Politica e diritto contro la violenza di genere

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«Quello che mi preoccupa è la persistenza di una certa mentalità maschilista (machista), anche nelle società più avanzate, nelle quali si consumano atti di violenza contro le donne, vittime di maltrattamenti, di tratta e lucro, o ridotte a oggetti in alcune pubblicità o nell’industria dell’intrattenimento. Seguendo il pensiero dei miei predecessori, credo sia necessaria una rinnovata ricerca antropologica che includa i nuovi progressi della scienza e delle attuali sensibilità culturali per andare sempre più a fondo non solo nell’identità femminile, ma anche in quella maschile, per servire così meglio l’essere umano nel suo insieme. Avanzare in questa direzione è prepararci a un’umanità nuova e sempre rinnovata». (papa Francesco, dall’introduzione del libro Diez cosas que el papa Francisco propone a las mujeres, di María Teresa Compte, Publicaciones Claretianas, Madrid 2018)

Recependo alcune proposte formulate da forze politiche di diverso orientamento, il 16 ottobre 2018 il Senato della Repubblica ha approvato, praticamente all’unanimità, una delibera[1] con la quale viene istituita, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.

La Commissione di inchiesta monocamerale, che procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e con le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria, durerà in carica un anno a decorrere dal suo insediamento, ed entro tale data dovrà presentare una relazione conclusiva nella quale illustrerà l’attività svolta, le conclusioni di sintesi e le proposte. Sarà composta da venti senatori, nominati dalla Presidente del Senato, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo e favorendo comunque l’equilibrata rappresentanza di senatrici e senatori.

Nello svolgimento dei compiti assegnati, la Commissione – ad oggi non ancora insediata – dovrà avvalersi preliminarmente del prezioso lavoro istruttorio dell’analoga Commissione parlamentare d’inchiesta – nota come “Commissione Puglisi”, dal nome della presidente e relatrice, senatrice Francesca Puglisi – istituita il 18 gennaio 2017[2] che, dopo aver svolto un’intensa attività di audizioni al fine di far emergere il fenomeno del femminicidio e della violenza di genere in tutti i suoi aspetti, ha terminato i lavori il 6 febbraio 2018 con l’approvazione di una corposa relazione.[3]

Perché una nuova Commissione parlamentare

La violenza basata sul genere è fondata sulla disparità di potere tra uomini e donne ed è un fenomeno sociale strutturale che ha radici culturali profonde, riconducibili ad un’organizzazione patriarcale della società che ancora oggi permea le pratiche e la vita quotidiana di milioni di uomini e donne in Italia.

La riproduzione della struttura di genere tradizionale avviene attraverso rappresentazioni collettive fondate sugli stereotipi e il sessismo, i quali incidono nell’immaginario e nell’agire collettivo creando le condizioni per una giustificazione e una perpetuazione della violenza maschile sulle donne, presente ancora oggi nel nostro Paese in maniera assolutamente inaccettabile.

Alla luce di tale consapevolezza, la nuova Commissione parlamentare d’inchiesta è stata istituita per consolidare la significativa attività svolta durante la XVII legislatura in tema di contrasto alla violenza di genere e per dare continuità al lavoro svolto dalla “Commissione Puglisi”.

La scelta saggia di valorizzare il lavoro già fatto, nella scorsa legislatura, dalla prima Commissione d’inchiesta sul femminicidio costituirà un ottimo punto di partenza dei lavori della nuova Commissione.

In particolare, questa dovrà proseguire le indagini sulle reali cause del femminicidio e su ogni forma di violenza di genere, anche al fine di accertare se lo sviluppo di una cultura delle relazioni improntata sull’educazione alla parità di genere, sin dai primi anni di vita, riesca a prevenire tali fenomeni e se non vi siano carenze nella normativa vigente riguardo alla tutela della persona che coraggiosamente denuncia. La parità di genere, infatti, non è un concetto filosofico, legale o giuridico: è piuttosto un principio di civiltà, un fatto culturale che deve permeare la nostra società.

