
In questo tempo di guerre e di genocidi, tempo di odio e di vendette, molti, anche in ambito cristiano, organizzano e articolano azioni a favore della pace. Tuttavia, alcuni discorsi e mobilitazioni mi lasciano perplesso, perché non capisco come la pace possa essere ridotta a mera opposizione alla guerra e alla produzione di armi convenzionali e nucleari. A tregue e armistizi. Alla sospensione unilaterale delle forniture di armi a una delle nazioni in conflitto.
Questo sforzo mi sembra ben intenzionato, ma in realtà inefficace quale opposizione radicale alla violenza, se confrontato col ricordo del saluto del Risorto ai suoi amici paralizzati dalla paura della persecuzione e disillusi dalla sconfitta del movimento messianico.
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La pace sia con voi! (Lc 24,36). Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi (Gv. 4,27).
Ciò mi ricorda uno dei momenti importanti della mia vita, quando tutto ciò su cui avevo scommesso aveva perso senso e, all’improvviso, dentro di me la parola pace, legata alla persona di Gesù di Nazareth, risuonava così forte.
Giocando poeticamente con l’illusione delle coincidenze, sono stato costretto dal ricordo del giorno – custodito nell’archivio dell’infanzia – in cui “pace” fu la prima parola che copiai per accompagnare il disegno della colomba e del ramoscello d’ulivo alla fine del diluvio. È nata così la mia decisione di cambiare radicalmente percorso e ricucire le ricerche di senso che avevo abbandonato nell’adolescenza.
Sono partito e ho lasciato un messaggio per gli amici: «Cercherò la pace». Gli amici capivano che stavo comunicando l’intenzione di porre fine alla mia vita. Ho scoperto rapidamente che tale lettura è ancora un archetipo egemonico. Come è sempre accaduto, la pace in questo mondo sarebbe impossibile e, perciò, sempre legata al requiescant in pace e ai cimiteri.
Tuttavia, nella mia lunga vita non sono riuscito a fare di meglio, perché, fino ad oggi, non ho capito, esistenzialmente, che cosa sia davvero la pace di Gesù, dove sia e come si faccia la pace in un mondo distopico, tanto che nessuna enciclopedia esegetico-teologica che voglia spiegarmi di nuovo il Shalom riuscirebbe a convincermi.
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E pensare che ogni volta che celebriamo l’Eucaristia ricorriamo più volte alla stessa parola: Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi apostoli: Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa, e donale unita e pace secondo la tua volontà. La pace del Signore sia sempre con voi. In Cristo, che ci ha resi tutti fratelli con la sua croce, scambiatevi un segno di riconciliazione e di pace.
È possibile, di tanto in tanto, tornare a comprendere ed assaporare la potenza della parola che condanniamo all’irrilevanza con la ripetizione distratta, schiavi della fallacia della mera obbedienza alle rubriche, riducendola a un chiacchiericcio inconsistente?
Mi consolo pensando al sogno di Francesco e Chiara, che avevano compreso concretamente il senso della pace: Pax et bonum. Pace e agape? Insomma, pace, come sfida evangelica che avrebbe senso solo insieme all’amore, al perdono e alla misericordia vissuta nella povertà, accanto ai poveri.
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Quando la pace, nell’ambito del senso comune, è considerata accessibile, viene confusa con la pace, la tranquillità, la serenità. Oppure, di fronte ai conflitti della vita quotidiana, finisce per ridursi alla neutralità di chi nega, contro ogni evidenza, di avere nemici da combattere.
Per chi guarda alla storia umana con occhio realistico e cinico, è evidente che la pace non è altro che un’illusione puerile e ingenua, che giustifica l’antico proverbio latino, che prevale dal IV secolo: Si vis pacem para bellum, Se vuoi la pace, preparati alla guerra.
E non dobbiamo dimenticare che, per i fascisti, «il pacifismo è collusione con il nemico; Il pacifismo è un male perché la vita è una guerra permanente»[1]. Le ideologie autoritarie e repressive fanno comunemente coincidere la pace con l’ordine e la concordia nazionalista e patriottica, che valorizzano l’essere umano rassegnato, sottomesso, disciplinato e obbediente, non disposto, però, ad accogliere o tollerare le diversità straniere, di razza e di genere, contro le quali non prevale il protocollo dell’armonia, ma il rituale della guerra, fino al genocidio. Ed è bene ricordare che «per l’Ur-Fascismo, il disaccordo è tradimento»[2].
Spesso, il pacifico, per il nostro popolo, è il tipo calmo, paziente, benevolo, innocuo, bonario, che antepone il silenzio alle posizioni critiche per non minacciare una convivenza precaria e poco armoniosa, dove la pace può naufragare in una pozzanghera di vigliaccheria.
Nel nostro piccolo mondo cattolico capita ancora di sentire affermazioni di questo tipo: “Sono in pace con la mia coscienza”, che sembra ridurre la pace al rifiuto di ogni atteggiamento autocritico, sminuendo intenzioni, atteggiamenti e comportamenti al mero rispetto della legge, delle convenzioni sociali e del conformismo ecclesiastico.
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Insomma, è assolutamente necessario, per trovare un po’ di luce, ricordare il saluto del Risorto ai suoi amici, paralizzati dalla paura della repressione e della persecuzione, e devastati dal fallimento del movimento: La pace sia con voi! (Lc 24,36).
Mi sembra che non dobbiamo interpretare le parole di Gesù come un semplice augurio, perché egli insiste sulla novità assoluta della sua pace, quale alternativa radicale alla pace che una vita tranquilla ci può dare. Si tratta quindi di un dono prezioso, che richiede accoglienza, comprensione e traduzione concreta.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv. ,27). Gesù dona la pace che sconfigge la paura della persecuzione, della tortura e della morte decretata dai poteri del mercato, del palazzo, del tempio e della caserma. Il Risorto mostra le piaghe della crocifissione e rivela ai suoi seguaci la potenza gloriosa della Croce, la vittoria definitiva di Abbà sui nemici della vita e sulla stessa morte. La sua presenza coincide con la pace che offre, perché è Principe della pace (Is 9,6) . Egli è la pace! L’evento pasquale è la fonte della pace!
Ora Egli può contare, nonostante tutti i nostri tradimenti secolari, su di noi – se discepoli pacificati, miti, senza odio e risentimento – capaci di difendere la vita e di affrontare, in tutte le stagioni della storia, il sistema dell’ingiustizia e della morte: pronti a pagare, in Sua compagnia – in santa pace – il prezzo del combattimento coraggioso.
[1] Eco Umberto, O Fascismo Eterno, in: Cinco Escritos Morais, Editora Record, Rio de Janeiro, 2002.
[2] ibidem.





