
Forse Assad sta per cadere, per alcuni sarebbe fuggito a Mosca. I suoi media non trasmettono più da ore, ma lui con un laconico comunicato notturno ha fatto sapere che sconfiggerà gli insorti. In questa notte tra sabato 30 novembre e il primo dicembre si sta decidendo se la seconda repubblica ereditaria del mondo, più longeva è solo quella della Corea del Nord, stia per concludere la sua corsa.
Ma tutto potrebbe ancora cambiare, anche per le proverbiali divisioni degli avversari di Assad e perché non si sa chi potrebbe prendere davvero il potere (nel caso comunque qualcuno si troverebbe).
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Di certo non pochi, davanti alla mutevole cartina del Medio Oriente, si erano illusi che l’unico angolo immodificabile fosse la Siria. E così, leader arabi in testa, si erano affrettati a correre a riabbracciare come statista Bashar al Assad, il mandante di stragi spietate, di deportazioni di massa, di usi criminali di armi chimiche contro il suo stesso popolo come testimoniato ormai da diverse sentenze di tribunali europei.
Ora all’improvviso, qualcosa sembra in ogni caso cambiato. Non che sia stato tradito dai suoi vecchi amici, di certo non dagli iraniani, ma dai fatti sì. E i fatti sono tanti: il primo si chiama Erdogan. Una coalizione di forze paramilitari e jihadiste, una di terroristi, tutte a lui fedeli o sue alleate, ha preso il controllo prima di 50 città e villaggi nel governatorato settentrionale della Siria, poi di tutta Aleppo, la seconda città siriana, dalla quale l’esercito di Assad è fuggito precipitosamente senza sparare un colpo.
Poi hanno preso anche l’aeroporto dai curdi che lo avevano occupato per tutelarsi − un negoziato non facile. Quindi gli insorti hanno proseguito la loro marcia fino ad Homs, terza città della Siria, molto più vicina a Damasco, con impiego di armamenti sofisticati. Poi è insorto anche il Sud, che non ha rapporti con Erdogan, ma ricorda la ferocia di Assad contro i suoi figli, molti anche bambini. Le ultime voci, sin qui smentite, parlano dunque di caduta del regime. Chissà. Ma torniamo alla storia delle ore precedenti.
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I grandi alleati di Assad, la Russia e l’Iran, gli hanno confermato sostegno, uomini e mezzi. E già oggi si annunciava a Damasco il ministro degli esteri iraniano. Ma lui aveva già perso un generale dei pasdaran e una base militare di una certa importanza, a riprova che Assad non ha considerato che appaltare il Paese a potenze straniere sia il modo migliore per difenderlo e conservarlo.
La forza capace di tenere fedele ad Assad il Nord della Siria era Hezbollah, che ora però è in altre faccende affaccendato. I bombardamenti israeliani non saranno una bella cosa, ma è Assad che ha esposto il suo Paese a questa ulteriore devastazione per la smania di restare in sella contro il suo popolo.
Ma occupiamoci dei fatti: perché l’offensiva di Erdogan?
Da tempo il leader turco aveva chiesto, a Putin e ad alta voce, un “riavvicinamento” al leader siriano, e Putin aveva proposto ad Assad un summit a tre: lui stranamente però si è impuntato, arrivando a dire di no al padrone.
Ma è anche importante capire cosa chiedeva Erdogan ad Assad, grazie ai buoni uffici di Putin prima, e ora all’intervento militare dei suoi amici. Erdogan controlla un pezzo di Siria, tramite le milizie di cui parlavamo, che è già stracolmo di tutti gli sfollati da Assad e non è sufficiente a ricevere i milioni di siriani che sono fuggiti in Turchia, autentici perseguitati politici, ma che la Turchia ha bloccato sul suo territorio da anni, a fronte di finanziamenti europei.
Ma la Turchia non vive bene, l’economia non va, e Erdogan per non perdere altri consensi deve liberarsi di questa massa sgradita di uomini e donne che nessuno vuole, a cominciare da Assad che ha riservato ai siriani il peggio di sé, torturando e soprattutto deportando ben più della metà della popolazione pre-bellica (2011) del suo Paese.
Dunque Assad non ha potuto dire di sì a questo incontro con Erdogan e ha resistito a Putin. Sentiva di poterlo fare per il sostegno militare iraniano. Così ieri Erdogan sembrava essersi presentato, attraverso i suoi amici paramilitari-miliziani, a chiedere che il leader siriano venisse a più miti consigli. Infatti, Erdogan, ieri mattina aveva chiesto di fermare gli scontri; presumibile che poi, se accontentato, avrebbe chiesto un negoziato.
Ma russi e siriani hanno risposto con i bombardamenti. Erdogan voleva che la fascia siriana non sottoposta alle cure di Assad ma alle sue, venisse estesa, così da risolvere il suo grattacapo: voleva, in definitiva, stiparci dentro milioni di siriani che vi avrebbe spedito di corsa. Era un’idea che poi è cresciuta perché ormai rispondeva anche ad altre esigenze sopraggiunte negli ultimi giorni.
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Erdogan sa bene che da quelle parti passano interessi nevralgici anche di altri soggetti: gli iraniani, che controllano con Assad quel corridoio decisivo per far giungere armi in Libano, soprattutto dopo la perdita da parte di Hezbollah del controllo sull’aeroporto di Beirut, pochi giorni fa, e quindi gli americani e gli israeliani ora ritengono vitale che quelle armi non passino dal nord della Siria.
Dunque la partita è diventata molto importante, riguarda l’assetto e il controllo di un pezzo di Siria decisiva per definire quei corridoi terrestri che determinano chi arriva dove. Di certo in molti in queste ore fanno i conti con il problema di chi possa controllare militarmente quel territorio. In molti potrebbero ritenere che mettere il loro futuro nelle mani di Assad non sia lungimirante. Così per tutti, ad eccezione degli iraniani, capirsi con l’irrequieto Erdogan potrebbe essere preferibile, sebbene i miliziani di cui si avvale risultino impresentabili. Ma lo è di certo anche Assad.
Dunque Erdogan potrebbe aver immaginato che Putin e gli americani lo avrebbero dovuto ascoltare con attenzione, perché Assad ha dimostrato che senza i miliziani di Hezbollah non sembra poter controllare né le città né i piccoli centri. E allora cosa accadrà?
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Forse è suonata l’ora di Assad, forse non si può dimenticare che giorni fa il premier israeliano lo aveva avvisato che stava giocando col fuoco e lui aveva tentato una piroetta proibendo con un sorprendente decreto presidenziale la vendita di immobili agli iraniani.
Ma forse la cosa più importante, per Assad e gli altri potenti arabi corsi sul suo carro dopo averlo combattuto, sarebbe ricordarsi di una risoluzione dell’ONU – moltissime morti addietro e da tutti ignorata quando avrebbe avuto molto peso in termini di prospettiva innovativa e di speranza: richiedeva anni fa una fase transitoria siriana, con un vero governo di transizione a un’epoca di cambiamento.
Assad, i russi e gli iraniani non sono stati a sentire, anzi erano certi di avere la vittoria in tasca, molti altri non ci hanno creduto. I realisti a volte appaiono dei poveri illusi.





