Editoria: quotidiani e periodici in crisi, Internet in crescita

di:
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Angelo Marcello Cardani, presidente dell’Agcom

È ancora di là da venire la fine della crisi dell’editoria quotidiana e periodica, che nell’ultimo decennio ha perso all’incirca metà del suo peso economico. Soltanto nel 2017 il settore ha perso 3,6 miliardi di ricavi complessivi, ossia il -5,2% rispetto all’anno precedente. A certificare lo stato dei fatti è la Relazione annuale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) presentata alla Camera dei deputati.

I ricavi del settore delle comunicazioni e dei singoli segmenti che lo compongono – telecomunicazioni, media e servizi postali – rappresentano oltre il 3% del PIL nazionale. «Le risorse economiche del complesso dei mercati vigilati da Agcom ammontano a oltre 54 miliardi di euro, confermando il trend di lieve crescita (+1,2%) già osservato lo scorso anno. Cresce il peso relativo di Internet, del settore postale e, in misura meno accentuata, del settore telecomunicazioni. Tende invece a ridursi, anche se con un diverso grado di intensità, il peso degli altri comparti vigilati, ossia TV, radio ed editoria», spiega Angelo Marcello Cardani, presidente dell’Agcom.

L’editoria soffre e, in particolare, è il settore dei quotidiani a far registrare una ulteriore contrazione dei ricavi dell’8,9%: «Essendo qui in gioco non solo i destini di una filiera industriale, ma anche quelli di un bene di valore strategico e sociale quale l’informazione», precisa Cardani, la crisi di questo comparto e la contestuale ascesa di Internet interrogano «in primis Governo e Parlamento» e richiedono «una riflessione di ampio respiro».

Gli investimenti pubblicitari globali si spostano dai media tradizionali alle piattaforme online, che complessivamente crescono di oltre il 12%, con Google e Facebook a fare la parte dei leoni. La radio perde qualcosa nel suo complesso (-0,7%), ma in un contesto che manifesta segnali di ripresa.

La televisione si conferma ancora il mezzo con la maggiore valenza informativa, sia per frequenza di accesso anche a scopo informativo, sia per importanza e attendibilità percepite: «Crescono le forme di accesso non tradizionali alla TV; in tal senso il 2017 può essere ricordato anche come l’anno della definitiva consacrazione della “televisione liquida”, con una stima di circa 3 milioni di cittadini che guardano abitualmente la TV in streaming e in numero 3/4 volte superiore che scaricano abitualmente contenuti televisivi sui propri device». La televisione tradizionale manifesta comunque importanti segni di tenuta sia in termini di valore economico che di ascolti, con una audience media nel prime time serale stabilmente sopra i 25 milioni di contatti. Inoltre, i primi tre operatori (21st Century Fox/Sky Italia, Rai, Fininvest/Mediaset) detengono circa il 90% delle risorse complessive e quote non dissimili fra di loro ma particolarmente distanti dai restanti soggetti.

Sul fronte della rete, Internet cresce come mezzo di informazione oltre che come veicolo pubblicitario: «Tuttavia – osserva Cardani – l’attendibilità percepita delle fonti informative online, come testimonia la nostra ultima ricerca sui consumi di informazione, rimane mediamente inferiore rispetto a quella delle fonti tradizionali. Altro elemento interessante consiste nella tendenza degli italiani ad accedere all’informazione online prevalentemente attraverso fonti cosiddette algoritmiche, in particolare social network e motori di ricerca».

Cardani si sofferma sull’impiego massiccio di algoritmi e di automazione sui quali si fonda l’uso dei Big Data e del machine learning: «A fronte di questi travolgenti cambiamenti – che avranno senza dubbio effetti molto rilevanti e largamente positivi in termini di ricadute economiche, risparmio, sostenibilità ambientale – occorrerà elaborare una vera e propria strategia italiana sull’intelligenza artificiale, anche per affrontare le complesse problematiche ad essa connesse».

Senza dimenticare il «grande problema» dell’uso secondario di Big Data, ovvero il tema della trasparenza e della neutralità dell’algoritmo. I rischi sono quelli di «un ecosistema governato da poche grandi multinazionali caratterizzate da un elevato grado di integrazione in tutte le fasi; elevate barriere all’entrata; tendenza al monopolio; crescenti e strutturali asimmetrie informative tra utenti ed operatori; concreti rischi di alterazione dell’ecosistema informativo planetario; allarmanti fenomeni di polarizzazione delle opinioni; crescente esposizione alle derive dell’odio (politico, razziale, religioso) e dell’abuso (stalking, cyberbullismo, omofobia)».

Infine, un accenno alla e-democracy, che significa intervenire su quattro ambiti: «Quello dei diritti di cittadinanza, che trovano esplicazione nel nostro quotidiano operare, soprattutto sul fronte della tutela dei consumatori; quello della tutela del diritto d’autore e dei contenuti, che è battaglia culturale di salvaguardia dell’identità europea e di tutela dell’opera dell’ingegno che costituisce tanta parte di quell’identità; quello dei diritti delle persone, che quanto al nostro operare significa soprattutto difesa della dignità di donne e uomini da ogni forma di odio e discriminazione che si manifesti attraverso l’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa; quello a tutela di quel bene pubblico che è l’informazione».

L’articolo è stato pubblicato sul sito dell’Agenzia SIR l’11 luglio 2018.

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