Compiti riproposti

Alcuni dei compiti della nuova Commissione sono identici a quelli affidati alla “Commissione Puglisi”:

  • svolgere indagini sulle reali dimensioni, condizioni, qualità e cause del femminicidio, inteso come uccisione di una donna, basata sul genere, e, più in generale, di ogni forma di violenza di genere;
  • monitorare la concreta attuazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011 e ratificata ai sensi della legge 27 giugno 2013 n. 77[4], e di ogni altro accordo sovranazionale e internazionale in materia, nonché della legislazione nazionale ispirata agli stessi principi, con particolare riguardo alla legge 15 ottobre 2013 n. 119;[5]
  • accertare le possibili incongruità e carenze della normativa vigente rispetto al fine di tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti;
  • accertare il livello di attenzione e la capacità d’intervento delle autorità e delle pubbliche amministrazioni, centrali e periferiche, competenti a svolgere attività di prevenzione e di assistenza;
  • monitorare l’effettiva destinazione alle strutture che si occupano della violenza di genere delle risorse stanziate dalla citata legge n. 119 del 2013, e dalle leggi di stabilità a partire da quella per il 2011;
  • proporre soluzioni di carattere legislativo e amministrativo al fine di realizzare la più adeguata prevenzione e il più efficace contrasto del femminicidio e, più in generale, di ogni forma di violenza di genere, nonché di tutelare le vittime delle violenze e gli eventuali minori coinvolti.
 Compiti nuovi

Numerosi e di grande rilievo, i compiti nuovi affidati alla Commissione:

  • verificare la possibilità di una rivisitazione, sotto il profilo penale, della fattispecie riferita alle molestie sessuali, con particolare riferimento a quelle perpetrate in luoghi di lavoro;
  • verificare, come raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità, l’effettiva realizzazione, da parte delle istituzioni, di progetti educativi nelle scuole di ogni ordine e grado, finalizzati al rispetto delle persone tutte, all’accettazione e alla valorizzazione di tutte le diversità, a partire da quella di genere;[6]
  • monitorare l’effettiva applicazione, da parte delle Regioni, del Piano antiviolenza[7] e delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle vittime di violenza;[8]
  • monitorare l’attività svolta dai centri antiviolenza operanti sul territorio, quali interlocutori principali delle istituzioni nella costruzione delle politiche di contrasto al fenomeno della violenza maschile sulle donne, attingendo dall’esperienza da loro acquisita in oltre trent’anni di attività;
  • proporre interventi normativi e finanziari, anche attraverso una revisione del Piano d’azione straordinario, per far sì che tutta la rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio presenti sul territorio nazionale sia finanziata in modo certo, stabile e costante nel tempo, in modo da scongiurarne rischio di chiusura e consentire l’organizzazione di percorsi strutturati per far riemergere le donne dalla spirale delle violenze;
  • ipotizzare l’approvazione di testi unici in materia, riepilogativi degli assetti normativi dei vari settori di interesse, potendo derivare da tale invocata soluzione unitaria un miglioramento della coerenza e completezza della regolamentazione.
Le proposte della precedente Commissione

Come già ricordato, la Commissione parlamentare d’inchiesta istituita nel gennaio 2017 aveva anche il compito di proporre soluzioni di carattere legislativo e amministrativo al fine di realizzare la più adeguata prevenzione e il più efficace contrasto del femminicidio e, in generale, di ogni forma di violenza di genere.

Nel corso delle numerose audizioni è emerso che, sotto il profilo del diritto sostanziale, la disciplina è complessivamente soddisfacente. Nonostante questo la Commissione ha individuato alcune esigenze di innovazione normativa a completamento di quella oggi esistente, che la nuova Commissione farebbe bene ad assumere immediatamente, invitando il legislatore ad agire di conseguenza.

Ecco sinteticamente richiamate le urgenze individuate dalla “Commissione Puglisi” e ampiamente illustrate nella Relazione finale approvata il 6 febbraio 2018:

  • allestimento di un efficiente sistema di raccolta, a intervalli regolari, di dati statistici disaggregati pertinenti su questioni relative a qualsiasi forma di violenza di genere, con particolare riguardo alla violenza sulle donne con disabilità;
  • introduzione di una fattispecie penale ad hoc relativamente alle molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
  • rivisitazione delle pene attualmente previste per i maltrattamenti in famiglia e gli atti persecutori, con particolare riferimento all’ambito di operatività degli arresti in flagranza di reato e delle misure cautelari;
  • definizione più puntuale della violenza assistita sui figli minori;[9]
  • previsione di sanzioni in caso di violazione, da parte del responsabile del reato, dell’ordine di allontanamento disposto dalle forze di polizia;
  • introduzione del reato di “omicidio di identità” o di volticidio[10] (lesioni personali gravissime con deformazione o sfregio permanente del volto, specie se consumate mediante l’utilizzo di sostanze corrosive), con previsioni sanzionatorie fortemente aggravate rispetto a quelle vigenti;
  • possibile introduzione di una fattispecie ad hoc in tema di femminicidio, strutturata come omicidio consumato per ragioni di genere;
  • revisione del sistema di procedibilità per i reati in materia di aggressione sessuale nonché del quadro normativo in tema di misure cautelari;
  • revisione totale della materia afferente alla valutazione del rischio per la vita o l’incolumità della persona offesa;
  • possibilità di anticipare il ricorso a misure patrimoniali nei procedimenti iscritti per i reati di violenza di genere;
  • necessità di attribuire efficacia cogente alle norme relative all’ordine di trattazione dei procedimenti penali aventi ad oggetto reati connessi alla violenza di genere e di ridurre il più possibile le audizioni delle vittime nei vari contesti giudiziari prevedendo una concentrazione dei contributi dichiarativi e/o la previsione di una circolarità dei relativi verbali;
  • promozione e incremento di ogni iniziativa utile per aumentare la consapevolezza e la comprensione, da parte del vasto pubblico, delle varie manifestazioni di tutte le forme di violenza, nonché della necessità di prevenirle, includendo nei programmi scolastici di ogni ordine e grado appropriati materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale;
  • responsabilizzazione dei mezzi di comunicazione per rappresentare in modo corretto la violenza di genere e per stigmatizzare stereotipi tuttora diffusi sul ruolo della donna, come oggetto sessuale;
  • previsione ed estensione di servizi o centri di ascolto per uomini maltrattanti, disponibili a partecipare a percorsi rieducativi prima, durante o dopo il carcere.

