L’oro interiore

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spiritualita

Ancora una volta il monaco di Münsterschwarzach, fecondo autore di testi di spiritualità, ricercato conferenziere e consulente religioso, centra con un suo volumetto il bersaglio di arricchire i lettori con una nota di serenità umana e spirituale.

Con mano sapiente, frasi concise e profonde anche a livello psicologico, egli porta a scoprire il tesoro che ognuno porta in sé nel profondo, anche se talvolta coperto dalla congerie di preoccupazioni, impegni, trascuratezze e narcisismi.

Spesso l’autore intesse un dialogo diretto con il lettore, invitandolo a ripercorrere il proprio vissuto personale. Fiabe e poesie impreziosiscono il testo e tradiscono la varietà delle letture del monaco.

L’oro è simbolo di metallo prezioso, da trovare scavando. Va purificato perché splenda nella sua bellezza completa. Nel corso della storia è stato visto come simbolo della virtù, della saggezza, dell’amore, con proprietà depurative e protettive. Simbolo di regalità, se accumulato può però diventare un idolo. Se scoperto nel profondo della vita umana, combacia con la ricchezza inattaccabile dell’uomo.

Nel passato l’oro era possesso solo dei ricchi e dei potenti, dei re. È portato dai magi a Gesù come simbolo di regalità. Se i santi erano dipinti su sfondo aureo (l’aureola), ciò era indicativo della luce divina della loro anima, il loro essere immagine di Dio, partecipi del suo splendore. Il tesoro da cercare nei mercati e che può essere trovato nel campo è un’immagine del nostro vero io. Con lo splendore dell’anima possiamo affrontare un’esistenza dal volto umile (cf. la fiaba Pelle d’Asino).

Gesù è la sapienza nascosta di Dio e la sapienza dona oro alla vita. Chi è sapiente riconosce in ogni cosa lo splendore aureo, vede il mondo nella sua bellezza, così come Dio lo ha creato. L’oro si trova proprio in mezzo alle cose comuni, nella quotidianità, e non va cercato in un mondo migliore (cf. La fiaba L’uccello d’oro). L’uccello d’oro va lasciato nella sua gabbia di legno…

I tesori nella vita quotidiana

Nella prima parte del suo volumetto, l’autore va alla ricerca dei tesori nella vita quotidiana. Egli insiste molto sul fatto di ritrovare l’oro della propria interiorità pacificata nella semplicità della vita, della natura, della pace con se stessi e con Dio. Egli è la radice della serenità che fa affrontare anche le immancabili prove e tristezze della vita. Presupposti per impreziosire la quotidianità sono il saper godere di tutto ciò che ci offre l’amore: «Tutto ciò su cui l’amore si china diventa regale, prezioso, dorato» (p. 32).

Il forziere dei tesori si trova nel tacere e nel silenzio, in cui affiora la fame della nostra anima. In tedesco, silenzio (Stille) ha una radice uguale a quella di allattamento (stillen). Lo spazio del silenzio, anteriore al tacere, è là dove il regno di Dio è in noi, dove incontriamo l’immagine originaria e incontaminata che Dio ha di noi.

L’oro lo si trova nel perdono verso noi stessi e gli altri. Emerge nell’esperienza di vita, ricchezza inesauribile. Si scopre così che l’arte della vita è trasformare le ferite in perle (santa Ildegarda di Bingen).

L’amicizia e la natura sono forzieri che racchiudono tesori in abbondanza. Esse non giudicano, ma avvolgono con amore. L’intera natura è permeata dall’amore di Cristo (amorisation, Teihard de Chardin). La natura fa rifiorire la vitalità e tutto in essa (piante, fiori, vento, stagioni ecc.) diventa un’immagine di noi stessi.

Il tesoro per eccellenza, cantato nella Bibbia, è però la presenza di Dio. Lo avvertiamo come creatore e come tesoro presente in noi. Con gli occhi della fede scopriamo Dio o Gesù Cristo in fondo alla nostra anima, nella natura, nelle persone che incontriamo, in noi stessi. E l’anima ha un solo desiderio e ricerca: diventare un tutt’uno con Dio. Questa è la sua vocazione. Il desiderio rende preziosa la vita, è l’oro interiore che rende ricco dentro. Occorre capire che cosa desideriamo davvero.

Fonti di ispirazione e di forza sono individuate da Grün nella lettura, nei pensieri e nelle parole, nella riflessione, nei sogni, negli incontri e nei viaggi. Tutto può allargare il cuore, rasserenare l’anima, infondere forza per affrontare le difficoltà della vita.

Gioisci della vita!

La seconda parte del volume è dedicata da Grün al tema della gioia. Spetta a ciascuno scegliere di gioire o di lamentarsi continuamente. Nell’oscurità c’è sempre una luce che brilla. La gioia è espressione di vitalità e di pienezza di vita, espressione di una vita vissuta in pienezza e ha un grande valore terapeutico.

