Boff: Lo Spirito soffia dove vuole

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Lo Spirito Santo è come un vento forte e libero, cioè ci porta forza e ci porta libertà: vento forte e libero. Non si può controllare, fermare, né misurare; e nemmeno prevederne la direzione. Non si lascia inquadrare nelle nostre esigenze umane – noi cerchiamo sempre di inquadrare le cose –, non si lascia inquadrare nei nostri schemi e nei nostri pregiudizi. Lo Spirito procede da Dio Padre e dal suo Figlio Gesù Cristo e irrompe sulla Chiesa, irrompe su ciascuno di noi, dando vita alle nostre menti e ai nostri cuori. Come dice il Credo: «È Signore e dà la vita» (Papa Francesco, Regina Coeli del 23 maggio 2021).

Il titolo è avvincente: Soffia dove vuole. Il sottotitolo intrigante: Lo Spirito Santo dal Big Bang alla liberazione degli oppressi. Il libro ha il compito di ridire il terzo articolo del Credo («Credo nello Spirito Santo»). Ne è autore Leonardo Boff, uno dei teologi viventi più noti al mondo ed esponente di punta della teologia della liberazione.

Edito in Brasile nel 2013 con il titolo Espìrto Santo. Fogo interior, doador de vida e Pai dos pobres è stato pubblicato in Italia, all’inizio dello scorso anno, dalla Editrice Missionaria Italiana di Verona con la traduzione di Pier Maria Mazzolla. È dedicato alle donne che «possiedono una connaturalità con lo Spirito Santo perché egli, come loro, è donatore di vita».

Nelle pagine introduttive l’autore presenta il saggio come «un piccolo trattato sullo Spirito Santo», presente «nel cosmo, nell’umanità, nelle religioni, nelle Chiese e in ogni essere umano, specialmente nei poveri» (p. 15).

Elaborato «dopo molti anni di ricerca e di riflessione» (p. 15), esso si pone l’obiettivo di riflettere sulla terza Persona della Santissima Trinità con il rigore richiesto dalla teologia. Non utilizzando, però, le categorie metafisiche, di derivazione greca, «di sostanza, di essenza e di natura» che rimandano a «qualcosa di statico e sempre già circoscritto in una forma immutabile», ma «tramite un altro paradigma, più vicino alla moderna cosmologia» che «vede tutte le cose in genesi, le vede emergere da un fondo di Energia Indicibile, Misteriosa e Amorosa che è prima del prima, nel tempo e nello spazio zero» (p. 16) e, quale «oceano senza confini di tutte le virtualità e possibilità di essere» (p. 92), penetra da un capo all’altro la creazione intera. «Questo Prima del prima è ciò che la teologia chiama Spiritus creator» (p. 225).

Struttura del saggio

Tredici i capitoli, preceduti da una breve premessa e seguiti da un’altrettanto concisa conclusione.

Il primo capitolo è una sorta di lunga introduzione che vede l’irruzione, a livello planetario ed ecclesiale, dello Spirito Santo in alcuni esempi di «rotture creative» a noi vicine (p. 22): dal Concilio Vaticano II alla nascita della teologia della liberazione con l’opzione preferenziale per i poveri, dalla caduta dell’Impero Sovietico ateo e calpestatore dei diritti umani ai Forum mondiali impegnati in progetti che garantiscano un futuro di vita e di speranza per tutti i poveri del mondo, dall’emergere nella Chiesa dei movimenti che rimediano all’oblio in cui lo Spirito Santo era caduto all’elezione a vescovo di Roma di papa Francesco, dall’affermarsi del femminile in tutti i contesti sociali alla sempre più diffusa coscienza ecologica fondamentale per salvaguardare la vita umana e il destino della nostra civiltà.

Il secondo è una riflessione teologica offerta per attribuire dignità ad alcune esperienze-base di vita che possono aprire la strada ad una migliore conoscenza dello Spirito di Dio: il respiro e la forza della natura, l’irruzione della vita come imperativo cosmico in ogni parte dell’universo culminata nel fiorire della vita umana, l’esistenza dei carismi come forza cosmica che afferra le persone e le trasforma in profeti a servizio della vita umana, dei poveri e della loro liberazione… Tutte esperienze-base che ci permettono di captare lo spirito e che vengono poi, nel capitolo terzo, sistematizzate sotto alcuni diversi angoli visuali e, nel capitolo quarto, interpretate teologicamente e attribuite allo Spirito Creatore.

