Maria di Nazaret, “pietra di Luna”

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Tratteggi conciliari su Maria

Oggi sempre più frequentemente accade di vedere, in ambiti diversi, sugli scanni delle librerie esempi di quello che va sotto il nome di libro-intervista. Negli ultimi anni lo si usa anche per presentare tematiche teologiche ed ecclesiali. è un tipo di libro che ha la freschezza della struttura dialogica, la quale evoca, fra l’altro, l’antica esperienza di affrontare dialogicamente tempi e problemi di vita.

Di questo genere di libri è Attualità e futuro del concilio ecumenico Vaticano II del card. Marc Ouellet: è un volume nato da sette colloqui con padre Geoffroy de la Touche e pubblicato per i tipi delle Libreria Vaticana (2013), quasi in coincidenza con l’inizio del servizio pontificale di papa Francesco.

Tanti sono i temi trattati sulla filigrana dei documenti conciliari; fra essi c’è quello mariano con spunti oltremodo interessanti.

Per parlarne, un simbolo che aiuta a dire il mistero mariano è una gemma particolare, la pietra di Luna: è una pietra preziosa molto antica che veniva usata dagli antichi per immortalare l’energia lunare. Questa pietra è associata alla Grande Madre e i cristiani possono con essa ricordare una speciale Madre, quella di Gesù e dei cristiani.

La pietra di Luna è gemma che simboleggia intuizione e comprensione profonda e può, perciò, evocare l’intensa interiorità della Vergine Madre, la sua raccolta meditazione sul mistero nel quale Dio, con infinito amore, l’ha coinvolta.

pietra di Luna

Un inizio di fede

Maria di Nazaret è presentata da Ouellet come creatura di ricordo: «Il grande merito di Maria è il suo atto di fede iniziale. Niente del Verbo incarnato, della Parola incarnata di Dio, è andato perduto in Maria. Ha accolto tutto, e ha accompagnato il Verbo incarnato nella totalità del suo percorso umano, fino alla fine» (p. 135). Esattamente così: l’arco di tempo nel quale Maria ha accompagnato Gesù è stato dalla culla di Betlemme alla tomba di Gerusalemme.

è delicato e pregnante Ouellet quando parla di «fede iniziale»: è il grande che la Vergine di Nazaret ha detto al piano salvifico di Dio penetrandolo trasversalmente.

L’eco di quella risposta breve di Maria arriva sotto la croce, dove lei consente con la sua eco silenziosa all’offerta che Gesù fa di sé al Padre. Ouellet indugia a contemplare la dolorosa “Stabat Mater”. Dopo essere stata la madre di Cristo e del suo popolo messianico, Maria «restava ai piedi della croce nel silenzio di una sofferenza indicibile. […] Nel momento in cui il Cristo ha vissuto il suo estremo sacrificio, a consentire al sacrificio del suo figlio e a rinunciare al figlio suo per adottare quest’altro figlio, Giovanni» (p. 135).

Nella sala alta del Cenacolo

Ouellet, con buon fiuto teologico, appunta la sua attenzione sulla presenza di Maria nella sala alta del Cenacolo il giorno di Pentecoste. Maria non era lì per caso e non era entrata in quel luogo benedetto che aveva ospitato l’ultima cena pasquale di Gesù (chi sa se non c’era pure lei…) perché si trovava di passaggio in quei bei paraggi. Maria stava lì per motivi teologici altissimi: era a comporre il quadro completo della Chiesa in procinto di andare in missione.

Scrive il cardinale: «[Maria] è visibile nella Pentecoste: ella sta in mezzo ai discepoli. L’effusione dello Spirito è su di lei e sugli altri. Questa effusione avviene già ai piedi della croce. È là che si può dire che Maria diventi l’esemplare stesso della Chiesa, come la Sposa dell’Agnello» (p. 136).

è oltremodo importante interrogarsi sul senso della presenza di Maria all’evento di Pentecoste. In vero, l’esistenza della Vergine-Madre è segno di tutti i misteri cristiani: del mistero trinitario (per essere figlia eletta del Padre, madre santa del Figlio, sposa amorosa dello Spirito); del mistero dell’incarnazione (per la sua maternità divina); del mistero pasquale (per il suo essere stata “socia del Salvatore” sotto la croce e destinataria privilegiata dell’annuncio pasquale); in un modo assai particolare lei è legata al mistero pentecostale: lei è stata presente nel Cenacolo a completare il quadro di famiglia della Chiesa.

Il principio femminile della Chiesa

Ha ragione von Balthasar a parlare di «principio mariano della Chiesa» insieme al «principio petrino» e a ricordare che, nella comunità cristiana, non c’è solo l’elemento apostolico, gerarchico, maschile con compiti di direzione e di governo, ma c’è anche quello “mariano”, femminile, carismatico: «L’elemento mariano nella Chiesa abbraccia il petrino senza pretenderlo per sé; Maria è “regina degli apostoli”, senza pretendere per sé poteri apostolici. Essa ha altro e di più» (Nuovi punti fermi, Rusconi, Milano 1980, p. 181). È la nota tesi che egli elabora su ispirazione di Adrienne von Speyr (cf. A. von Speyr, Mistica oggettiva. Antologia degli scritti a cura di B. Albrecht, Jaca Book, Milano [2]1985, pp. 180-182).

