I vescovi riprendono parola?

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Il vescovo di Gent (Belgio), Luc Van Looy, ha già presentato su Settimananews la lettera pastorale dei vescovi del suo paese su “La comunione dei popoli” (Populorum communio, marzo 2017). Ne sviluppo la parte relativa alle sfide della società contemporanea, riprendendo anche una precedente lettera del 2015 sui rifugiati e migranti. Sono interventi attinenti alla dottrina sociale che, con altri documenti come quello dei vescovi francesi sulla politica, indicano il profilarsi di una nuova stagione per il magistero dei vescovi. Dopo un paio di decenni di sostanziale silenzio in ragione della centralizzazione romana e della contrazione del ruolo e del compito delle conferenze episcopali, sono fra i primi segnali di un rinnovato protagonismo, auspicato nell’Evangelii gaudium.

Quattro settori

Il riferimento ispirante della lettera pastorale più recente è la Populorum progressio di Paolo VI del 1967. Siamo seduti su un vulcano che minaccia di esplodere, sottolineano i pastori e indicano quattro settori strategici dell’attività umana che vanno configurandosi come comparti del tutto autoreferenziali, incapaci di intercettare le domande dei popoli e sempre più funzionanti come nuove religioni. Essi sono: la tecnica e le scienze, l’economia, la politica e l’etica narcisistica.

Il «settore della tecnologia funziona seguendo una logica interna che non è controllata da nessuno», come la robotizzazione selvaggia o uno sviluppo scientifico che non ha alcuna cura delle conseguenze sociali. «La crisi innestata dallo sviluppo tecnocratico esige un nuovo sguardo, una nuova comprensione delle cose». Dopo la caduta del muro di Berlino il mercato non ha più concorrenti. Secondo una logica interna e indipendente, ha mondializzato il suo spazio, creando progressi ma anche ineguaglianze. «Occorre ripensare la crescita, perché si rischia di far prevalere il potere finanziario sull’economia reale». È un compito a cui l’Europa non può sottrarsi.

Anche la democrazia politica sembra non avere concorrenti, ma si sta progressivamente svuotando dal suo interno. «Il potere serve troppo spesso a conservare la ricchezza o ad arricchirsi attraverso la corruzione». È ancora l’Europa a poter mostrare la resistenza ai nuovi nazionalismi e populismi, per andare oltre l’equilibrio del terrore di nuovo teorizzato.

L’etica pubblica, svuotata da ogni riferimento trascendente, non sa resistere al narcisismo individualistico. «Tale auto-intenzionalità può arrivare all’indifferenza per gli altri e all’assenza di solidarietà e di giustizia».

Quattro interrogativi

Nell’ottobre del 2015 i vescovi belgi pubblicano un dichiarazione: “Vivere insieme con i rifugiati e i migranti, nostri fratelli e sorelle”. È un tema di bruciante attualità che registra in Belgio e in Europa l’arrivo di centinaia di migliaia di persone. «Ne siamo testimoni. Non possiamo chiudere gli occhi». Tanto è diventato facile lo scambio delle merci, dei capitali e della scienza, tanto diventa difficile quello delle persone. Assistiamo «a un dibattito politico complesso» che va crescendo a livello nazionale, europeo e internazionale, scatenando generosità preziose e opposizioni intransigenti.

Quattro gli interrogativi maggiori. Il primo riguarda lo spirito con cui accogliere. Non si deve cancellare la dignità di nessuno: rispettando l’intero vissuto personale, la durata nel tempo dell’accoglienza e la progressiva autonomia degli interessati. Come migliorare l’accoglienza?

Al secondo interrogativo i vescovi suggeriscono di andare oltre le insufficienze dei centri di accoglienza chiusi e dei «centri di ritorno». «La politica del nostro paese è in grado di resistere alle paure della popolazione, alla pressione degli elettori davanti alla priorità del rispetto di ciò che è umano?».

Come aiutare i paesi di origine dei migranti? È urgente puntare sull’agricoltura, difendendola dai condizionamenti dei grandi mercati, sulla scuola e sull’aiuto allo sviluppo.

Il quarto punto riguarda l’affermazione della dignità di ogni persona. Al di là delle provenienze e delle ragioni che motivano la scelta dei migranti, vi è l’imperativo etico di affermare la dignità di ciascuno. Anche per quanto riguarda i suoi valori morali e la sua fede.

I vescovi sono consapevoli di non avere una risposta adeguata alla sfida delle migrazioni e chiamano al dialogo e al confronto, sia dentro che fuori la Chiesa. Nella convinzione che l’arrivo dei rifugiati può costituire un’opportunità per i popoli del vecchio continente.

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