Dal quinto al nono capitolo Leonardo Boff, nell’affrontare la complessa dottrina teologica riguardante lo Spirito Santo come terza Persona della Santissima Trinità, richiama grandi maestri e maestre del pensiero cristiano (da Gioacchino da Fiore a Giuliana di Norwich, da Friedrich Hegel a Ildegarda di Bingen, da Paul Tillich a Josè Comblin, da Yves Congar a Jürgen Moltmann) e si sofferma sulla missione straordinaria di Maria, la «pneumatofora» (“portatrice dello Spirito”) per antonomasia che ha reso possibile l’umanizzazione di Dio in Gesù di Nazaret, avendo lo Spirito Santo stabilito in lei la sua residenza permanente.

Nel capitolo decimo il teologo brasiliano illustra un tema che gli sta particolarmente a cuore e che sembra costituire la specificità del suo pensiero teologico. Che rapporto intercorre tra cosmologia e spiritualità? Come si inserisce il cristianesimo nel processo evolutivo dell’universo che ha almeno 13,7 miliardi di anni? Quali effetti producono sulla teologia le acquisizioni della scienza moderna in tema di nascita ed evoluzione dell’universo? Tematica generalmente tralasciata dai trattati teologici sulla dottrina dello Spirito Santo (“pneumatologia”) che «continua ad essere prevalentemente materialista, ossia sostanzialista» (p. 62). Trattato invece da Boff in numerosi altri suoi saggi, questo tema trova qui una più completa e aggiornata esplicitazione.

La comunità dei credenti in Gesù come grande opera dello Spirito Santo e la loro vita secondo lo Spirito costituiscono rispettivamente il contenuto dell’undicesimo e del dodicesimo capitolo.

Nell’ultimo capitolo l’autore ci offre un breve e istruttivo commento di due importanti inni della liturgia cristiana e della pietà popolare nei quali si trova l’essenziale della teologia sullo Spirito Santo (p. 254): il Veni Sancte Spiritus e il Veni Creator.

Un libro, quello di Leonardo Boff, solo apparentemente di facile lettura. In realtà, richiede impegno e attenzione in quanto, caratterizzato com’è da argomentazioni teologiche e da riflessioni spirituali, da discorsi scientifici e da pagine poetiche, da considerazioni etiche e da sollecitazioni socio-politiche, si discosta dagli schemi generalmente utilizzati nei trattati di pneumatologia.

E non è agevole sintetizzarlo in poche pagine. Preferisco limitarmi ad esplicitare alcune risonanze che la lettura del saggio ha fatto sorgere in me.

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Molteplicità di livelli di presenza dello Spirito

«Lo Spirito dorme nella pietra, sogna nel fiore, si desta nell’animale e sa di essere desto nell’essere umano». È un detto antico, di origine orientale sconosciuta, che Boff cita a pag. 199 per dire come lo Spirito conosca diversi livelli di presenza.

Esso «si manifesta come esplosione di energia, movimento della materia, come principio di vita e suscitatore di coscienze. Da lui vengono i grandi sogni, quelli che sospingono alla creatività, poiché egli è la fantasia di Dio, e nutre il coraggio, provoca la sacra collera contro le ingiustizie, incita al grido di liberazione e appare come forza di comunione e di comunicazione» (p. 199).

«Lo Spirito Santo è talmente unito alla storia che essa, da profana, si trasforma in storia sacra» (p. 102). Sua caratteristica, tuttavia, è quella di nascondersi e di non far rumore. Egli soffia dove vuole e non sappiamo da dove venga né dove vada (Gv 3,8). È come l’acqua «che umilmente si adatta a ogni suolo, a ogni recipiente, e che per scorrere cerca sempre la via più bassa» (p. 253).

Tipico dello Spirito è «infondersi nelle cose, penetrare segretamente nelle menti e nei cuori delle persone e delle collettività, alimentando la fiamma sacra dell’amore, della giustizia, della fraternità e della compassione»: tutti doni suoi (p. 174).

Nostro compito è quello di «disoccultarlo» (p. 17), scoprendone ovunque la presenza: nel tempo come nello spazio, nell’immensità dell’universo come nella bellezza della natura, nel mondo animale come in quello vegetale, nella società come nella Chiesa, nell’intimo di ogni coscienza come nei progetti di liberazione dei popoli oppressi.

