Il Pellicano, la generosità e la vita eterna

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«Pio pellicano, Gesù Signore, purifica me, immondo, con il tuo sangue, una cui stilla può salvare il mondo intero da ogni peccato». Gli inni eucaristici esprimono la fede viva che il popolo credente canta e assume come regola di fede. L’inno, di per sé, indica un motivo sicuro per camminare lungo una strada. La liturgia ci insegna che l’inno apre la strada al mistero, ci fa entrare e incontrare il Cristo celebrato.

Il maestro degli inni eucaristici è senz’altro Tommaso d’Aquino Egli, secondo la tradizione, nel 1264 scrisse, anche per celebrare la nascente festa del Corpus Domini, cinque inni tra questi, l’Adoro te devote in cui esprime la fede in Gesù eucarestia. L’adorare è segno della riconoscenza di Dio, è un gesto teo-logico, è la risposta della preghiera al mistero.

Quando san Tommaso evoca l’immagine del pellicano vuole richiamare alla mente il mito di questo «strano uccello dal becco lungo». Sembra che l’uccello bianco d’Egitto, nutrendo attraverso un’apertura del collo i suoi piccoli, abbia dato luogo alla leggenda del sacrificio delle proprie carni per la vita dei figli fino a divenire “emblema di carità” fino al sacrificio.

Secondo alcuni, la simbologia del pellicano esprime la generosità: «in mancanza della quale, nell’iniziazione, tutto resterebbe irrimediabilmente vano».

Nel mondo cristiano, anche a seguito di un’opera di carattere simbolico – il Fisiologo, IV sec. d.C.) –, l’immagine del pellicano si imporrà gradualmente come simbolo di Cristo eucaristico che dà da mangiare la sua carne e il suo sangue per la vita dei suoi figli.

Sostieni SettimanaNews.itIl Fisiologo dice che il pellicano ama moltissimo i suoi figli: «Quando ha generato i piccoli, questi, non appena sono un po’ cresciuti, colpiscono il volto dei genitori; i genitori allora li picchiano e li uccidono. In seguito, però, ne provano compassione, e per tre giorni piangono i figli che hanno ucciso. Il terzo giorno, la madre si percuote il fianco e il suo sangue, effondendosi sui corpi morti dei piccoli, li risuscita».

Il pellicano si presta così ad una duplice simbologia: è inteso sia come immagine di Cristo che si lascia crocifiggere e dona il suo sangue per redimere l’umanità, sia come immagine di Dio Padre che sacrifica suo Figlio facendolo risorgere dalla morte dopo tre giorni.

Il pellicano è un uccello difficile da vedere, ed è per questo che diventa pura immagine dello Spirito, che richiama al pensiero la Purezza, Cristo, il «nostro Pellicano» come lo chiama Dante quando si riferisce all’apostolo Giovanni: «Questi è colui che giacque sopra’l petto/ del nostro Pellicano, e Questi fue/ di su la croce al grande officio eletto». (Paradiso, XXV, 112-114).

È interessante notare come, nella sala del cenacolo a Gerusalemme, vi troviamo una delle prime rappresentazioni del pellicano che sfama i suoi piccoli.

L’inno eucaristico di san Tommaso si chiude con queste parole: «O Gesù, che ora guardo velato, prego che avvenga ciò che desidero: che contempli il tuo volto rivelato, e a tal visione io sia beato della tua gloria. Amen».

A Gerusalemme la festa del Corpus Domini si celebra di giovedì, come era in antico. La cosa particolare è il luogo: dove Cristo è risorto noi festeggiamo l’eucarestia, carne e sangue di Cristo risorto. Ogni volta che mangiamo il pane e beviamo il sangue di Cristo, noi annunciamo la sua risurrezione nell’attesa della sua venuta. Il mistero eucaristico rinnova la Pasqua di vita e ci aiuta a leggere la presenza di Dio nella storia.

Come per l’antico Dio sfamava il popolo con la manna, nel presente il pane eucaristico dona la forza di Dio, segno di unità e richiamo d’eternità.

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