Vite da santi

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C’è qualcosa che “funziona” nella vita dei santi. E questo ha intrigato molto l’ex arcivescovo anglicano di Canterbury (2003-2013), settant’anni il giugno prossimo, già docente di teologia a Oxford e a Cambridge, attualmente Master del Magdalene College di Cambridge. Poeta, scrittore, commentatore poliglotta di temi di attualità e conferenziere ricercato, raccoglie in questo volume tredici fra conferenze e articoli preparati tra il 1977 e il 2015.

Guardando il volto dei santi, ci si può accorgere che sono “abitati” e non “vuoti”, privi di relazioni. Nei santi la “carne”, cioè la vita deprivata e lasciata andare a se stessa dietro alle proprie pulsioni più o meno distruttive, è stata “abitata” in pienezza dallo Spirito. Sono diventati corpi abitati in pienezza dallo Spirito, tempio dello Spirito, parte del corpo di Cristo. Sono persone “guarite”, in quanto si sono lasciate avvolgere e penetrare dal vangelo di Cristo.

vita da santiWilliams è attratto dal tema della “salute” e dalla “guarigione”, convinto che la teologia trovi in esse il suo compito principale. «Dire che la teologia è l’arte di definire il modo in cui Dio trasforma la carne creando una relazione viva con Dio, e in tal modo creando relazione viva col resto di ciò che Dio ha fatto, equivale a dire che ogni storia umana bella e positiva riguarda il modo in cui la carne diventa abitata, il modo in cui la carne è riempita di significato» (p. 22).

Nei Vangeli è raccontato come Gesù ridoni sia la salute fisica sia una “guarigione” che dà senso anche alla vita di chi non dovesse recuperare appieno la salute fisica. L’uomo guarito da Gesù recupera una relazione piena con Dio nella sua carne e, nella comunità, può tornare a lodare Dio e a vivere con i suoi fratelli, con altri spiriti incarnati.

La teologia diventa in tal modo l’arte di definire il modo con il quale Dio trasforma la carne creando relazioni di vita, in piena dignità. La persona “guarita” acquista «una nuova capacità di abitare il corpo, una libertà all’interno di un corpo che può essere morente, mortale, limitato e afflitto in tutti i modi possibili» (p. 29).

Dio ha creato un mondo in cui Dio intende abitare, e in cui già abita nella sapienza, nella bellezza, nell’ordine, nell’arte, nella meraviglia del creato. Lo scopo ultimo di Dio è però quello di abitare i pensieri, le azioni, i dolori e il caos degli esseri umani condizionati, trasformandoli in pienezza di vita, come avviene in Gesù. Il vangelo narra come Dio vuole che abitiamo il mondo, riconciliati fra carne e Spirito, inseriti con relazioni significative nella comunità più vasta dei fratelli.

«La nostra teologia – si domanda Williams – è un racconto di guarigione?» (p. 36). Dio ci ha fatti come esseri materiali chiamati a vivere in un mondo materiale e questo l’uomo lo deve imparare. La storia della salvezza dell’uomo «è la storia di questo apprendimento, insegnato dal Dio che porta la vita divina stessa ad abitare il nostro mondo, a toccare, guarire, a promettere, a trasfigurare» (p. 37).

Lo Spirito è all’opera e – chiosando Lossky – Williams ricorda che, per sapere che aspetto abbia lo Spirito, dobbiamo guardare il volto dei santi, volti non “vuoti”, disabitati dalle relazioni, ma vissuti, “abitati”.

Nei vari capitoli del suo libro Williams illustra il suo pensiero riflettendo sulle figure di Benedetto, Teresa d’Avila e Giuliana di Norwich.

In altri contributi si sofferma su temi diversi: la sessualità in rapporto alla spiritualità, la preghiera e la contemplazione in rapporto alla missione, la spiritualità urbana.

Una parola ultima sul terzo capitolo, “La Bibbia oggi: leggere e ascoltare” (pp. 38-68). L’autore non intende trattare dell’ispirazione della Bibbia, ma evidenziare quale figura di Chiesa emerga da una lettura corretta dei testi biblici.

La Bibbia normalmente viene letta in pubblico, nella comunità convocata per la celebrazione dell’eucaristia. La Bibbia esige per prima cosa l’ascolto, la ricerca non di interpretazioni affrettate di stampo fondamentalista e talmente liberali da lasciar campo libero all’estro e alla vita puramente individuale. Nella comunità si impara a leggere il “movimento” del testo, le idee dei collegamenti che intercorrono all’interno dell’AT e del NT e fra di loro, cercando di porsi di fronte al testo lasciandolo parlare in continuità discontinua tra «il mondo di fronte al testo» di allora e quello della comunità cristiana odierna.

L’eucaristia è l’ambito in cui la comunità afferma la propria identità e cerca il proprio rinnovamento. Occorre essere attenti al “movimento” del testo per individuare i cambiamenti che esso prevede e propone al lettore/ascoltatore. L’ambientazione eucaristica, in cui si rivive l’autodonazione di Gesù, illumina autorevolmente circa il senso da dare ai testi. L’unione di eucaristia e Scrittura, potenziati dall’opera dello Spirito del Risorto che opera nella comunità, permette a quest’ultima di fare esperienza della risurrezione di Gesù e in essa trovare espressa la propria identità e il proprio cammino, teso fra ascolto e risposta.

Testo originale e brillante.

ROWAN WILLIAMS, Vite da santi. La tradizione cristiana per il nostro tempo (Spiritualità 192), Queriniana, Brescia 2020, pp. 288, € 25,00, ISBN 978-88-399-3192-4.

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