Il grande teologo svizzero pensa questi due principi in reciproca inclusione, nel senso che il maschile trova il suo arricchimento nel congiungersi al femminile e viceversa (cf. Lo Spirito e l’istituzione, Brescia 1979. La Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II cita espressamente il teologo svizzero al n. 27, nella nota 55).

Ma c’è di più. Nell’omelia alla messa in occasione del concistoro ordinario pubblico per la creazione dei suoi primi cardinali, Benedetto XVI ha parlato del principio mariano come necessario per spiegare l’esistenza della Chiesa e per viverci dentro in piena verità: «Questa provvidenziale coincidenza – ha affermato – ci aiuta a considerare l’evento odierno, in cui risalta in modo particolare il principio petrino della Chiesa, alla luce dell’altro principio, quello mariano, che è ancora più originario e fondamentale. L’importanza del principio mariano nella Chiesa è stata particolarmente evidenziata, dopo il Concilio, dal mio amato predecessore papa Giovanni Paolo II, coerentemente col suo motto Totus tuus. Nella sua impostazione spirituale e nel suo instancabile ministero si è resa manifesta agli occhi di tutti la presenza di Maria quale Madre e Regina della Chiesa» (Omelia per la solennità dell’Annunciazione del Signore [25.3.2006], in L’Osservatore Romano [27.3.2006]).

Una madre presente

Ouellet s’innesta nella trattazione di questo problema con alcune osservazioni perfettamente in tono con la posizione di Ratzinger. Egli tocca un punto che la mariologia post-conciliare ha saputo rimettere a tema con sagacia. Si tratta del tema della presenza di Maria nella vita della Chiesa e del mondo (cf. T. Turi, voce Presenza, in Dizionario San Paolo-Mariologia, a cura di S. De Fiores, V. Ferrari Schiefer, S.M. Perrella, San Paolo, Cinisello Balsamo [MI] 2009, pp. 2002-2012). Scrive il cardinale: «Ho notato che, nei movimenti spirituali, nelle comunità nuove in particolare, c’è una devozione forte alla Vergine Maria e questo mi sembra sano, veramente sano. Perché la prossimità di Maria, il contatto e la familiarità con lei, proteggono dall’ideologia. Là dove è Maria, l’ideologia ha meno presa perché Maria è personale, è materna» (p. 137).

L’ideologia è corrosiva (possiede il veleno di visioni unilaterali), è astraente (allontana dalla vita e dall’esperienza). Lo scrittore abruzzese Ignazio Silone (1900-1978), acuto critico dell’ideologia marxista, ha fatto affermare a un personaggio – Zaccaria – d’un suo importante romanzo: «Mi occuperò delle teorie solo se le incontrerò per la strada e vedrò che mangiano, bevono e fanno figli» (Una manciata di more [1952]), Mondadori, Milano 19704, p. 161).

Un “Sì” lungo quanto la vita

Joseph Ratzinger ha osservato con finezza in proposito, aggiungendo una nota mariana circa l’importanza della dimensione personale nell’evento salvifico: «Dio non si è legato alle pietre, ma si lega a delle persone viventi. Il di Maria gli apre lo spazio in cui può innalzare la propria tenda. Ella stessa diventa per lui la tenda ed è così che ella è l’inizio della santa Chiesa che, a sua volta, rinvia alla nuova Gerusalemme, in cui non c’è più alcun tempio, poiché Dio stesso abita in lei» (Il Dio vicino. L’Eucaristia cuore della vita cristiana, San Paolo, Cinisello B. [MI] 2003, p. 18).

è quanto coglie assai bene il cardinale: ricordata la dimensione personale di Maria di Nazaret, egli afferma il rovescio di quanto ora detto sull’ideologia: se questa, per solito, insidia la dimensione personale, così importante per la religione di Gesù Cristo, Ouellet mostra il suo rovescio: la dimensione personale (quella mariana) allontana e mette in scacco la pericolosa ideologia.

Afferma, perciò, il cardinale: «L’ideologia è sempre, in generale, molto maschile e non molto personale: è una pressione, è una costrizione, si è guidati dalle idee e dunque l’essenza del cristianesimo viene vissuta meno nella sua purezza, che è di ordine personale» (p. 137).

Così Marc Ouellet si pone saggiamente sulla traccia di Romano Guardini che, negli anni ’60 del Novecento, individuava con lucentezza di visione l’essenza del cristianesimo nella persona di Cristo, offrendo una potente ragione fondativa al cristocentrismo con un libro di piccolo formato, ma fra i più importanti del Novecento teologico: L’essenza del cristianesimo (Morcelliana, Brescia 1962).

La perla di Luna simboleggia Maria, quale madre della Chiesa e quale «Chiesa nascente», come scrive Joseph Ratzinger nella sua “mariologia breve” che, con rara finezza, innesta la Vergine nella trama dei misteri (cf. M.G. Masciarelli, Il segno della Donna. Maria nella teologia di Joseph Ratzinger, San Paolo, Cinisello B. [MI] 2009, pp. 33-46). Così facendo, la figura di Maria viene ricollocata nel cuore del cristianesimo, di cui non è il centro (perché il centro è Cristo), ma ne è centrale perché di Cristo lei è la madre e la “compagna del Salvatore” (Lumen gentium, 56).

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