Braz de Aviz: molte tradizioni non servono più

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Scherzoso e allegro. Questa è l’immagine che ha lasciato tra i religiosi/e del Paraguay, il card. Braz de Aviz, brasiliano, prefetto della Congregazione vaticana per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Inviato da papa Francesco, ha condiviso per due giorni un incontro per i 60 anni della Conferenza locale dei religiosi (Conferpar). Alieno dalle pompe e dai brillanti crocifissi, con il caratteristico vestito nero – marcatamente semplice – e una croce pettorale di legno appesa a un cordoncino di filo, ha concesso la seguente breve intervista al giornale Última Hora (14 luglio 2019) in cui parla delle sfide che interpellano i religiosi/e nel contesto attuale.

– Signor cardinale, quali sono queste sfide?

Stiamo lavorando moltissimo per modificare la formazione. Dobbiamo pensare la formazione a partire dal seno materno fino all’ultimo respiro. Esiste un processo vitale in cui si acquisiscono oppure no valori e sofferenze. Tutto ha importanza nella formazione, uno non può dire questo è formazione e questo no. È un percorso da compiere e ciò esige molta attenzione, responsabilità, capacità di perdono e di ascolto. Dobbiamo cambiare molte cose.

Poi, abbiamo il problema all’interno della vita cristiana consacrata, di recuperare l’umano: gli affetti, la sessualità; dobbiamo recuperare la relazione autorità-sudditi che bisogna mettere sotto un’altra luce. La relazione uomo-donna, non più sulla difensiva, ma più integrata, profonda e completa da entrambe le parti.

– C’è una crisi vocazionale. A cosa pensa sia dovuta?

Penso che sia tutto un problema di autenticità di vita. È un problema anche il fatto che la società in molti luoghi nega Dio, non lo nega in forma teorica, ma pratica. Poi bisogna vedere oggi che cosa è fondamentale e che cosa no. Molte cose della tradizione, diverse delle quali appartengono alla cultura del passato, oggi non servono più.

– Quali, per esempio?

Per esempio abbiamo forme di vita che sono legate ai nostri fondatori che non sono essenziali: un modo di pregare, di vestire, di dare più importanza a certe cose che non sono tanto importanti, lasciando un po’ da parte altre che invece lo sono. Questa visione più globalizzata di tutto… non l’avevamo, ora invece l’abbiamo. Non è vero che la mia cultura sia più importante di quella dell’altro, perché le culture sono tutte uguali, ma devono intercettare i valori del Vangelo.

– Come se la spiritualità si fosse deteriorata….

Sì, proprio così. Possono cadere tutte le cose secondarie, ma non può cadere il carisma speciale dei fondatori.

– C’è anche il celibato tra queste cose da lasciar cadere?

Per la vita consacrata, il celibato è fondamentale perché è uno dei pilastri: povertà, castità e obbedienza. Ma non sono dei comandamenti, sono proposte, sono consigli evangelici. Bisogna scoprire il valore del fatto se si è chiamati ad esso oppure no. A volte uno si inganna e pensa di essere chiamato e non lo è. Altri non l’accettano perché non lo vedono come un valore. Occorre distinguere, discernere e poi intraprendere il cammino.

 – Perché assistiamo a un’epoca in cui, a quanto pare, la vita apostolica è più minacciata?

Oggi dobbiamo pensare al sacerdozio non come alla cosa più importante; il sacerdozio costituisce uno dei valori, una delle vocazioni. Nella vita consacrata, il sacerdote non deve occupare il primo posto, ma lo stesso posto degli altri fratelli e sorelle…

Questa, per esempio, è una cosa da cambiare. Il papa dice che dobbiamo distinguere tra il potere e la potestà. La potestà divina va bene, il potere no. Perché il potere, secondo il modo di pensare del mondo, è una forma di dominio, e questo non serve. Noi dobbiamo passare attraverso un’altra porta: servire il mistero e poter trovare questa fraternità.

– Qual è l’approccio che la Chiesa ha ora con il papa sui casi di abusi sessuali?

Il papa vuole trasparenza, vuole responsabilità . Dice che anche se ci fosse un solo caso di abuso nella Chiesa, questo deve essere esaminato perché la figura del sacerdote è una figura che indica sia un valore divino, sia un valore umano profondo. Se non possiedi questa convinzione, allora abusi. I media fanno un gran bene quando danno grande rilievo a questi fatti, informando però che il 95% di questi casi succede nelle famiglie, non nella Chiesa. Anche questa verità va ribadita.

– Quanto hanno influito nella Chiesa gli scandali sessuali sulla diminuzione delle vocazioni?

 Lo scandalo influisce sempre, ma ciò è vero solo in parte. La maggioranza dei casi di abuso è avvenuta 50 anni fa. Oggi la coscienza è cresciuta molto. Certamente questi scandali hanno un notevole influsso sulla diminuzione delle vocazioni. La Chiesa non deve sottovalutare la cultura attuale. La vita di consacrazione è una vita di autenticità e riteniamo che Dio farà la sua parte.

– Cosa fare per rimuovere questa macchia?

Analizzando caso per caso e poi cambiando il nostro modo di essere. È un problema circoscritto, ma è un problema molto grave. Inoltre bisogna cambiare alcune cose. Non siamo preoccupati perché questi scandali vengono alla luce, è bene che ciò avvenga. Abbiamo bisogno di una Chiesa più umile, dove vivere insieme e dove cercare insieme di proteggere la vita. Poi Dio ha i suoi disegni.

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