Non toccare il fondatore

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Sono comparse alcune ombre su p. Finet, co-fondatore dei “Foyers de charité”, e su p. Kentenich (pallottino), fondatore dell’Opera di Schönstatt.

È successo con p. George Finet, co-fondatore dei Foyers de charité (cf. SettimanaNews, qui) e, ora, con p. Josef Kentenich, fondatore dell’Opera di Schönstatt (cf. SettimanaNews, qui). I familiari e discepoli del primo come le fondazioni nate dal secondo non accettano le conclusioni che una commissione (nel primo caso) e una storica (nel secondo) hanno attestato: l’esistenza di abusi censurabili nella loro vita.

Non si tratta di negazioni aprioristiche ma di mettere in questione la legittimità di un giudizio senza il “colpevole” e la difesa e, dall’altro, la prevalenza del giudizio del ricercatore rispetto ai dati della storia.

Nel caso di Finet, co-fondatore di una famiglia religiosa di preti e laici consacrati al servizio della predicazione degli esercizi spirituali (78 comunità, 970 membri, 50.000 eserciziandi all’anno), l’accusa viene pronunciata da una commissione voluta dall’istituzione stessa sulla base di 26 denunce. Durante le confessioni in un collegio, ci sarebbero stati comportamenti impropri da parte di Finet.

Prima i familiari di p. Finet (morto nel 1990), e poi un gruppi di collegiali hanno negato l’affidabilità delle testimonianze raccolte dalla commissione e riconosciute dall’istituzione. Hanno scritto in Vaticano, alla nunziatura, ai vescovi e al dicastero dei laici per chiedere un riesame del materiale da parte di un’autorità totalmente autonoma. A loro avviso, la tradizionale presunzione di innocenza si è trasformata in presunzione di colpevolezza.

Non si affidano “processi” a commissioni, ma ai tribunali canonici secondo procedure  riconosciute. Facilmente la percezione personale di malessere ha una diversa consistenza alla prova dei fatti. Un gesto di confidenza non è necessariamente un abuso.

La direzione della famiglia religiosa ha risposto: «Non abbiamo fatto un’inchiesta in vista di un processo finalizzato a giudicare colpevole o innocente p. Finet in base a criteri penali o canonici. Abbiamo aperto uno spazio di ascolto per le vittime, permettendo loro di raccontare quanto hanno subito».

Si gioca la credibilità

Sul versante di p. Josef Kentenich (1885 – 1968), l’accusa di manipolazione sistematica, di abusi di potere e violenza sessuale è arrivata dalla storica Alexandra von Teuffenbach.

Nel volume pubblicato in Germania dall’editrice Traugott Bautz (Il padre può farlo. Una documentazione d’archivio) e subito tradotto in spagnolo si ricostruisce una visita canonica all’opera avvenuta fra il 1951 e il 1953 ad opera di p. S. Trump.

Le sue osservazioni critiche nell’esercizio del potere da parte del fondatore, nella confusione tra foro interno e foro esterno, nelle modalità della confessione, in alcuni aspetti specifici come l’attenzione alla paternità, la cura del bambino interiore, alcuni gesti come la prostrazione, oltre che per un abuso sessuale denunciato da una suora del suo istituto, hanno motivato l’allontanamento di p. Kentenich (pallottino) dalla Germania agli USA, dal 1951 al 1965. L’informazione è risultata nuova per molti aderenti all’Opera di Schönstatt e sorprendente nell’opinione pubblica ecclesiale.

Dopo una iniziale negazione, i responsabili dell’istituzione hanno preso atto dei risultati dell’indagine rilanciando la ricerca storica e l’informazione interna (140.000 membri in 42 paesi del mondo, soprattutto Nord Europa e America Latina).

Il processo di canonizzazione, avviato nel 1975 e che stava chiudendosi nella sua fase diocesana (Treviri, Germania), è sembrato vacillare e implodere. Tre elementi potrebbero rimetterlo in moto: un gruppo di ricerca interno, la denuncia di unilateralismo della ricerca presso il tribunale e la nuova commissione annunciata dal vescovo di Treviri.

Il 30 ottobre 2020 si è avviato il lavoro del gruppo interno di ricerca. Il suo compito non è quello di accertare i risultati proposti dalla  Von Teuffenbach, ma di avviare una «più profonda comprensione del contributo dottrinale e teorico di Kentenich alla psicologia e alla pedagogia religiosa, basato su una sua nuova visione antropologica. Essa assume molti aspetti della tradizione ecclesiale ed è in sintonia con essa, ma  vengono presentati in una nuova sintesi creativa. Questa sintesi risponde alla domanda del profilo socio-culturale delle persone del nostro tempo, quello che si può chiamare tarda modernità. Kentenich lo definisce con una metafora “la nuova riva del tempo”».

In altri termini, uscire «da un modello pietistico mariano, sano ma innocuo, che privilegia la pietà popolare, ma trascura il territorio dei fondamenti ultimi» e la qualità innovativa della sua sintesi culturale e spirituale (Alejandro Blanco).

All’inizio del marzo di quest’anno la superiora generale delle suore di Schönstatt, S. Slaugter, e il direttore generale dell’opera, B. Biberger, hanno sporto denuncia contro il libro della  Von Teuffenbach per la lettura tendenziosa della vicenda e i danni da essa procurati, chiedendo il ritiro immediato del libro dal mercato e una pena pecuniaria. L’interessata ha risposto  che la denuncia era un tentativo per nascondere la spazzatura sotto il tappeto, per impedire ogni altra ricerca scomoda in merito e riprodurre una cultura omertosa relativamente agli abusi.

Il vescovo di Treviri, Stephan Ackermann, dopo avere inizialmente annunciato una nuova commissione storica per prendere visione dei materiali d’archivio, ha successivamente preferito formare una commissione pluridisciplinare che non avesse il vincolo del segreto e che fosse in grado di una visione più complessa e argomentata non solo rispetto ai documenti resi noti, ma anche rispetto alla riemersione di una denuncia contro Kentenich, durante il suo soggiorno americano.

Archiviata dalla diocesi interessata, è ora al vaglio degli esperti con criteri più affinati di quelli allora in uso. La presenza nella commissione di diversi esponenti dell’opera ha fatto arricciare il naso di quanti temono possibili manipolazioni. In questo, come in altri casi, la piena trasparenza e onestà sono premessa per un positivo rinnovamento delle fondazioni.

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