Post democrazia

di:

ferrario

Quello con la democrazia è, storicamente, un rapporto non semplice e ciascuna Chiesa ha intrapreso con essa un personale percorso dialettico. Ma come si posizionano le Chiese di fronte agli scenari odierni, che potrebbero essere definiti come “post- democratici”?

C’è poco da dire: quello tra Chiese e democrazia è, storicamente, un rapporto non semplice. Roma si schiera, con Pio IX, su posizioni drasticamente antiliberali, in seguito stipula concordati con i fascismi europei e là dove, dopo la Seconda guerra mondiale, si impongono sistemi democratici, ne favorisce una lettura tendenzialmente conservatrice, a volte anche contro significative spinte aperturiste provenienti dal proprio laicato.

L’Ortodossia attraversa, anche in questo, un’altra storia: per essa le pratiche democratiche costituiscono oggi ancora una “novità” o, in diversi casi (non solo quello russo) un vero e proprio “corpo estraneo”.

Il Luteranesimo tedesco vive come un lutto il crollo della monarchia, con fatica il periodo di Weimar e, eccezioni a parte, con enorme difficoltà il nazionalsocialismo. Un po’ diversa la situazione delle Chiese di tradizione “calvinista” (propriamente: “riformata”), abituate fin dalle origini a una pratica sinodale, spesso minoritarie nelle rispettive società e non raramente inclini a prospettive politiche aperte al metodo del consenso; e di quelle (metodista e battista, ad esempio) che si sviluppano prevalentemente in ambito anglofono.

Tale storia complessa non è priva di conseguenze oggi ancora. È un fatto, però, che le Chiese occidentali hanno appreso abbastanza velocemente (chi più volentieri, chi meno) la grammatica democratica, che per oltre mezzo secolo è parsa egemone, e anzi predestinata a un’espansione inesorabile, specie dopo il crollo del blocco sovietico.

Oggi siamo meno sicuri delle magnifiche sorti e progressive della democrazia. La Cina non fa mistero delle proprie convinzioni sul tramonto delle democrazie occidentali e si candida a guidare il pianeta nel segno di un autoritarismo pervasivo e forcaiolo, legato a un efficace connubio tra capitalismo selvaggio e dirigismo statale; la Russia di Putin è impegnata in una crociata antidemocratica, benedetta dalla Chiesa ortodossa di quel Paese; e nell’“Occidente allargato” del XXI secolo si diffondono le cosiddette “democrazie autoritarie”, per usare l’ossimoro di Viktor Orbán (figlio di un pastore riformato): l’Italia meloniana potrebbe essere la new entry in questo club.

Come si posizionano le Chiese di fronte a questi scenari, chiamiamoli così, post-democratici? Credo si possano individuare tre grandi opzioni che, a parere di chi scrive, costituiscono anche grandi tentazioni.

La prima è costituita dalla cara vecchia utopia conservatrice di un’Europa “cristiana” dall’Atlantico agli Urali, cioè ideologicamente guidata dal Papa e dal Patriarca di Mosca. Naturalmente, una simile prospettiva non ha il vento in poppa nel breve termine, per le ragioni che tutti conoscono, ma ritenerla liquidata sarebbe miope.

Abbiamo a che fare con un’istituzione, come Roma, che pensa la Storia in secoli, se non in millenni; e con un’altra, l’Ortodossia, per la quale la Storia è un’astrazione, o comunque un fattore secondario. Due papati importanti come quelli di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI si sono mossi in questa prospettiva.

La seconda opzione, presente in alcuni settori cattolici e protestanti che si ritengono “progressisti”, e forse non estranea allo stesso “bergoglismo”, è quella del «né… né». Non con Putin, certo, meno ancora con Xi Jinping; ma neanche con l’Occidente: che è anch’esso aggressivo, sfrutta il Sud del mondo e ricaccia in mare i disperati della Terra, produce armi e le vende ai tiranni, sviluppa sistemi politici assai esposti alla corruzione ecc.

La terza possibilità consiste nell’assumere nei confronti della democrazia un atteggiamento speculare a quello di Kyrill verso la tirannia di Putin: diventare, cioè, i “cappellani” dell’ideologia occidentale e liberale. Se i «né… né» respingono l’evidenza (Biden può piacere o no, ma Putin è un criminale), quest’ultima opzione rischia di sacralizzare un prodotto della Storia, facendone un idolo.

E allora? Allora, la fede relativizza anche la democrazia; poiché però stimola l’intelligenza, dovrebbe insegnare a non disprezzare questa invenzione umana. Churchill, che non era un teologo, aveva visto bene anche teologicamente: la democrazia è il peggior sistema possibile, a eccezione di tutti gli altri.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

UA-73375918-1

Navigando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie. Clicca per avere maggiori informazioni.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie di servizio ed analisi per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Cliccando su "Accetto", acconsenti al loro utilizzo.

Chiudi