Lo Spirito presente all’inizio quando…

Lo Spirito di Dio era presente quando, secondo la tradizione giudaico-cristiana, aleggiando sul caos originario (sul tohu-bohu), «la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso» (Gen 1,2).

Era presente quando, al momento del Big Bang, si creò quel raffinatissimo equilibrio che permise la comparsa della materia, delle grandi stelle rosse, delle galassie e delle stelle di seconda e terza generazione.

Era presente quando, 13,7 miliardi di anni fa, comparve l’universo e quando, 4,4 miliardi di anni fa, fece la sua comparsa il Pianeta Terra situato ad una distanza propizia dal Sole.

Era presente nel momento in cui la materia raggiunse una complessità talmente elevata da permettere, 3,8 miliardi di anni fa, l’irruzione della vita, momento speciale del processo cosmogenico, «la più alta fioritura di tutto il processo cosmico» (p. 68).

Era presente quando 245 milioni di anni fa si verificò la spaccatura dell’unico grande continente – Pangea – che diede luogo all’articolazione dei continenti attuali.

Era presente quando 200 milioni di anni fa irruppero sulla faccia della terra i mammiferi dotati di affettività, cura e amore o quando, essendo sul nostro pianeta Terra tutto pronto al 99,6% per accogliere l’essere umano, circa 150.000 anni fa comparve l’Homo sapiens, al quale succedette, all’incirca 100.000 anni fa, l’Homo sapiens sapiens, quello che siamo noi oggi.

Anche senza presupporre l’esistenza di una mano della Provvidenza divina, la cosmologia moderna afferma che l’universo, «sinfonia di suoni e di colori» (p. 92), non è assurdo ma piuttosto carico di intenzioni. C’è una freccia del tempo che punta in avanti e in direzione ascensionale. «Come ha affermato l’astrofisico e cosmologo Freeman Dyson: Si direbbe che l’universo, in qualche modo, sapesse che un giorno saremmo arrivati noi, e abbia preparato tutto perché potessimo essere accolti e fare il nostro cammino di ascensione nel processo evolutivo (p. 97).

Lo Spirito di Dio presente nella vita di Gesù di Nazaret quando…

Il “culmine” dell’azione dello Spirito di Dio lo si è avuto con l’irruzione in forma permanente nella vita di Maria (Lc 1,35), la nuova Eva (Ap 12,1), che ha reso possibile l’umanizzazione di Dio in Gesù di Nazaret, il nuovo Adamo datore di vita (1Cor 15,45). Maria è la «pneumatofora» che è stata «pneumatizzata dallo Spirito Santo» (p. 112).

Nei vangeli sinottici il Gesù storico parla poco dello Spirito Santo e non insegna nessuna dottrina su di esso (p. 105), ma nello Spirito vive, agisce, parla, si relaziona e prega (p. 106). Quando usa la parola Spirito, lo fa per suscitare vita e liberazione.

Nella sua prima apparizione nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,18-19), dopo che lo Spirito Santo era sceso sopra di lui in occasione del battesimo ricevuto da Giovanni Battista, Gesù fa un richiamo diretto allo Spirito per presentare il suo programma: portare l’evangelo ai poveri, proclamare la liberazione dei prigionieri, dare la vista ai ciechi, rimettere in libertà gli oppressi, proclamare l’anno di grazia del Signore (p. 106).

Gesù prospetta un modo di stare davanti a Dio (Abbà), davanti agli altri (tutti sono prossimo), davanti alle leggi (libertà), nel contesto di un grande sogno: l’instaurazione del Regno di Dio che sta venendo, Regno destinato a liberare il creato dalla sua decadenza e a riconciliare il mondo con Dio (p. 163). Ma soprattutto Gesù, nel liberare gli uomini e le donne da immagini false di Dio, annuncia un Dio-Padre, la cui caratteristica principale è di essere buono e misericordioso anche con gli ingrati e i malvagi (p. 234). Una vera rivoluzione, quella di Gesù: non solo annunciata, ma in fase di costruzione grazie a coloro che tentano di vivere secondo il suo stile (p. 164).

Lo Spirito Santo presente nella Chiesa quando…

Dopo la terribile e ignominiosa morte di Gesù e lo scioglimento del gruppo dei suoi seguaci, è lo Spirito Santo che fa risorgere il Crocifisso a vita nuova. La risurrezione di Gesù è il grande segno che lo Spirito Santo è in azione e sta inaugurando l’era dello Spirito (p. 120).

