Teologia queer: un volume

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Anne Guillard, dottore in teologia e teoria politica, è ricercatrice presso l’Università di Oxford. Curatrice insieme a Lucie Sharkey del volume Dieu·e. Christianisme, sexualité et féminisme (Éd. de l’Atelier, 2023). Intervista pubblicata sul sito del quotidiano La Croix, 15 maggio 2023. La parola inglese queer significa «strano» o «bizzarro». Si riferisce a persone la cui sessualità, orientamento sessuale o identità di genere si considera al di fuori delle norme sociali.

anne guillard

  • Il vostro collettivo Oh My Goddess! incarna un rinnovamento del femminismo cattolico in Francia. Cosa vi distingue da femministe come Anne Soupa?

Penso che rappresentiamo un’altra generazione di femministe che non sostituisce ma completa le nostre sorelle maggiori e si basa sulla loro lotta. Anche se sosteniamo l’azione di associazioni come il Comité de la jupe, la nostra lotta va oltre la questione del ruolo delle donne nella Chiesa. La nostra lotta fa parte di una questione più generale di giustizia, che include tutti coloro che sono messi ai margini, invisibili o volontariamente silenziati perché mettono in discussione la cosiddetta antropologia cristiana, compresa l’idea della complementarietà uomo-donna.

Questo non solo sconvolge le fondamenta della fede su cui è strutturata la Chiesa, ma si scontra anche con il simbolismo di un Dio maschile, di Cristo marito e della Chiesa moglie obbediente. Questa struttura si basa sull’idea della subordinazione del femminile al maschile. Il pensiero queer e femminista è critico a tal punto verso questa impostazione da risultare pericoloso per le attuali strutture della Chiesa.

  • Per voi, la Chiesa è quindi intrinsecamente patriarcale…

Assolutamente. La Chiesa è stata fondata in una società patriarcale, ha contribuito a strutturarla e ancora oggi ne è un fervente difensore. Essa è così restia alle riforme che eventuali cambiamenti non potranno che venire dalle periferie e dalla legislazione civile. Non abbiamo la pretesa di salvare la Chiesa; a noi interessa invece incoraggiare le iniziative di coloro che non possono più vivere la loro fede nella Chiesa così come è oggi, e che tuttavia si riconoscono come testimoni del Vangelo.

  • Lei ha intitolato il suo libro Dieu·e, perché?

Il fatto che io abbia scelto una scrittura inclusiva è una provocazione creativa. La cosa irrita molti, ma se sono in buona fede, li invita anche a riflettere. Non intendiamo femminilizzare Dio in una concezione binaria del genere: ci sono ovviamente testi che mostrano un’immagine femminile di Dio, ma anche altri che mostrano il volto di un Dio giudicante, vendicativo e geloso. Ci prendiamo la libertà spirituale e intellettuale di andare oltre questa necessità di categorizzare assolutamente il femminile e il maschile. Perché non accettare che l’identità di genere possa assumere un numero infinito di forme, soprattutto nel qualificare Dio che trascende sempre tutte le categorie?copertina

  • Alcuni testi della tradizione cristiana vengono riletti alla luce della teologia queer, di cosa si tratta?

La teologia queer prende molto sul serio la «rivoluzione» che nasce dal cristianesimo. Cristo rovescia il dualismo vita/morte, morendo e risorgendo. Trasgredisce la regola. La trasgressione delle differenze sociali e di genere si trova negli scritti paolini, secondo i quali «non c’è più schiavo o libero, maschio o femmina» (Gal 3,28). Anche in Gregorio di Nissa si trova una riflessione secondo la quale la trasformazione escatologica significa la fine della distinzione di genere. Secondo lui il genere è una «concessione» fatta ai fini della riproduzione e della perpetuazione della specie umana. Ma il nostro corpo risorto è già oggi come primizia nella creazione.

Ciò che lega tali riflessioni è un cambiamento nel concetto di natura: la differenza di genere non si può più considerare una regola osservata in natura da cui dedurre leggi di organizzazione sociale. Si tratta di prendere in considerazione il fatto che la realtà è molto più complessa delle categorie di genere che la mente vuole imporle.

  • Quindi lei mette in discussione la differenza sessuale…

Sì, credo che si possa dire così. Questo non significa che non ci siano più differenze tra le persone. La sessualità e il genere sono costruiti; non sono un corredo dato alla nascita che si sviluppa secondo un piano predefinito. Sono le nostre relazioni, le nostre storie, la nostra immaginazione a costruirli. Anche il corpo ne è plasmato. La teologia queer tiene quindi conto di tutte queste dimensioni per parlare dell’infinita singolarità dei corpi, senza riproporre categorie o gerarchie tra di loro. È una teologia dell’incarnazione.

  • Cosa vi distingue dai movimenti femministi e queer che rivendicano una forma di spiritualità, al di fuori delle religioni istituzionali?

Alcune intuizioni di questi movimenti sono affascinanti, soprattutto nelle correnti di eco-spiritualità – a volte con una tendenza new age! – che esplorano i modi per ristabilire relazioni con i nostri ambienti di vita libere dagli effetti del dominio. Le loro ricerche sono spesso molto ricche. Ciò che ci distingue è il nostro esplicito riferimento al Vangelo e a Cristo come fonte, che ci porta con amore a lavorare dovunque possiamo per la giustizia.

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4 Commenti

  1. Adelmo Li Cauzi 17 maggio 2023
  2. Mauro Pastore 16 maggio 2023
  3. Gian Piero 16 maggio 2023
  4. Tobia 16 maggio 2023

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