Germania: religiosi/e e sinodo mondiale

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La Conferenza dei Superiori e delle Superiore Maggiori Religiosi Tedeschi (DOK) ha accolto l’invito di papa Francesco e ha partecipato all’indagine da lui avviata per il prossimo sinodo mondiale dei vescovi. I religiosi tedeschi (circa 16.500 tra maschi e femmine) considerano il processo sinodale vaticano in stretto collegamento con il “Cammino sinodale” che si sta attualmente svolgendo in Germania. Nel mese di giugno il risultato di questa ricerca è stato inviato alla Congregazione vaticana per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Il consiglio della Conferenza dei Religiosi tedeschi aveva sollecitato i religiosi/e del Paese a partecipare all’indagine. Infatti, un gran numero di religiose e religiosi ha preso parte a questa indagine, sia mediante incontri online, sia con lavori di gruppo. Sulla base delle risposte raccolte è stato quindi redatto il testo che qui pubblichiamo, in una nostra traduzione curata da p. A. Dall’Osto.

In Germania il “Cammino sinodale” è iniziato prima che papa Francesco annunciasse il sinodo dei vescovi “Per una Chiesa sinodale” (2021-2023). Nel cammino sinodale tedesco sono impegnati diversi istituti e Ordini religiosi.

Il Cammino sinodale in Germania è nato dall’idea che gli abusi sessuali nella Chiesa hanno anche cause sistemiche. Lavorare su di esse vuol dire concretamente occuparsi dei seguenti campi:

  • l’esercizio del potere e della leadership nella Chiesa (“partecipazione”)
  • la vita sacerdotale oggi, anche di fronte alla sfida del clericalismo
  • il ruolo delle donne nella Chiesa
  • i problemi relativi alla morale sessuale e alla vita di relazione.

Qui, noi religiosi/e, come in altre aree tematiche, cooperiamo a plasmare la Chiesa in base ai nostri rispettivi carismi. Con i nostri molteplici carismi viviamo concretamente l’esperienza dell’unità nella diversità e vogliamo così, assieme a tutti gli altri battezzati, essere Chiesa (“comunione”) nel 21° secolo.

Per la grande maggioranza dei religiosi/e religiose tedeschi è fuor di dubbio che la Chiesa ha un enorme bisogno di rinnovamento.

Non sempre c’è accordo sui percorsi concreti da seguire. Ma il Cammino sinodale ci mostra che, a partire da contesti e opinioni diverse, con la fiducia nel medesimo Spirito Santo dato a tutti nel battesimo, è possibile dialogare e a giungere a nuove prospettive e ad un’ulteriore prassi.

Noi religiosi sappiamo, in base alla nostra esperienza e alla nostra storia, che il cambiamento ha sempre fatto parte e fa parte della Chiesa e che esso spesso ha preso avvio e prende avvio dagli Ordini religiosi.

Negli ultimi decenni, vari nostri apostolati sono molto cambiati in seguito a fattori interni ed esterni. L’idea del “è sempre stato così” è un’illusione, per non dire un’ideologia.

In questo sappiamo di essere d’accordo con la testimonianza dei vangeli e ci sentiamo incoraggiati dalle parole di papa Francesco. Il 9 ottobre 2021, in apertura del Sinodo, egli ha affermato: «Ci può essere la tentazione dell’immobilismo. Dire che si è sempre fatto così (esortazione apostolica Evangelii gaudium, 33) – questa affermazione nella vita della Chiesa è un veleno – significa che è meglio non cambiare niente. Chi si muove entro questo orizzonte, anche senza accorgersene, cade nell’errore di non prendere sul serio il tempo in cui viviamo. C’è il rischio che, alla fine, le vecchie soluzioni vengano applicate ai nuovi problemi: un rattoppo cucito su un pezzo nuovo di stoffa, da cui alla fine deriva uno strappo peggiore (cf. Mt 9,16)».

Siamo molto preoccupati che, nel nostro Paese, un numero sempre maggiore di persone deluse abbandonino la Chiesa. Si tratta spesso di cattolici e di cattoliche impegnati, che in parte conosciamo personalmente e la cui uscita dalla Chiesa provoca grande sofferenza perché perdiamo un pezzo della nostra casa. Molti di loro sono convinti di “dover” lasciare la Chiesa per salvare la propria fede. È un segno di allarme che non può essere ignorato.