È lo Spirito Santo che a Pentecoste fornisce ai discepoli timorosi e frastornati una forza straordinaria grazie alla quale essi potranno testimoniare l’evangelo di Gesù «fino agli estremi confini della terra» (At 1,8) e annunciarne il contenuto «a tutte le genti» (Lc 24,47) con modalità tali che ognuno è in grado di recepirlo nella propria lingua (At 2,6).

Senza Pentecoste, la Chiesa non sarebbe concretamente sorta. Come nacque per l’irruzione dello Spirito Santo, così essa vive grazie all’azione dello Spirito Santo. La Pentecoste, quindi, «si prolunga per tutta la storia, nella sua ampiezza e nella sua durata, e ci raggiunge anche in questi giorni in cui ci tocca vivere e soffrire» (p. 17).

La Chiesa non può irrigidirsi nella sua dottrina, nei suoi riti, nella sua liturgia o nel suo ordinamento giuridico. «Deve cogliere le situazioni dove lo Spirito emerge, al di là dello spazio ecclesiale, nell’evoluzione e nella storia, e crescere con esse, con il coraggio di perfezionarsi e rendersi più funzionale agli inevitabili mutamenti. Queste situazioni nuove non sono al di fuori del raggio d’azione dello Spirito, perché la storia della salvezza non è alternativa alla storia umana, si attua in essa» (p. 212).

Lo Spirito Santo anima una forma specifica di organizzazione ecclesiale decisamente diversa da quella classica articolata attorno a una sacra potestas distribuita tra poche mani maschili: papa, vescovi, presbiteri e diaconi. Se la Chiesa è veramente popolo di Dio, il concetto di “gerarchia” non dovrebbe neppure essere nominato. Ciò che va valorizzato è l’insieme delle diverse funzioni esercitate a vantaggio di tutti, all’interno di una uguaglianza fondamentale di tutti i figli e di tutte le figlie di Dio, in un contesto di vera fraternità e sorellanza. Tutti godono di pari dignità. Non c’è spazio per privilegi che destrutturino la comunità (p. 213).

È lo Spirito che «crea la diversità dei doni (1Cor 12,7-11) e, al tempo stesso, una relazione di servizio da parte di tutti in vista del bene di tutti. Egli è una forza di differenziazione e, al contempo, energia di comunione e relazione che dà forma a una unità complessa (p. 200). Il carisma specifico di chi svolge una funzione di guida, di coordinamento e di animazione non è quello di cumulare ma di integrare (p. 216).

Soprattutto vivere secondo lo Spirito significa impegnarsi per tutelare e affermate il diritto del povero alla vita e alla vita dignitosa. Una spiritualità insensibile alla passione dei poveri per liberarli dalla povertà sarebbe falsa e si farebbe sorda agli appelli dello Spirito. Preghiere, liturgie, celebrazioni, canti e danze non attente allo Spirito Pater pauperum non giungono a Dio (p. 229).

Un moderno tentativo di ripensare la Santissima Trinità

Un tentativo, quello di Boff, di moderna teologia trinitaria che «legge i termini della Tradizione (il Padre come fonte, il Figlio come generazione e lo Spirito Santo come espirazione) come analogie e descrizioni, più che come realtà oggettive. Fermo restando il dato di fede incontestabile: Dio non è la solitudine dell’Uno, ma la comunione dei Tre» (p. 147).

Per esprimere tale concetto la teologia trinitaria utilizza il termine pericoresi, che letteralmente significa «ruotare e danzare intorno»: completa reciprocità delle Divine Persone. Il Dio rivelato da Gesù per opera dello Spirito Santo è un Dio-in-Comunione, un Dio-in-Relazione. Il ricorso alla pericoresi – scrive Boff – «mostra meglio l’interrelazionalità delle Divine Persone ed è più conforme alla comprensione della moderna cosmologia, che vede tutto in rapporto con tutto, in una intricatissima rete di inclusioni e di reciprocità» (p. 149). «Dio è comunione di amore e non solitudine di una sola natura. E questa comunione nell’amore è così intima e radicale che i Tre Divini si unificano in un solo Dio-comunione-amore-dono-relazione» (p. 126).

Sant’Agostino – nel De Trinitate VI, 10, 12 – ha coniato questa bella formula: «Ciascuna di esse è in ciascuna delle altre, tutte sono in ciascuna, ciascuna in tutte, tutte in tutte e tutte sono una cosa sola» (p. 148).

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Un commento

  1. Luciano 8 novembre 2021

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