Dialoghetto

di:

Assemblea generale CEI

«La Chiesa italiana ha fatto notizia, nei giorni scorsi».

«A cosa ti riferisci?».

«Beh, la CEI ha un nuovo capo. Ti sembra poco?».

«Ah, dici quello. Non è poco ma neanche tanto. Secondo me la notizia più forte è il prete picchiato e spogliato da un gruppo di ragazzi a Reggio Calabria».

«Sempre con ’sta fissa di guardare le cose dalla periferia».

«In effetti. Ma non preoccuparti, lo facevo anche prima di Bergoglio, se è questo a cui alludi».

«Ok, ma perché il pestaggio di Reggio Calabria è più importante della nomina di Bassetti?».

«Non so se più importante. Diciamo più sorprendente».

«Mah… si vede che non li conosci, i ragazzi, né l’Italia interna come la chiama Franco Arminio. Parli di periferia ma vivi a Roma!».

«Hai ragione. Non sappiamo più niente dei nostri ragazzi: quali dèmoni li abitano, quale fame li svuota. Non hanno alcuna educazione sentimentale».

«Lamentazione da manuale, ma falsa. L’educazione sentimentale c’è, eccome, ma non si fa più a scuola o in oratorio o in piazza. Corre in rete e pure in TV, nella vecchia TV, con nostra signora della gioventù, Maria De Filippi».

«Dovrebbero invitarla al Sinodo dei giovani, l’anno prossimo».

«Ospitare l’avversario e dargli parola: geniale! Non lo faranno mai».

«E intanto ne assorbono il linguaggio… Invece sai cosa mi ha rincuorato dell’esordio di Bassetti? La sua risposta, durante la conferenza stampa, proprio sui giovani. Mi pare consapevole della posta in gioco. Tra l’altro è stata una delle poche domande appetibili, per il resto era rifrittura di vecchi tic: principi non negoziabili trattative coi partiti family day bla bla bla».

«E cosa pretendi? Credevi che bastassero quattro anni di Bergoglio per cambiare la testa a gente come voi?».

«Noi chi?».

«Ma voi giornalisti, amico mio. O hai dimenticato di farne parte, proprio tu che lavori per la CEI?».

«Alla, non per la. Tv2000, precisamente. Comunque la colata di saliva su Bassetti monta da tutte le parti. Il prete-eroe dell’alluvione di Firenze è un titolo di Repubblica».

«Servili e ottusi».

«Scarsa lucidità anche dall’altra parte, però, foraggiando gli embedded e scoraggiando gli outsider».

«A tal punto che quando Francesco ha aperto i lavori della CEI chiedendo un confronto schietto, fatto di pareri discordanti, i cronisti l’hanno divulgato come un gesto di degnazione del Sovrano pontefice, non come l’ovvia attitudine del Servo dei servi».

«L’atavico riflesso fantozziano: com’è umano lei!».

«Lo stesso per Bassetti, scambiato per il megadirettore generale di una corporation come altre. E come altre dai piedi d’argilla, non trovi?».

«Bah, se ti riferisci a stato e Chiesa, mi ostino a considerarle istituzioni e non corporation, ma so di essere in minoranza anche nel recinto ecclesiale. Pensa te che un’università pontificia ha aperto una Scuola di management pastorale! Quando l’ho sentito m’è venuto il voltastomaco, è che a me questa neolingua mi fa venire i brividi… Istituzioni e non corporation, dunque, ma certo in crisi. Screditate. Eppure sono al cuore della nostra storia, come ci ha spiegato tante volte il caro Paolo Prodi, non vanno svendute».

«Grazie della predica. Oh, a proposito: il vescovo di Roma, in trasferta a Genova, come al solito quando parla a preti e suore è andato al sodo: minimo di strutture per il massimo di vita, e mai il massimo di strutture per il minimo di vita. Potrebbe essere il nuovo spot dell’Otto per mille…».

«Spiritoso. Ma non preoccuparti, la cura dimagrante è già iniziata».

«In effetti siete scesi sotto il miliardo di entrate. Di questo passo tra pochi anni finirete sul lastrico…».

«Ridi, ridi, ma la baracca è imponente e ha i suoi costi. Sai quanta gente è a libro paga della CEI, direttamente o indirettamente?».

«Lo vedi? Massimo di strutture…».

«Touché. Ma vediamo quali mosse farà Bassetti. Ne basteranno poche, le prime, per capire se ha capito la posta in gioco. Intanto due parole sostanziose le ha pronunciate».

«Quali? “Non ho programmi, sono un improvvisatore”?».

«No, anche se la battuta mi è garbata assai – meno la precisazione che ci siamo dovuti sciroppare all’inizio della conferenza stampa, come se al suo esordio avesse fatto un passo falso invece che promettente. No, mi riferisco alla citazione di La Pira: “L’uomo ha bisogno di pane e grazia”».

«Fantastica! Mi ricorda Pane e rose di Ken Loach».

«Già. E tra i suoi numi tutelari ha citato Dossetti».

«No! Ma questa è davvero una notizia. Non dirmi che è finita la damnatio memoriae».

«Così pare».

«Certo, si tratta di vedere se sarà un semplice risarcimento fuori tempo massimo – tipico della Chiesa che i suoi migliori prima li martirizza e dopo, molto dopo, li beatifica – o se indica un taglio sul presente, una traccia per l’oggi».

«Un buon punto di riferimento potrebbe essere il vescovo di Roma – sempre lui! – che il 20 giugno andrà sulla tomba di don Mazzolari e di don Milani».

«In effetti. Ma a giudicare dall’operazione in corso di imbalsamazione delle loro sacre spoglie resto piuttosto scettico. Hai visto come hanno ridotto il priore di Barbiana? Un santino innocuo, un’immaginetta».

«Vuoi mettere quanto si può lucrare su uno come Milani? È perfetto per guadagnare i punti della patente bergogliana».

«Non sapevo che ci fosse un documento del genere. Chi lo rilascia?».

«Amico, segui la saliva – oltre che i soldi – e non sbaglierai. La vedi quanta bava in giro per le strade? Sono piene di lumache filamentose».

«Beh, adesso non metterla giù così dura. Non sarai un pizzico paranoico? O forse un rosicone, come dicono a Roma?».

«Spero di no, ma tu continua a tenermi d’occhio. Comunque non è tanto un problema di singoli leccapiedi, ma di sistema: c’è un conformismo imbarazzante, poca informazione e tanta conformazione».

«Come darti torto. Ma allora ti faccio la domanda delle cento pistole: come se ne esce?».

«Dialogando, ovvio. Anzitutto con se stessi e poi con gli altri».

«Intendi come abbiamo fatto qui?».

«Tu che dici?».

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