Alcune di queste persone trovano proprio nelle nostre comunità, tra noi religiosi, nelle nostre foresterie, nelle nostre messe una “casa” che la Chiesa non offre più a loro, per esempio perché esclude le persone che non sono d’accordo con la morale sessuale vigente nella Chiesa o con la sua dottrina dogmatica. Sono necessari urgenti cambiamenti del Catechismo quando si tratta di divorziati risposati, di persone di orientamento non eterosessuale e non binarie (cioè non strettamente e completamente maschili o femminili, ndtr) e transessuali (LGBTQ).

Recentemente è anche molto sentita la questione della possibilità di entrare nella vita religiosa per persone non binarie. La discussione sui problemi della sessualità deve continuare ed essere sempre più un tema della formazione religiosa permanente.

Anche tra noi, impegnati a redigere insieme questo contributo, si avverte una certa preoccupazione, ossia una certa diffidenza che i contributi al sinodo saranno davvero apprezzati e presi sul serio o se dovranno, lungo il percorso, passare attraverso troppi filtri, per cui alla fine rimarrà ben poco di ciò che per noi e per altri è importante. Più trasparente sarà il processo di valutazione, più si dimostrerà che la nostra preoccupazione è infondata.

I nostri contributi

Saremo brevi e pratici. Siamo convinti che ci sono molti buoni testi lungimiranti che non dobbiamo ripetere qui. Ciò che conta è la pratica.

I compagni e le compagne del cammino

Noi religiosi siamo in contatto, negli ambiti sopra menzionati, con una quantità di persone, giovani e meno giovani, di diverse nazionalità, tra cui un gran numero di migranti e di profughi. L’impegno per la pace, la giustizia e l’integrità della creazione è – ed era anche prima della guerra in Ucraina – una preoccupazione importante. Collaboriamo in questo con altre organizzazioni. L’impegno avviene spesso nello spirito di un apostolato, sovente su base volontaria.

Anche i nostri religiosi anziani hanno numerosi contatti: con la famiglia, con persone che un tempo erano loro affidate (per esempio, ex studenti e studentesse), con colleghi e colleghe di allora. Questi contatti sono spesso molto apprezzati e se ne sente la mancanza quando, a causa dell’età, della malattia o della morte vengono meno.

Compagni e compagne importanti del cammino sono, per molti, i nostri associati, oblati e oblate, i membri del Terz’Ordine… e, più ancora, i collaboratori e le collaboratrici che lavorano, per noi e con noi, all’interno dei nostri monasteri/conventi, fino alla corresponsabilità gestionale, per un reciproco arricchimento.

Ascoltare e imparare gli uni dagli altri

Continuamente ci viene detto che abbiamo una buona capacità di ascolto. Non siamo sempre sicuri che ciò sia vero, perché sperimentiamo nella vita di tutti i giorni anche i nostri limiti, sia in convento sia nella comunità più ampia. Ma è proprio la capacità di ascolto che spesso manca nella Chiesa.

I responsabili della Chiesa sono in genere percepiti come maestri. In questo tutti possiamo imparare gli uni dagli altri. Ogni membro della Chiesa dovrebbe essere, allo stesso tempo, uno che impara e che insegna. Per noi, ciò vale anche in rapporto all’internazionalità nelle nostre comunità religiose.

Il dialogo tra Oriente e Occidente a volte non è sempre semplice, come anche tra Nord e Sud, tra Padri e Fratelli, tra le suore più o meno istruite, tra le generazioni, tra le comunità grandi e quelle piccole… Il nostro auspicio è di continuare a imparare sempre più e, non da ultimo, dai poveri.

Prendere la parola

Noi religiosi siamo collegati in molti modi in rete, non solo nella DOK (Conferenza dei superiori maggiori), ma anche nelle rispettive famiglie religiose.

Molte di queste organizzazioni prendono spesso coraggiosamente la parola su un’ampia varietà di argomenti (il suicidio assistito, la cura degli emarginati, la custodia del creato…).

Nel Cammino sinodale, gli interventi dei religiosi che vi partecipano godono di grande considerazione tra i sinodali e nell’opinione pubblica, perché lì si parla con grande libertà e non solo per sé stessi, perché viene data la parola ad altri, per amore e prossimità a Dio e alla gente. I religiosi lo fanno con maggiore indipendenza dalla Chiesa diocesana rispetto, ad esempio, ai collaboratori e alle collaboratrici L’umiltà del loro limitato potere e l’empatia verso il prossimo vengono vissuti nella parola e nell’azione.

