Il dio in cui non credo e il Dio in cui credo

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Siamo nell’anno del Giubileo straordinario della misericordia. Perché il papa lo ha indetto? Il primo motivo è perché i credenti facciano piazza pulita delle non poche immagini distorte di Dio, che circolano anche tra quelli che dicono di credere. E perché i non credenti possano liberamente scegliere di aderire o meno, ma confrontandosi con il vero volto di Dio, quale ci è stato presentato da Gesù di Nazaret.
Sono convinto che ancora una volta papa Francesco abbia fatto centro. Perché diversi credenti rischiano di dire di sì ad una falsa immagine di Dio, mentre diversi non credenti rischiano di dire di no a un Dio che di fatto non c’è, non c’è stato mai e mai ci sarà. Ho l’impressione che diversi atei non credono in un Dio in cui anch’io non credo.

No, io non crederò mai in

  • un dio che si apposti dietro una curva per cogliermi in fallo e tendermi una rappresaglia per “farmela pagare”;
  • un dio che si diverta a fare il guastafeste, che ami il dolore, che giochi a condannare, e se la spassi a “mandare” all’inferno;
  • un dio che metta il disco rosso alle vere gioie dei suoi figli e non accetti una sedia nelle nostre feste umane;
  • un dio che si arrabbi per le molte “debolezze” che ci affliggono e sia incapace di sorridere di fronte alle sciocche monellerie di cui siamo capaci;
  • un dio che si lasci incapsulare in una formula teologica, si faccia capire solo dai sapientoni e non risulti accessibile e simpatico ai piccoli e ai poveri;
  • un dio che sia un nonno buonista o un vecchietto bacchettone, da ricattare o di cui approfittare a cuor leggero, o che tratti con la stessa bilancia la vittima e il suo carnefice;
  • un dio che faccia l’indifferente di fronte alle lacrime dei bambini innocenti, alle ferite delle ragazzine abusate, alle sofferenze degli omosessuali derisi o delle donne violentate;
  • un dio che sia onnipotente, ma non misericordioso, perché altrimenti mi potrebbe incenerire; o che sia onnisciente, ma non altrettanto benevolo e compassionevole, perché diversamente il suo sapere tutto di me, me lo renderebbe antipatico e irritante;
  • un dio che mi chieda la fede e mi spenga la ragione; che si imponga a me con l’evidenza di una “prova” indiscutibile o prevarichi su di me con il peso di una superiorità schiacciante;
  • un dio che si atteggi con noi come un padre-padrone e non invece come il geloso custode della nostra libertà più solida e matura e il più accanito collaboratore della nostra gioia più certa e più grande.

Sì, io credo

  • nel Dio della misericordia più generosa che afferma la sua grandezza nel fare grandi i suoi figli, a cominciare dai più piccoli e dai più poveri; che non si diverte a mettermi paura, che si lascia dare del tu;
  • nel Dio della misericordia più umile, che esprime la sua onnipotenza riducendosi all’impotenza per amore, ed è sceso fino al punto da raccoglierci tutti a braccia aperte quando cadiamo e da guardarci sempre dal basso in alto e non dall’alto in basso;
  • nel Dio della misericordia più gratuita, che sulla croce preferisce mille volte sacrificarsi e morire lui per l’uomo, anziché vedere l’uomo morire per lui, e che rinuncia a salvare se stesso pur di salvare tutti noi;
  • nel Dio della misericordia più feconda, che trova la sua gloria nel parteciparci la propria vita, nel difendere la nostra alta dignità, nel diffondere e condividere con noi la sua esuberante felicità;
  • nel Dio della misericordia più fedele, che non dimentica mai le parole di suo Figlio: che il sabato è per l’uomo, e non l’uomo per il sabato; che c’è più gioia nel dare che nel ricevere; che non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici;
  • nel Dio della misericordia più disponibile, che preferisce abbassarsi lui a lavare i piedi a noi anziché vedere noi chinati per lavare i piedi a lui;
  • nel Dio della misericordia più tenace, che manda suo Figlio non a giudicare e a condannare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui; che salva anche chi non lo ha conosciuto, ma lo ha cercato e servito nei fratelli più poveri e sofferenti;
  • nel Dio della misericordia più benevola, che non manda alla malora la pecorella che ha abbandonato l’ovile, ma che non si dà pace finché non la trova, e quando l’ha trovata non la prende a bastonate, ma se la carica sulle spalle e fa più festa per quella che non per le 99 rimaste nell’ovile;
  • nel Dio della misericordia più tenera, che quando scorge Zaccheo sul sicomoro non lo svergogna davanti ai compaesani, e quando si ritrova davanti all’adultera non l’addita al pubblico ludibrio, e appena si vede esposto al ghigno del padrone di casa perché investito dalla tenerezza della peccatrice del villaggio, Gesù non si sottrae alle sue carezze…
  • nel Dio della misericordia più solidale, che non ha mandato suo Figlio sulla terra a spiegare il mistero del male, ma a condividere l’umano soffrire, a riempirlo della sua presenza, e a trasformarlo in un bene infinitamente più grande.

Ma non è questo il Dio rivelatoci da Gesù di Nazaret?

In questo anno del Giubileo e della nostra Missione diocesana, auguro ai credenti di ripulire l’immagine del Dio, in cui noi cristiani crediamo, da ogni incrostazione che ne offuschi la bellezza e ne appanni la verità. E a tutti i cercatori di Dio di poterlo vedere nel “volto della misericordia”, il volto di Gesù di Nazaret.

Buona Pasqua!

+ Francesco Lambiasi,
vescovo di Rimini


Lettera pastorale di mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini, in occasione della Pasqua 2016.

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