoti australiani accusati di abusi. «La Commissione – ha detto – sperava di acquisire una conoscenza dell’azione intrapresa in ciascun caso ma la Santa Sede ha risposto che “non era possibile né appropriato fornire le informazioni richieste”». In questo passaggio c’è ovviamente qualcosa di poco chiaro, visto che fino al cambiamento di normativa sui delicta graviora la competenza non era della Santa Sede ma apparteneva al vescovo locale.

In ogni caso, per l’avvocato Furness resta la domanda sul perché e sul come mai per tanti decenni non sia stata squarciata la cortina di silenzio. «Le vittime sono state ignorate o peggio, punite. Le denunce non sono state esaminate. Preti e religiosi sono stati trasferiti e le parrocchie o comunità dove sono stati trasferiti non sapevano nulla del loro passato. I documenti non sono stati conservati o sono stati distrutti. Hanno prevalso la segretezza e gli insabbiamenti». Fino al 15% dei sacerdoti in alcune diocesi sono stati accusati di abusi fra il 1950 e il 2015. Fra le Congregazioni religiose spicca l’Ordine di San Giovanni di Dio, dove si ritiene si sia macchiato di abusi quasi il 40% degli appartenenti. Una proporzione arrivata al 32% dei Fratelli Cristiani e 20% dei Fratelli Maristi. Saranno comunque le prossime settimane a fornire risposte statisticamente più esatte, anche se il “Consiglio per la verità la giustizia e la guarigione” – formato dalla Chiesa australiana per rispondere alle accuse – ha ammesso che i dati «senza dubbio minano l’immagine e la credibilità del sacerdozio». «I numeri sono scioccanti, tragici, indifendibili», ha ammesso il responsabile del “Consiglio”, Francis Sullivan, che ha parlato di «un massiccio fallimento» della Chiesa. L’inchiesta tra l’altro ha toccato anche il card. George Pell, ex arcivescovo di Sydney e ora Prefetto vaticano per l’Economia, accusato di aver insabbiato abusi quand’era alla diocesi di Melbourne e per questo sottoposto ad un interrogatorio-fiume in videoconferenza da Roma nel 2016.

In un messaggio pubblicato sul sito dell’arcidiocesi, Anthony Fisher, oggi arcivescovo di Sydney, ha dichiarato che, alla fine dell’umiliazione e della purificazione attraverso le quali stiamo passando, ci sarà una Chiesa più umile, più consapevole e più compassionevole». «E cosa importante – ha concluso –, incoraggio fortemente chiunque abbia da fare accuse di abusi sessuali di contattare la polizia: essi sono nella migliore posizione per investigare».

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5 Commenti

  1. Patrizia Pane 3 marzo 2017
  2. Dear Silvia 2 marzo 2017
    • Patrizia Pane 3 marzo 2017
  3. Patrizia Pane 13 febbraio 2017
    • giovanni guidetti 21 febbraio 2017

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