Celebrare

Noi viviamo la nostra vita religiosa nell’ascolto della Parola e nella celebrazione dei sacramenti. Costatiamo anche che ciò che viene ascoltato suscita risonanze e conseguenze, e questa varietà ci arricchisce.

Questa apertura, che prende sul serio la dottrina dell’analogia del Concilio Lateranense IV del 1215, la aspettiamo soprattutto là dove, nella Chiesa, si ha l’impressione che solo un certo gruppo di persone – vale a dire i chierici – sappiano molto bene ciò che Dio pensa e vuole. Questo gruppo non rappresenta tutto il popolo di Dio. Soprattutto le donne sono sistematicamente escluse.

Molti religiosi auspicano una chiara apertura al riguardo; molti di noi – anche un gran numero di uomini – fino alla ordinazione delle donne. Suore impegnate lavorano intensamente con associazioni femminili e fanno sentire la loro voce nella Chiesa a nome di tutte le donne.

Soprattutto durante la crisi della pandemia, molte comunità femminili hanno sofferto per non poter più avere la celebrazione dell’eucaristia. Ma, anche indipendentemente dalla pandemia, la celebrazione quotidiana dell’eucaristia è impossibile in misura sempre maggiore per la mancanza di preti. Molte suore ne soffrono molto.

Le esperienze delle celebrazioni della Parola durante la pandemia sono state tuttavia in diverse comunità così sorprendentemente positive da far sorgere sempre più il desiderio di celebrare più spesso queste forme di liturgia.

Nell’esperienza delle monache agisce il sacerdozio comune di tutti i fedeli, in base al battesimo di tutti i cristiani.

Il dialogo reciproco su questi temi, tra religiosi di diverse comunità e tra religiosi e Chiesa gerarchica, è un campo in cui la sinodalità in alcuni casi ha successo, mentre in altri non è ancora acquisita.

Corresponsabilità nella missione

Come religiosi – e soprattutto come religiose – sentiamo molto spesso la mancanza di dialogo su un piede di parità. Abbiamo bisogno di un’ulteriore intensa discussione con Cor Orans allo scopo di verificare le Norme che si applicano esclusivamente agli ordini religiosi femminili (durata del noviziato, scioglimento di conventi ritenuti impossibilitati a vivere…). Talvolta sentiamo il bisogno di una comunicazione e di una relazione ancora più ampia tra la conferenza episcopale e la conferenza dei superiori religiosi. Alcuni ordini religiosi sono messi ai margini nelle loro diocesi (ad es., nessuna menzione e nessun coinvolgimento dei carismi specifici nei piani pastorali). Le religiose spesso non sono inserite a livello parrocchiale. Queste esperienze sono solo la punta dell’iceberg.

Noi diamo per scontato che anche le religiose contemplative possano parlare direttamente, senza doverlo fare attraverso un assistente ecclesiastico imposto.

Infine, le religiose vogliono essere prese sul serio come membri animati dallo Spirito di questa Chiesa dove vivono la loro vita per il Signore e per il prossimo. Nonostante lo stesso impegno e la stessa qualificazione professionale degli uomini, sono ingiustamente ritenute di secondo ordine (per es. prive del diritto di voto nei sinodi, mentre è garantito ai fratelli religiosi).

Quello che desideriamo maggiormente dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, nostro punto di riferimento in Vaticano, è il riconoscimento della nostra reale situazione di vita (invecchiamento…), la fiducia nei religiosi operanti in loco e un sostegno che consenta soluzioni pragmatiche (laici come econome/e, laici come segretari/segretarie generali della DOK, il riconoscimento di forme nate per necessità ma spesso avvertite come vere forme di leadership…). Papa Francesco incoraggia a provare sempre nuove strade. Noi lo facciamo in un’obbedienza che riconosce le realtà e in una fedeltà creativa.

Promozione del dialogo nella Chiesa e nella società

A volte il dialogo nella società secolare sembra più facile che non nella Chiesa. Questioni importanti su cui vogliamo dire il nostro parere nella società e collaborare con gli altri sono i problemi etici, sociali, interreligiosi e le questioni ecologiche. Soprattutto quelle sorelle e quei fratelli che vivono in un ambiente diffusamente non cristiano (non solo nella Germania orientale, ma soprattutto lì) possono offrire preziose esperienze.

Molto urgente sembra anche il contatto con persone che (in maniera regolata dallo Stato) hanno lasciato la Chiesa. Qui c’è ancora molto da imparare per attuare insieme gli impulsi del concilio Vaticano II.