La vita quotidiana non è solo la vita esteriore, ciò che respira, cresce e si muove (bios). La qualità della vita invece è indicata con zōē, e proviene direttamente da Dio. È una vita intensa, vissuta nella fede, vita gratificante, condivisa in relazione con gli altri. La vita vera è sempre collegata alla gioia. La gioia ha una sorgente interiore, che va accresciuta dal contatto con le parole di Gesù che danno la gioia piena (cf. Gv 15,11). Aiuto alla gioia proviene dagli incontri con le persone e dalla musica. «L’anima si nutre di tutto ciò di cui gioisce» (Agostino). Non solo l’anima, ma tutto il corpo…

La fortuna di Gianni, fiaba dei Grimm, insegna che, per gioire della vita, non sono necessarie le cose esteriori, Dopo aver perso tutto, Gianni è felice e danza di gioia per il fatto di essere vivo. Non abbiamo bisogno di altro che di noi stessi. Non dobbiamo dimostrare o mostrare niente a nessuno. Gioisco quando scelgo di essere me stesso.

Grün invita a ripercorre la propria vita, rivisitando i momenti, anche molto semplici, che più hanno dato gioia. È interessante che persino Ildegarda di Bingen – oltre che a Qohelet – inviti a gioire anche del proprio corpo, accettandosi come si è, anche quando il corpo ci fa soffrire.

La natura, oltre alla storia, è campo di azione di Dio e in essa si possono trovare sempre motivi di gioia (cf. Sal 104). Grün ricorda esperienze personali di immersione gioiosa nella natura. Basta aprirsi ad essa, prendere coscienza di ciò che ci circonda.

Gioisci della felicità data dalle piccole cose – avverte l’autore – ricordando i momenti della giornata che possono essere fonte di gioia se vissuti positivamente, non in modo autocentrato. Fa bene ricordare che i primi monaci sapevano che i sentimenti con i quali si va a dormire caratterizzano anche il giorno seguente…

I successi non vanno demonizzati né esaltati. Essi fanno parte della vita e vanno goduti in semplicità, in quanto collegati alla creatività e alla gioia nella loro costruzione. «Il tempo è compiuto», il Regno è qui, quindi gioisci del momento presente!, esorta l’autore. Se Dio regna, il dominio dell’ego cessa e l’uomo è libero di dedicarsi totalmente al momento presente, lasciando che le cose siano. Certo, anche la tristezza fa parte della vita, ma in fondo all’anima percepisco di essere sorretto e protetto da Dio.

È bello gioire anche dei rituali personali, familiari e comunitari, quotidiani o legati alle feste.

Grün invita, infine, a gioire dei propri amici e anche della buona tavola, ricordando però che la gioia non è legata all’esagerazione. Lo affermava anche Qohelet (cf. Qo 9,7). «Chi non sa godere diventa insopportabile» ha detto Goethe.

Grande gioia nasce nel cuore quando si procura gioia agli altri, come ha fatto per anni fr. Coelestin nel monastero di Grün. Rallegrare le ricorrenze di quasi cento confratelli gli procurava gioia e lo manteneva giovane. Procurare gioia fa crescere in noi la gioia di vivere.

Il sigillo del piccolo volume dell’autore è posto nell’invito a gioire di Dio: «Quale gioia, quando mi dissero: “Andremo alla casa del Signore!”» (Sal 122,1). Esdra invita alla gioia e rammenta al popolo: «Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza» (Ne 8,9-10).

La gioia umana è sempre fragile, mentre quella data dal Signore è indistruttibile, illimitata e inestinguibile. È legata a una gioia profonda, che non viene incrinata dalle manchevolezze umane e che nessuno può strappare dal fondo dell’anima.

«Gioisci della vita!», conclude Grün, questo è il centro della fede cristiana, perché Dio è amore e gioia e more vanno insieme. La gioia è frutto dello Spirito Santo, ricorda Paolo.

Vari autori hanno elogiato la gioia. Compito della Chiesa per Bernanos è «ritrovare le fonti della gioia perduta». Pascal ricorda che «l’uomo è nato per la gioia». La gioia è la sua vocazione più profonda. «Insegna ai cristiani che non hanno altro compito che la gioia», annota Claudel.

La gioia è l’espressione di quell’amore che è il centro della fede cristiana. Elisabetta d’Ungheria scrive: «Là dove si semina amore cresce la gioia». «Perciò l’esortazione “Gioisci della vita” coglie il centro della nostra fede – conclude Grün –, che si concretizza in noi se diventiamo riflesso della gioia che Cristo ci ha messo nel cuore tramite il suo Spirito» (p. 163).

  • ANSELM GRÜN, L’oro interiore. Alla ricerca della gioia e di altri tesori (La Parola e le parole 160), Edizioni Paoline, 4ª Ed. riveduta e aggiornata, Milano 2021 (1ª 2012), pp. 168, € 13,00, ISBN 9788831554107.
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