I Quaresima: “Se tu sei Figlio di Dio”

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Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma, quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo».

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano; e anche: Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato. (Lc 4,1-13)

A partire dal Deuteronomio

Ritorna il tempo forte e impegnativo della Quaresima, ritornano i giorni che ci separano e ci preparano alla Pasqua, centro dell’anno liturgico, fondamento e speranza della nostra vita di fede e di carità.

Per introdurci a questo tempo, come ogni anno, la liturgia ci fa meditare il racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto.

Per approfondire questa pagina propongo di tenere sullo sfondo alcuni spunti che vengono dalla prima lettura tratta dal libro del Deuteronomio. Il brano propone una confessione di fede nel Signore che il popolo di Israele pronuncia nel contesto di un pellegrinaggio che culmina con l’offerta delle primizie della terra.

Il cammino compiuto dall’israelita è una memoria della storia che l’ha condotto fin lì; non consiste tanto in un gesto rituale, ma nel ripercorrere spiritualmente la propria storia come una storia di ricchezza, di bene e nel deporre questo bene davanti al Signore.

Potremmo guardare e vivere questi quaranta giorni alla luce di un cammino come questo: ciascuno può riconoscere e portare con sé, come un tesoro, ciò che si è raccolto finora, il bene che ci ha visitato, che abbiamo ricevuto, che abbiamo compiuto, decidendo di deporre davanti al Signore il frutto della propria storia con un gesto proporzionale a quanto riconosciuto e raccolto.

Un secondo spunto è dato dal fatto che la confessione di fede è fondamentalmente una preghiera di supplica e di lode: è l’immedesimazione nella condizione di miseria, estraneità, oppressione vissuta dagli uomini di ogni tempo. È il modo per sperimentare che la propria vita è frutto di un’invocazione, di un grido, perché si ha bisogno del dono di Dio per vivere, perché solo Lui può donare una vita piena di senso e libera. E questa è la modalità con cui confessare di essere figli bisognosi del Padre.

Gesù è guidato dallo Spirito nel deserto in una sorta di “pellegrinaggio” nel luogo che è un simbolo della storia di Israele, più significante, per certi aspetti, della terra promessa stessa.

Il deserto è il luogo in cui, proprio perché si può vivere solo se Dio provvede, e proprio perché è così vicino evocativo della morte, da un lato, fa incontrare tutte le forme di paura, debolezza, tentazione che separano da Dio, e, dall’altro, consente di ascoltare e discernere l’autentica Parola di Dio. Nel deserto Gesù ripercorre la storia del suo popolo, fa sua l’esperienza che Israele ha vissuto guidato dalla parola del Signore, dal suo Spirito.

Gesù non mangia niente lungo i quaranta giorni; il digiuno enfatizza la completa dipendenza da Dio: tutta l’esistenza è sospesa alla parola di Dio che si attende.

La permanenza di Gesù nel deserto viene presentata come una lotta continua con la tentazione. Nonostante fosse guidato dallo Spirito, nonostante lo Spirito abitasse in lui, Luca ci dice che, per quaranta giorni, il diavolo lo tentò e poi, alla fine di questo tempo, ancora lo mette alla prova con le tre tentazioni che sintetizzano ogni tipo di prova che l’uomo si può trovare ad affrontare.

Non come il progenitore Adamo

Gesù è stato tentato nella capacità di operare miracoli, nel desiderio di potenza, nella pretesa di avere Dio dalla propria parte, cioè in tutte le modalità in cui si sarebbe potuta manifestare la sua missione.

Tuttavia, più profondamente, Luca metta in evidenza che Gesù è stato tentato nel suo essere figlio. Nella pagina che precede questo racconto l’evangelista presenta la genealogia di Gesù che risale fino ad Adamo, figlio di Dio.

A partire da questo contesto, Luca ci aiuta a domandarci se Gesù sarà figlio di Dio come appunto lo è stato Adamo, se vorrà farsi come Dio, perché dubita che Dio provvederà a lui sempre, se pensa che la potenza di Dio non sarà condivisa, se vuole essere sicuro che Dio provvederà sempre.

Nel deserto Gesù si rivela figlio in modo diverso da Adamo. Non stende le mani verso l’albero, ma accetta solo il pane che il Padre vorrà donargli. Riconosce l’illusione e la parvenza di splendore che animano la potenza e la ricchezza, che assicurano una consolazione ma allontanano però dal possesso del regno di Dio, riservato ai poveri. Non ha bisogno di mettere alla prova Dio, si fida di Lui e si affida a Lui, qualunque siano i modi in cui vorrà manifestarsi la sua paternità e la sua cura.

Nel deserto, tentato dal diavolo, ripercorrendo la storia del suo popolo, Gesù sperimenta che anche la sua vita, in quanto vita di figlio, è il frutto della benevolenza del Padre e, dunque, che lui ha bisogno del dono di Dio per vivere. Gesù è così il figlio che vive solo del Padre, che perciò può donare tutto e che, in questo gesto, compie l’adorazione piena: il Signore è l’unico Dio.

Questa coscienza continuerà ad accompagnare Gesù lungo gli anni del ministero fino alla croce, dove, da capo e definitivamente, si riaffiderà al Padre, riconsegnando lo Spirito che lo aveva guidato nel deserto alla scoperta della profondità e della bellezza del suo essere figlio.

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