[1] Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale-Serie Generale n. 249 del 25 ottobre 2018.

[2] Cf. SettimanaNews.it n. 9/2017, Orfani dei femminicidi, di Andrea Lebra e n. 47/2017 Violenza di genere: dati Istat. di Andrea Lebra.

[3] Cf. SettimanaNews.it n.10/2018, Il regalo della politica alle donne, di Andrea Lebra.

[4] Va sottolineata l’importanza che ha assunto a livello mondiale la Convenzione di Istanbul del 2011, primo strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di protezione dei diritti della donna contro ogni forma di violenza. A differenza di ogni altro intervento normativo in materia, la Convenzione ha riconosciuto in modo palese che l’elemento fondamentale per prevenire la violenza contro le donne è il raggiungimento dell’uguaglianza di genere, di fatto e di diritto. Nella Convenzione si legge infatti quanto segue: «con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata».

[5] Si tratta della c.d. “legge anti-femminicidio”, che ha introdotto nell’ordinamento, nei settori del diritto penale sostanziale e processuale, una serie di misure sia di carattere preventivo che repressivo, volte a combattere la violenza contro le donne in tutte le sue forme. In particolare, il provvedimento: (1) ha attribuito riconoscimento giuridico al concetto di violenza assistita, intesa come vio-lenza sui minori costretti ad assistere ad episodi di violenza in danno di figure familiari di riferimento (genitori, fratelli o sorelle, ecc.), e soprattutto a quelli di cui è vittima la madre; (2) è intervenuto sul reato di atti persecutori (cd. stalking), modificandone il regime di procedibilità e ricomprendendo tale delitto tra quelli per i quali è possibile disporre intercettazioni; (3) ha previsto la misura di prevenzione dell’ammonimento del questore anche per condotte di violenza domestica, sulla falsariga di quanto già previsto per il reato di stalking; (4) ha introdotto puntuali obblighi di comunicazione da parte dell’autorità giudiziaria e della polizia giudiziaria alla persona offesa dai reati di stalking e maltrattamenti in ambito familiare nonché modalità protette di assunzione della prova e della testimonianza di minori e di adulti particolarmente vulnerabili; (5) ha assicurato assoluta priorità nella formazione dei ruoli d’udienza ai procedimenti in materia di reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking; (6) ha esteso alle vittime dei reati di atti persecutori, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni genitali femminili l’ammissione al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito; (7) ha riconosciuto alle donne straniere vittime di violenza domestica la possibilità di ottenere uno specifico permesso di soggiorno; (8) ha demandato al Ministro per le pari opportunità l’elaborazione di un Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere (Piano adottato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 luglio 2015).

[6] Nell’ambito della riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, la legge 13 luglio 2015 n. 107 ha previsto che il piano triennale dell’offerta formativa assicuri l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori.

[7] Il Piano (di durata biennale e giunto a scadenza nel luglio 2017) è stato adottato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 luglio 2015. Nel dicembre 2017 è stato adottato il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020.

[8] Adottate con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 novembre 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale-Serie Generale n. 24 del 30 gennaio 2018.

[9] La “violenza assistita” è una forma di violenza domestica che si realizza nel caso in cui il minore è obbligato, suo malgrado, ad assistere a ripetute scene di violenza, sia fisica che verbale, tra i genitori o, comunque, tra soggetti a lui legati affettivamente, che siano adulti o minori.

[10] Cf. SettimanaNews n. 20/2017, Volticidio di Andrea Lebra.

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