Con altre confessioni cristiane

Proprio in occasione dell’anno commemorativo di Lutero abbiamo di nuovo fatto l’esperienza di uno stretto legame con le comunità evangeliche e i loro membri.

Attraverso la vita i, comunità, sulla base dei valori cristiani, scopriamo molto più ciò che unisce rispetto a quello che divide tra le confessioni. Molti di noi riterrebbero coerente riunirsi intorno alla mensa del Signore e celebrare insieme l’eucaristia. Soffriamo per il fatto che ciò non sia possibile e che non sia permesso dalla nostra Chiesa. Questo fa soffrire molti di noi.

Coloro che non riescono ancora a immaginare una comunione di mensa di questa portata desiderano tuttavia una maggiore libertà di coscienza nelle decisioni personali riguardanti la partecipazione alla mensa dell’altra confessione. Negli incontri tra religiosi, molti sentono la sofferenza della separazione e si astengono dal ricevere la comunione. Ad ogni modo, il desiderio dell’unità della Chiesa rimane anche nel problema dell’eucaristia anche se rimane la sofferenza.

Autorità e partecipazione

Citiamo qui ciò che scrivono i vescovi in Essere Chiesa insieme, dove si diceva già nel 2015: «Utile per la nostra ricerca di una nuova collaborazione tra sacerdoti e laici è guardare alla teologia e alla spiritualità della leadership come è stata sviluppata dagli ordini religiosi nella Chiesa. Le Regole e gli statuti aiutano a plasmare la vita di tutti i giorni in comunità con le diverse personalità e i loro compiti concreti.

Regolano come affrontare il pluralismo in una comunità religiosa e descrivono il ministero della leadership nel contesto della missione comune al servizio di Dio e degli uomini. In questo modo gli Ordini hanno trattato un problema oggi maggiormente avvertito che si pone in seguito alla molteplicità dei carismi e delle vocazioni della Chiesa.

Dagli Ordini si può imparare come discernere e trovare insieme la volontà di Dio; come coinvolgere il più possibile tutti nelle decisioni che riguardano tutti; come è possibile regolare canonicamente gli uffici di guida mediante votazioni; come è sollevante assumere un incarico di guida solo per un tempo determinato, per tornare poi insieme come fratelli o sorelle con i propri carismi nella comunità» (Essere Chiesa insieme, I vescovi tedeschi sul rinnovamento della pastorale).

Consideriamo queste parole come profetiche e crediamo che sia giunto il momento di attuarle a tutti i livelli. Nel Cammino sinodale della Germania scopriamo degli approcci pieni di speranza. Nelle parole chiave come separazione dei poteri, trasparenza, obbligo di rendiconto, che sono degli standard sociali, la Chiesa non deve essere meno convincente della società.

La Chiesa diocesana può imparare anche da molte nostre comunità come procedere in modo creativo nei cambiamenti e nelle trasformazioni. Ma anche noi religiosi, sotto molti aspetti, abbiamo ancora molto da imparare. La sinodalità è anche per noi un costante campo di apprendimento che i responsabili della gestione possono promuovere o ostacolare.

Distinguere e decidere

Negli Ordini, in genere, viviamo un alto grado di partecipazione di tutti i membri, anche nei processi elettivi, ad esempio nella scelta dei delegati ad un capitolo. Fondamento della cultura di un Ordine è il comune discernimento degli spiriti, il raggiungimento di un consenso che includa consapevolmente la leadership.

La paura della co-decisione di tutti i membri di un gruppo (elementi democratici) lascia perplessi molti di noi. Anche se nella Chiesa gerarchica sono prassi comuni le elezioni (del papa, dei vescovi…), le votazioni (nei Concili, Sinodi…). Vogliamo perciò promuovere un dialogo per sapere da dove viene la paura della co-decisione e come possiamo affrontarla. Un ritorno alle strutture sociali autoritarie non lo vuole nessuno.

Formarsi alla sinodalità

Ci auguriamo che il sinodo sulla sinodalità non rimanga solo un bell’evento. Ci aspettiamo che tutti i contributi al Sinodo mondiale, che saranno preparati con molto impegno e investimento di tempo, siano redatti, analizzati, valutati, e discussi in spirito di discernimento e si traducano, infine, in una loro concreta attuazione.

Bonn, 13 giugno 2022
Fr. Andreas Murk, OFMConv
Sr. Hildegrd Schreier MC, presidente del segretariato DOK

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